mercoledì 29 novembre 2017
PINK FREUD ( De André ) 2
(...) Il lamento pare così senza scampo. Un vicolo cieco nel quale
la domanda d'amore si consuma. Il testo - in fondo - consegna
all'ascoltatore un'ulteriore sorpresa, la più significativa. L'
eredità della passante si è trasformata in un testamento per l'
osservatore. Come scrive Freud parlando della melanconia, l'
ombra dell'oggetto si è depositata sull ' Io. Tra chi passa e chi
guarda, tra chi fugge e chi rimane aggrappato a un'attesa che,
nell'indecisione che coltiva, funge da alibi per il proprio
desiderio, scorre il fiume caotico dell'identificazione. Le parti
si confondono, si scambiano,dietro le finestre dalle tende tirate,
dalle persiane socchiuse, dove solo si mette in mostra
rivendicazione e sconfitta. L' uomo che guarda assomiglia
eccessivamente alla passante, il soggetto all'oggetto della sua
attenzione. Entrambi soffrono del medesimo male, condividono
l'identica noia. L'uno è l'altra, e viceversa.
Ci si chiedeva un bacio, non a caso. " amore che vieni, amore
che vai... / a chiederci un bacio e volerne altri cento...". Quel
noi che il " ci" sottende, rende bene - al fondo - l'idea.
" Io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai..." canta Faber.
Sembra rinfacciare all' Altro quel che ha ricevuto,
restituendogli la pariglia. E' tanto preso dal gesto, da
dimenticare - mentre lo richiama - che lui stesso è divenuto
quella passante contro cui si rivolta. Ne ha fatto proprie le
sembianze, le ha tolto di bocca, le ha rubato le sue parole.
Quelle che - per la verità - l' Altro non gli ha forse mai detto
con chiarezza, ma che giacevano lì - silenti - nel suo sottrarsi.
(...)
Angelo Villa da Pink Freud ( Psicoanalisi della canzone d'autore da Bob Dylan a Van De Sfroos )
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