martedì 21 novembre 2017
LA MORTE ( di Jung ) 2
(...) Jung non sottovalutava la tragicità della morte: né la brutalità
della morte corporea né l'esistenza di fatti apparentemente
incomprensibili.Perché ad esempio individui che meriterebbero
una lunga vita vengono stroncati nel fiore degli anni, mentre
dei buoni a nulla raggiungono un'età avanzata?
" Questa è una crudele realtà che non possiamo ignorare " .
Ai pochi che muoiono quando la misura della loro vita è colma
si contrappone la grande schiera di quelli la cui vita ci pare
incompiuta e per i quali non è nemmeno il caso di parlare di
adempimento nel senso dell'individuazione. Da qui al
sentimento della tragicità o addirittura dell'insensatezza non
c'è che un passo; e tuttavia non disponiamo d'altro che di
riflessione umane e soggettive che prendono a presupposto la
norma di una vita realizzata, vissuta in maniera ottimale, di
lunghezza media. Quale sia stato oggettivamente sub specie
aeternitatis , il destino di una vita e quale ne fosse il senso, l'
uomo non lo può accertare : " La risposta alla vita umana non
si trova entro i confini di questa vita".
Il lutto di Jung non era tanto per i morti, quanto per chi
sopravviveva. " Non posso essere in lutto per alcun morto",
scrisse in una lettera, " essi durano mentre noi passiamo".
La sua compassione era per quelli che rimangono, " che
osservano la fugacità dell'esistenza e devono sopportare nel
tempo la separazione, il dolore, l'isolamento".
" Un essere umano ci è strappato, e ciò che rimane è un gelido
silenzio di morte". (...)
Aniela Jaffé da Incontri con la morte
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