mercoledì 29 novembre 2017

PINK FREUD ( De André ) 1

 


                                                      amore che fuggi, da me tornerai...


(...) L'amore va, l'amore viene, dipende... Com'è noto, Faber
      scrisse nel '66 " Amore che vieni, amore che vai", un brano che
      nel suo insieme potrebbe benissimo suonare come una canzone
      d' Oltralpe, stile Brel, ad esempio. La canzone ricorda una
      macchina teatrale barocca che solo in alcuni momenti e in
      alcune sfumature lascia cogliere all'ascoltatore l'intera
      prospettiva, l'orizzonte in tutta la sua complessità. Sembra -
      infatti - una canzone greve, dall'andatura pesante, all'
      apparenza forzata. L'incedere della musica unita alla voce di
      Faber offrono un'immagine di tragica solennità, di sofferta e
      ineluttibile nostalgia. L' una intrecciata all'altra contribuiscono
      ad evocare un atto, quello proprio alla confessione di una
      verità, incommensurabilmente sconfortante perché figlia dell'
      evidenza di una costatazione: è così e non altrimenti, è così e
      non poteva e non potrà mai essere diversamente. Si scrive
      amore ma si pronuncia delusione. Tuttavia, il brano è
      attraversato al suo interno da un movimento melodico che
      costituisce una sorta di controcanto nei confronti di quell'
      entrata ridondante e massiccia con cui la canzone si presenta
      e, per certi versi, si sviluppa. " Amore che vieni, amore che vai"
      mima l'oscillare cadenzato di un cullare antico, come se
      ripetesse in questa parola non espressa, trascinata lungo tutto
      l'arco del pezzo, quella risposta che insistentemente  il testo
      insegue.
     " Le canzoni le ho scritte così, come mi hanno aggredito, per
       incontenibile riaffiorare di memoria ", commentava a riguardo
       De André. E " Amore che vieni, amore che vai", sembra il
       manifesto di quell'affetto che si consuma tra la domanda e
       l'intenzione, tra l'aspirazione e una rabbia rivendicativa a
       stento trattenuta. Il protagonista  vorrebbe - forse - ardire a
       giocare la carta di chi è desiderato. Un osare che - tuttavia -
       potrebbe restituirgli la sua tristezza, raddoppiata. In quel
       momento, infatti, sarebbe difficile sottrarlo all'incontro con la
       crudeltà di un disinteresse che lo lascerebbe ulteriormente
       ferito. L' Altro sfaterebbe ogni malinteso, dissolverebbe ogni
       equivoco, palesando che se lui non può vivere senza di lei, lei
      - invece - può farne benissimo a meno. O - anche - viceversa .
       Rimane solo una profezia, fragile e frustrata, un rancore
       minaccioso appena dissimulato " amore che fuggi, da me 
       tornerai..." .  (...)


            Angelo Villa  da  Pink Freud ( Psicoanalisi della canzone d'autore da Bob Dylan a Van De Sfroos )

Nessun commento:

Posta un commento