Ho così tanta pietà da poterne morire...
Cosa resta , dopo la lettura di questo libro? Direi la sensazione di un biancore accecante, di una lingua che illumina una zona oscura - quella della psiche - provocando nel lettore una reazione allo stesso tempo di fascino e di panico. Priva di tecnicismi, spoglia in apparenza di qualsiasi armamentario retorico, nonché ricca di invenzioni metaforiche, la poesia della nostra autrice si dona al lettore come " un corpo sacrificale" : ciò che la Ruotolo mette in scena , infatti è - e senza alcun tentativo di mascheramento - la propria interiorità. Si mette a nudo con una singolare crudeltà, Elisa, arrivando a definire il giorno della propria nascita " un errore anagrafico" e, procedendo di errore in errore , fino a " l'errore nella preghiera che fa sorridere Dio".
Usatelo bene, il vostro dolore
ché non diventi mercanzia
né attiri corvi al pasto della pietà.
Badate di nasconderlo con cura
allora procuratevi bende pesanti
cerotti che tengano
stampelle che fingano passi
medicamenti di carità.
Tenetelo via dall'affollamento del mondo
e non parlatene se non sotto minaccia
di un'arma carica o avvelenata alla punta.
Non fatene commercio di misericordia
non spartitelo per debolezza
né tenetelo da soli
se le mani non ubbidiscono.
In casa basterà fornirsi d'una luce scarsa
- lampadine a risparmio energetico
meglio se di un tipo scadente
che sfrigolino nello sforzo di mostrare
senza riuscire -
che non promettano durata o allegria.
Alimentatelo di stenti quando sia insopportabile
o di delizie, se vi dà di che vivere
o morire.
Se dovesse sanguinare, dolere o ulcerare
o diventasse dichiaratamente malattia
abbiatene comunque la cura dei figli
spruzzatelo di gocce a benedirlo
e spezzate il vetro delle fiale sui comodini.
Il giorno in cui guarirà
gioitene moderatamente
come si fa coi miracoli
che non concedono per sempre
non risolvono
perché lo sanno anche i santi veri
quelli senz'altare
che la carità - quaggiù
non esiste.
***
Non ho nulla
e sono ciò che possiedo.
Vorrei essere utile
- l'anello che salva il dito dal taglio
- l'errore nella preghiera che fa sorridere Dio
- la carogna dell'animale a farti sentire vivo
e l'addio che accetti
senza rammarico.
***
Ho pietà
ne ho così tanta da poterne morire.
Fa male ogni filo d'erba che sale dalla terra
fa male il buio quando strazia la luce
ma anche il chiaro che lo insidia.
Il duro del mondo è il dettaglio di metri
che abito, è l'argine che non doma il fiume
ma lo arrabbia, è il sentiero carrabile
che mangia le scarpe e va fuori paese.
Se pure pregassi i grani non verrebbero alle dita
il male non sgualcirebbe né cadrebbe in briciole
se pure accorressi ai porti o ai monti
si finirebbe ai fondali o si cadrebbe in valanga - comunque.
Abbiate pena di questa pietà
abbiatene la cura degli altari
nonostante l'avarizia dei miracoli
che cadono altrove, sempre altrove
a gloria di un dio che non ne chiede.
***
Vorrei essere pane
e lasciare che tu mi prenda
come capita
- per avidità
appetito
o abitudine dell'ora.
Vorrei essere pane
perché tu avessi almeno
il dovere di poggiarmi
alla tua tavola
- in offerta
senza più la libertà d'affamarti.
Vorrei essere pane
perché l'unico dolore
sarebbe quello del coltello
che incide la crosta.
Poi saresti lieve
pur nell'ansia di conoscere
il mio cedevole bianco.
Vorrei essere quel pane
che tu dovresti avere lo scrupolo
di impastare
e per il quale ti leveresti
a trascurare le notti
a farmi crescere
sotto il panno di cure
della tua carne.
***
Ho paura di te, cuore mio.
Hai occhi disoccupati e ti fidi e dimentichi
e perdoni facilmente.
Hai anche desideri scomodi
come ginocchia sbucciate di fresco
sotto il vestito corto della domenica.
Ami come potrebbe fare una donna pubblica
e poi vorresti una morte comoda
- che una valvola, un ventricolo, un atrio
smettessero inaspettatamente di collaborare.
Hai la docilità degli agnelli alla tosatura
e l'oscurità del primo serpente
che tradisce ogni nato.
Lo so, vorresti trovare mani con cui spartire
le valigie, ma va a spiegarla agli altri - questa tua
stanchezza.
Oppure spiegala a me, che di te ho tanta pena
se batti e batti
inutilmente.
Elisa Ruotolo da Corpo di pane
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