Se ti parlo è per corrispondenze celesti...
ho visto la morte diverse volte
e quasi mai era violenta, eccetto forse
nel caso di piccoli ricci, o tassi, oppure
rospi di media e grossa taglia. allora
mi chiedo - cuore mio - perché ancora
ti spauri dinanzi alla fine naturale
delle cose, perché non ti rassegni
a chiudere gli occhi insieme
alle persone care, perché mai
ti tradisci gonfiando d'aria
l'impressione di non avere più,
non aver mai, non aver sempre?
***
io non sono dunque l'amato, né tu.
se ti parlo è per corrispondenze
celesti, perché cieco, indiviso
il mare si dissolve nel chiarore.
in fondo agli alberi la neve
intreccia radici sottili
piano piano tutto è ricoperto
c'è un silenzio antico e provenzale.
***
senza tenerezza, senza rimedio o noia
il giorno si è abbattuto sul balcone
ha fatto strage con le tue mani
del fitto intrico odoroso di rosmarino
timo e maggiorana, nella gioia mortale
dei tagli assestati con prudenza
per dare nuova vita al verde
e tempo più opportuno al tempo
una macchia ostile di muffa
è riemersa con grazia
dal nero viluppo del terriccio.
è il tuo nido - penso - la crosta
indifferente del silenzio.
***
fissavo l'ombra sul muro e per esercizio
contemplavo le forme disfarsi agili
lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,
nervoso come il morso del nero
in parte obliquo e in parte solo cedimento
mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,
soda, del tutto insensibile al tatto.
poi divenne più esile, allungato stremò
l'ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,
nel reparto intensivo all'ultimo piano
cedette la pressione, la poca luce
emise un breve rantolo e io docile fissavo
l'ombra più lunga sul muro e salutavo.
***
fissavo l'ombra sul muro e morivo
prima di te, ogni istante prima
di guardarti dall'orlo del letto
in una spirale di acidi con grandi occhi,
fari gialli, eliche e tubi.
né l'ombra più si muove
sospesa in medico agguato
in silenzio come si conviene
nel tempo che non chiede cura.
Marco Corsi da La materia dei giorni