sabato 16 maggio 2020

LOMBARDIA...




                                            ... terra mia... ( non solo di Coronavirus...)


LOMBARDIA

Da Milano a Pavia
ci sono treni che hanno così poca
fretta, che a volte - in primavera - quando
spuntano imprimi cespi smerlettati,
prendono la campagna lenti lenti
e dove forse qualche giornatante
s'aspetta, senza scosse 
si fermano, il tempo che basta
perché non pochi viaggiatori possano
scendere e, senza allontanarsi troppo,
cogliere cicorietta per purgare
il sangue, guardati da santi
che in cima a campanili alzano il piede
come per volare via.


                                                  ***

SPESSO COSI' TRA LORO...

Spesso così tra loro, distesi nella morbida
erba presso un ruscello sotto i rami d'un albero alto,
poco bastava al giocoso riposo dei corpi
- e meglio se il cielo rideva e la bella stagione
tingeva il verdeggiante prato di fiori. Tempo
di giocare, parlare, tempo di ridere allegri.
Regnava allora la musa agreste, allora una lieta baldanza
li spingeva a ornare la testa e le spalle
di ghirlande di fiori intrecciati e di foglie
e senza ritmo avanzare movendo duramente
le membra e percuotere col duro piede la madre terra;
donde erompeva la gioia di ridere e scherzare,
perché tutto era nuovo per essi, tutto meraviglia.



                                           ***

MEMENTO TICINESE

Benché non fosse tra Carnevale e Pasqua
( forse anche per via di certi fiori
noti - ignoti rampicanti sul pallido,
che ci adocchiavano dalle case, o perché,
inevitabile - a volte - l'andare
tra  le immondizie e l'odore di fieno ),
il tempo ( il vuoto ) era come di Quaresima.
Ci fermammo su un prato in pendio,
avevamo di contro il calmo campanile
d'un villaggio deserto, e a sinistra, sul versante
d'un'altra delle cento valli, un altro
paese, un gregge zuppo, trattenuto
da una chiesa bianchissima sul baratro.
Ci mettemmo a mangiare, ma c'era un silenzio
che a me pareva di far troppo rumore,
e tornando a guardare i brevi
villaggi e lunghi, semplici come frasi musicali,
non so più chi di noi, ma quasi fosse
un altro per la voce alterata,
disse : " Son vuoti, sembra che aspettino
- rassegnàti - qualcuno che li saccheggi."
Proprio allora suonò mezzogiorno : s'udirono
gridi di bambini, e dall'ombra del nostro campanile
apparve, coperto di lamine per gli uccelli dei ronchi,
un vecchio.

Ed ora io mi chiedo : " A che serve ricordare
come lampeggiava nel sole? Come
- senza vento - strideva ?".



                          Giorgio  Orelli    da    Tutte le poesie


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