lunedì 25 maggio 2020

IL FEMMININO DI KIM





                 L' amore: il modo in cui penetra e continua ad emettere luce...


PER TE

Per te mi spoglio fino alla guaina dei nervi,
mi tolgo i gioielli e li appoggio sul comodino,
mi sgancio le costole, appoggio i polmoni ben stirati su una sedia.
Mi sciolgo come un farmaco nell'acqua, nel vino.
Mi rovescio senza macchiare, me ne vado senza sommuovere l'aria.
Lo faccio per amore. Per amore scompaio.


                                              ***

MOMENTI RUBATI

Se è successo, è successo una volta. Adesso tutto
è memoria  - lui tagliava un'arancia: la buccia
intatta, poi il coltello, lo spicchio gelato
sollevato alla mia bocca, la sua bocca, la fine
membrana fra di noi, l'arancia squisita,
lingua, arancia, la mia nudità e la sua,
il modo in cui mi ha spinto contro il frigo -
Ora sento ancora le sue mani, il bacio
che non durò, ma che mandò neuroni gemelli
a balenare folli sulla corteccia. L'amore
è spietato, il modo con cui penetra
e continua ad emettere luce. Accanto alla stufa
mangiammo un'arancia. E c'erano fiori viola
sul tavolo. Era solo questione di ore.


                                           ***

COSA VOGLIONO LE DONNE

Voglio un vestito rosso.
Lo voglio leggero e a buon mercato,
voglio che sia troppo stretto, lo voglio portare
finché qualcuno non me lo strappi di dosso.
Lo voglio sbracciato e scollato
- quel vestito - così nessuno dovrà immaginarsi
cosa c'è sotto. Voglio andarci per strada
passare davanti al discount e alla ferramenta
con tutte quelle chiavi che brillano in vetrina,
davanti al caffè dei signori Wang coi bomboloni
del giorno prima, davanti ai fratelli Guerra
che buttano i maiali dal camion sul muletto,
issandosi in spalla quei lucidi grugni.
Voglio andare in giro come fossi l'unica
donna al mondo a caccia di una preda.
Lo voglio davvero quel vestito.
Lo voglio per confermare 
i tuoi peggiori sospetti su di me,
per farti vedere quanto poco ci tengo a te
o per farti vedere tutto, tranne quello 
che voglio. Appena lo trovo, lo tiro giù
dalla gruccia perchè cerco un corpo
che mi porti nel mondo, in mezzo
alle urla del parto e a quelle dell'amore,
e lo indosserò come ossa, come pelle,
sarà lo stramaledetto
vestito dentro cui mi seppelliranno.


                                           ***

TU

Tu eri una città con un solo telefono a gettoni che qualcun altro stava usando.
Tu eri un bancomat con il prelievo temporaneamente non disponibile.
Tu eri un link superato con il server fuori servizio.
Tu eri invisibile a occhio nudo.
Tu eri le due parti per milione di insetto tollerante nel burro di noccioline.
Tu eri un autolavaggio da cui sono uscita sporca come c'ero entrata.
Tu eri venti sacchi di riso che marcivano nella stiva di un aereo da trasporto fermo su una pista di volo in un paese stremato dalla siccità.
Tu eri un posto di lavoro con duecento candidati per cui offrivi il minimo salariale.
Tu eri grato per la mia sottomissione ma non sapevi proprio che fartene.
Tu non eri un fornitore convenzionato.
Tu non eri uno che concedeva rimborsi.
Tu non eri disponibile a fornire spiegazioni.
La tua tomba non era segnata, così ho vagato nel cimitero per ore, parte erba, parte sgretolarsi delle pietre.


                                                ***

ALLEGRIA!

Sgotta, sgotta, continua a sgottare,
fregatene della pioggia.
Come, niente secchio? Usa una scarpa.
Sandali, eh ? Hai un paio di mani, bel tomo,
e non piagnucolare per le manette
o per l'albero spezzato.
Pioggia, pioggia.
Rema, rema, rema.


                                               ***

IL MIO CUORE

Quella baracca per polli in Mississippi.
Quel tavolo con cicatrici di iniziali,
quella piccola pista da ballo alla sinistra dell'orchestrina.
Quel chiosco di caramelle e pacchianerie al centro commerciale.
Quel casello e i guanti di gomma bianca del casellante
che ti dava il resto.
Quella cabina telefonica con il ricevitore strappato.
Quel camerino nella boutique per feticisti,
quelle tende e quegli specchi.
Quella casa stregata al luna park, quel terrore, quella colonna sonora di urla.
Quel cielo colmo di putti che facevano piovere doratura dal soffitto.
Quel rifugio per camionisti, quella tazza senza fondo.
Quel bioma. Quella riserva naturale.
Quella pista d'atterraggio non segnata dalle luci
su cui punti il tuo aeroplano,
immaginandoti una voce nella torre.
Immaginandoti una torre.




               Kim  Addonizio   da     Lucifero allo starlite



2 commenti:

  1. Anche a me sembra una bella scrittura, con metafore appropriate e con quel pizzico di... malizia tutta femminile...

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