lunedì 11 maggio 2020

I QUANTI DI HELLE PER ALDO





                                                                           " E io non posso maledire la morte /
                                                            se tu l'hai scelta / e, pur dubbiosa /
                                                            in lei soltanto guardo /
                                                            se mi ti renda in qualche modo /.

                                                                 (  H. B. )



TACUINUM SANITATIS

Tornare indietro, con tutto quello
che ora si sa, per il niente,
con te sotto questi cieli
di primavera aggrondata verso la sera
a sognare e ascoltare l'acqua per il silenzio
delle ogive e le colate delle rose immense
sul celeste a infinito giro dei lunghi specchi
e il verde delle conche che se anche fa freddo
mette sete,
oh acqua acqua dopo il deserto
e il simun acqua acqua che fruscia e crepita
acqua che scoscende che fluisce
acqua che sussurra confida e medita,
acqua d'aranci d'oro e di fitta neve
di biancospini acqua di palme e uccelli
ghiaia d'acqua tappeto s'acqua in eterno
scorrere in stasi eterna sotto le stelle,
con te, a vent'anni, insieme, quando si crede

ancora che il domani abbia il sole in grembo.


                                  ***

II

Vedo i torturatori

i cunei le bragi le catene
ma vedo anche la morte.

Vedo gli assassini con la faccia
d'uomo giusto che ti pugnalano nella schiena
in un angolo della stessa casa dove tu nascesti

le orrende matrigne che non sono
ahimè, soltanto nei versi
antichi di virgilio e nella leggenda
di helle e di suo fratello
vedo i fastigi delle loro case
al mare alzate sullo sfacelo
delle tue ossa e dei tuoi nervi
e cementate pietra su pietra
col sangue dei tuoi poveri reni
trafitti da aghi roventi
la febbre l'esilio il digiuno
che ti fa verde come quando
ti hanno trovato con la canna
del gas serrata fra i denti

ma vedo anche la morte.

Vedo la vampa degli alti forni
ultima a essiccare quel poco sangue
che ti rimane quando già
dice silvio eri pallido come un morto
e dice rosanna che si leggeva
nei tuoi occhi che avevi tanto sofferto
e che eri già lontano e senza ritorno
anche mentre le offrivi le ciliegie
vedo la danza ubriaca
delle serpi che s'intorcigliano intorno al tuo petto
d'uomo, sui tuoi occhi che giovanna
dice meravigliosi,sul tuo sorriso
che alfredo dice magico, sulla tua fronte
splendida di tutti i numeri dell'universo.

Dicevi, tu, mi ricordo,
" quando ho veduto le piramidi
in egitto e i templi
di atene, mi sono chiesto:
ma dove sono coloro
che pure eressero tutto questo...
Ed è che li hanno assassinati
erano troppo grandi per la canea
erano un troppo colossale scorno
per ciò che grufola e vermina..."

Vedo i briganti del commercio
avvezzi a scorticare un pidocchio
per farne una pelle, che ti licenziano
in tronco e contro la legge
quando domandi un congedo
di due mesi per curarti in clinica la tua nevrosi
le femmine racimolate dalle stamberghe
in cui vendevano - di giorno -
maglieria al minuto, recando in dote
niente vestaglie e due sottovesti,
paludate in pellicce di diamant- visone
e lontra persiano - perla, che con un gesto
spagnolo alla figlia di primo letto
regalano un soprabito di castoro,
dono al padre di quel " furfante " di mio fratello,
" e per quando vai al mercato a fare la spesa "
e che a piene mani profondano
biglietti da diecimila per il caro gatto
siamese che sta crepando, " affettuosa e inerme
creatura che non sa parlare nè può difendersi
dottore, non può far altro?"
le lacrime

orride sul ghigno orrido della bestia

ma vedo anche la morte.

Vedo anche la morte. E se uno
le va incontro come tu hai fatto,
come era ed è diverso,
o tu che ho nel cuore bambino,
fratello, quando giocavi
col cerchio, nel giardino, sotto gli alti pioppi,
i riccioli d'oro e gli occhi
già troppo interroganti e fiduciosi
mentre io già cercavo sulle ardue pagine
quello che ora mi segni a dito,
fatto tanto più grande,
tu, che eri dei nostri, di noi.
Noi, gli esseri umani.

C'è anche
la morte.
Non la feroce
che ci strappa quelli che amiamo
ci nega questo inutile sole
ma quella che offre un asilo
dagli assassini, dai mostri
lei sola come era nostra madre
di cui mi dicesti fra i singhiozzi :
" credi che se ci fosse
nostra madre, sarei
ridotto così?",
ed ha sentito,
la madre, la morte, ed è accorsa.

Vieni, aldo, vieni, aldo. E che le carogne
imputridiscano con le carogne,
che hai a che fare con esse ?
E alla voce
tu hai aperto le braccia, in un volo.




                     Helle  Busacca      da    I quanti del suicidio


Nessun commento:

Posta un commento