venerdì 22 maggio 2020

IL DIAVOLO IN CORPO A RAIMOND 1




        Film di Autan - Lara del 1947

La nostra censura ha strani criteri. Vieta un film perchè " immorale ", ma poi lo permette in edizione originale. Per Manon ( film del 1949 ) e per questo " Le diable au corps" l'immmoralità di uno spettacolo - per lo spettatore - consiste quindi nel comprendere o nel non comprendere il francese. Ma lasciamo queste - che sono povere malinconie - e facciamo invece le migliori accoglienze al film di Autan - Lara. Tratta dal romanzo di Raimond  Radiguet, la vicenda è triste, persino disperata. Siamo nel Novembre del 1918 :  un corteo di gente festeggia l'armistizio e si incrocia con un trasporto funebre in cui un giovane poco più che adolescente  rende l'ultimo saluto  alla sua giovanissima amante morta di parto.


                                           ***
  
       
La chioma sciolta, a lei piaceva dormire accanto al fuoco. Piuttosto ero io a crederla addormentata. Prendeva a pretesto il sonno, per mettermi le braccia intorno al collo e per dirmi, appena sveglia gli occhi umidi, di aver fatto un sogno triste. Non voleva mai raccontarmelo. Approfittavo del suo finto sonno per odorare i suoi capelli, il suo collo, le sue gote ardenti, sfiorandole appena per non svegliarla: carezze che non sono, come si crede, gli spiccioli dell'amore, ma al contrario la moneta più preziosa di cui soltanto la passione si serve. Io credevo mi fossero permesse dall'amicizia: Tuttavia cominciavo a disperarmi seriamente del fatto che solo l'amore ci desse dei diritti su una donna. Avrei fatto a meno dell'amore, pensavo, ma non mai di avere alcun diritto su Marthe. E per averne, ero anche propenso all'amore, pur convinto di disapprovarlo. Desideravo Marthe e non lo capivo.
Allorché dormiva così, la testa appoggiata a una delle mie braccia, mi chinavo su di lei per guardare il suo volto circondato di fiamme. Era giocare col fuoco. Una volta mi avvicinai troppo senza peraltro che la mia faccia toccasse la sua, mi sentii come l'ago che oltrepassa di un millimetro la zona proibita, appartenente alla calamita. E colpa della calamita o dell'ago? Fu così che sentii le mie labbra contro le sue. Teneva ancora gli occhi chiusi ma ovviamente come uno che non dorme. La baciavo, stupito della mia audacia, mentre in realtà era lei che, accostandomi io al suo viso, aveva attirato la mia testa contro la sua bocca. Le sue mani si aggrappavano al mio collo; non si sarebbero aggrappate con più furia in un naufragio. E non capivo se voleva che io la salvassi oppure che annegassi insieme a lei.
Ora si era seduta, teneva la mia testa sulle sue ginocchia, accarezzandomi i capelli, e ripetendo dolcemente:
«Devi andartene, non devi mai più ritornare». Non osavo darle del tu; quando non potevo più tacere, cercavo a lungo le mie parole, costruendo le mie frasi in modo da non rivolgermi a lei direttamente, poiché se non riuscivo a darle del tu, darle del lei mi era addirittura impossibile. Le mie lacrime mi bruciavano. Se ne cadeva una sulla mano di Marthe, mi aspettavo sempre di sentirla gridare. Accusavo me stesso di aver rotto l'incanto, dicendomi di essere stato davvero pazzo a posare le mie labbra sulle sue, dimenticando ch'era stata lei a baciarmi. «Devi andartene, e non tornare mai più». Le mie lacrime di rabbia si mescolavano alle mie lacrime di pena. Così al lupo catturato il furore fa male come l'agguato. Se avessi parlato, avrei offeso Marthe. Il mio silenzio l'inquietò; lo prese per rassegnazione. «Poiché è troppo tardi,» m'immaginavo che lei pensasse, «forse nella mia previdente ingiustizia, in fondo mi fa piacere ch'egli soffra». Rabbrividivo, con quel fuoco, e battevo i denti. A questo dolore vero che mi rendeva maturo, si mescolavano sentimenti infantili. Ero come lo spettatore che non vuole andarsene perché la conclusione non gli garba. 




                Raimond  Radiguet   da    Il diavolo in corpo



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