giovedì 7 novembre 2019

JISEI ( Poesie dell'addio ) 2

 
 

                                                                     Paesaggio giapponese


Questa vita
a che può somigliare?
A un lampo notturno,
al suo esangue bagliore
sulla campagna d'autunno.

                           Minamoto  no Shitago  ( Primo anno Eikan - 983 )

Il buddhismo, arrivato in Giappone nel VI secolo, attorno al 900 ha già inoculato irreversibilmente la propria dottrina e visione del mondo anche nei poeti, che ora tendono a interpretare la vita come un sogno, una fugace illusione sull'orlo dell'immensa voragine del Nulla. Di questa poesia, frutto del celebre talento di un Minamoto, l'unico forse in questa famiglia di guerriglieri a preferire la letteratura all'arte del combattimento, esistono più di dieci versioni di altrettanti autori, tutte intese a cogliere la figura più efficace dell'inanità del nostro passaggio su questa terra.
La forma originale, composta circa due secoli prima da Sami no Manzei, suona così:

Questa vita
a che assimilarla?
Forse a una barca
che salpa al primo albeggiare
e senza lasciar traccia
scompare.


                                           ***

Va e viene
l'uccello d'acqua:
non lascia traccia
e pure sa sempre
qual è la via.

         Eihei  Dohen   ( Ottavo mese del quinto anno Kencho - 1253 )

L'autore del più compiuto testo di filosofia zen, ha lasciato questo Tanka di commiato ispirato a una frase di Sutra del Diamante ( " la mente deve operare senza soffermarsi mai su nulla ), e in aggiunta, com'era quasi d'obbligo per un maestro zen, una poesia in cinese secondo un modello diffuso nei monasteri :

Per cinquantaquattro anni
ho illuminato il cielo,
ora balzo fuori da questo corpo
e mando in pezzi l'universo intero.
Ah!
Senza più desiderio
che mi trasporti, scendo vivo
al paese dei morti.


                                                      ***


Il nuovo cammino
          che sto per cominciare
corre in ogni direzione
         traversa monti e mari.
Ma se devo dire
        quale ne sia la forma,
è un rullo di tamburo,
uno squillo di tromba.

        Muso  Soseki   ( Nono mese del secondo anno Kanno - 1351 )

Il celebrato creatore di molti tra i più suggestivi giardini zen che si possono vedere ancor oggi in Giappone, fu un uomo dalla  fisionomia delicata e aristocratica, dall' atteggiamento compito e formale: un monaco più di corte che di eremo, adatto a spianare strade e saldare rapporti diplomatici tra il potere politico e quello religioso. Oltre che architetto del verde fu calligrafo e poeta. Un'immagine analoga a quella dello yuige, di un cammino che si apre in ogni direzione, metafora, di un Io capace di trasfondersi nelle cose e trovare la Via in qualunque momento e luogo, è presente in uno dei più celebri Tanka di Muso :

Se non v'è luogo
di cui abbia fatto
il luogo del cuore,
ovunque tu vada,
là è la tua casa.


                                           ***

Quanto dolore
mi darebbe ora
lasciare la vita,
se non sapessi
che già non sono.

      Ota Dokan  ( Settimo mese del diciottesimo anno - 1487 )

Secondo la leggenda, il samurai Ota pronunciò questi versi mentre con uno sforzo estremo cercava di estrarre il pugnale che gli era stato conficcato nel petto. La scenografia è un notturno canonico, con la spiaggia di Sagami, la luna e le onde che lambiscono mestamente il guerriero sceso a bagnarsi dopo una notte di festeggiamenti. Valoroso e sfortunato, Ota fu fatto assassinare dallo stesso daymio presso cui prestava servizio, allarmato dal suo crescente potere. Ma più che per le gesta militari e il destino infelice, Ota è conosciuto come fondatore e architetto del castello di Edo, quel primo nucleo fortificato sulla sommità di un'altura prospiciente il fiume Sumida, da cui si sarebbe sviluppata  Tokyo.


                                          ***

Nel momento
della fine comandata,
ogni fiore
di questo mondo sia fiore,
ogni uomo sia uomo.

  Osokawa  Gracia   ( Settimo mese del quinto anno Keicho - 1600 )

La moglie di Osokawa Tadaoki, uno dei Signori della guerra che nel Giappone del XVI secolo facevano e disfacevano la geografia del potere, compose questi versi prima di essere uccisa, non si sa se per volere proprio o del marito, affinché non cadesse nelle mani del nemico. Era figlia di Akechi Mitshuide che aveva tradito e assassinato il suo Signore, Oda Nobunaga, fatto in seguito al quale il marito, fedele di Oda, la costrinse alla reclusione, prima in un eremo sui monti di Kyoto, poi nella villa di famiglia a Osaka. Lì, la donna si convertì al cristianesimo, sebbene fosse già  stato emanato l'editto contro la nuova religione e ricevette in seguito il battesimo. Quando l'esercito nemico prese Osaka, un luogotenente del marito accettò di ucciderla per salvarne l'onore, a costo poi di fare a sua volta seppuku e trascinare con sé nella morte il resto della propria famiglia.



                                   Jisei   ( Poesie dell'addio ) 
                                    


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