sabato 16 novembre 2019

IL DOLORE MINIMO DI CRISTINA

 
 

                   Quando saremo vecchi non avremo che le nostre due ombre…


Per lenire il male che lo assale
il poeta lo canta e ne fa bella
mostra nei suoi versi, come
per sbugiardarlo, quasi a dimostrare
l'infinita piccolezza della sua
insormontabilità. Il poeta
per sé ha l'arma della luce
a rischiarare i vuoti d'ombra
e le fessure dove s'annida il male.
Potrai dirmi che si è deboli, certo,
a mettere a nudo i vetri incrinati,
la tavola di legno che balla
e il punto del muro che non regge
- che nessuno - in fondo - è disposto
a indossare i tuoi dolori
e portarli in giro come docili
cani al guinzaglio. Ma, vedi,
è del poeta indicare con il dito
la ferita e i lembi ammalati
che non chiudono - anche se tu
non guardi, rimane lì
a dirti un segreto che non puoi
avere.
Così il mio male si slabbra
su ogni mio verso - la sua luce
più nera io canto per liberarlo
dalle quattr'ossa che ha contagiato.
Non mi aspetto che tu lo colga
per farmi un piacere - mi aspetto
che tu lo guardi crescere e poi
appassire e poi rannicchiarsi sfinito
fino a non chiederti più nulla.
Mi aspetto che il mio male
non ti faccia più male.


                                                ***

Ho provato ad estirpare da ogni mio tessuto
il piccolo dolore che mi dice di te.
Ma tu non ci sei, non ti vedo e non so
come parlarti se non attraverso
questo muto dolore che suggerisce
che c'eri. Ma dov'eri? Eri qui,
accanto a me, prima che diventassimo
due. Irreversibilmente hai squarciato
e credevo che insieme a te andasse via
tutto quanto il male - che almeno
si placasse.
Adesso il dolore è tutto quello
che mi è rimasto di te.
E' tutto ciò che ora mi consola.
Solo grazie a questo imprevisto dolore
so che - proprio qui - ci sei stato.


                                                ***

Quando saremo vecchi
non avremo figli, non avremo
minuscoli nipoti per la casa
a sostenerla. Non avremo
parole di corpi a cui appigliarci
quando i nostri saranno vecchi
e fragili e incrinati. Persino
qualcosa d'impreciso urlerà
stanco - nelle stanze logore -
la mancata moltiplicazione
del nostro nome - l'odierà
quando saremo vecchi e soli.
Ma quando saremo vecchi
- l'idea mi consola - non avremo
altro che le nostre due ombre
stampate verticali sul muro
e tutti i nostri figli mai avuti
- tanti maschi e tante femmine -
allora li ritroveremo nella mente
in paziente attesa, tutti a consolarci
di questi corpi vecchi e malandati
che hanno saputo bastarsi - in due soltanto -
per così tanto tempo.




                         Giovanna  Cristina  Vivinetto   da  Dolore minimo


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