lunedì 31 luglio 2017
LA VENDICATIVITA' 4
(...) L' ostilità verso l'oggetto di attaccamento prende talora la
forma più specifica della vendicatività, una difesa che trae
origine dall'ansia di separazione rimossa, e anche da altri
affetti rimossi ( il dolore, ad esempio ). Infatti essa consente di
mantenere un legame con l'oggetto d' amore: è una forma di
ostilità che esprime " la giusta collera" verso l'abbandono e
mira a ripristinare l'orgoglio offeso e ad offrire la speranza o
la sensazione di un trionfo vendicatore che mira - insomma -
a pareggiare i conti.
Il fine degli impulsi vendicativi è quello di distruggere un
oggetto interiorizzato precedentemente idealizzato, il quale -
mentre in passato dispensava forza e piacere - è divenuto
persecutorio. La vendicatività riemerge nella vita adulta come
reazione al dolore e alla rabbia successivi ad una situazione di
perdita. Le sue manifestazioni esteriori sono tipiche: il soggetto
è in preda ad un forte malumore, appare implacabile, spietato,
crudele, insensibile, inesorabile e inflessibile; cerca di sfruttare
qualsiasi occasione per dar luogo ad azioni punitive o di
ritorsione. Non mostra di avere alcun senso di colpa, né alcuna
preoccupazione circa le conseguenze morali e sociali delle sue
azioni. Il fine del soggetto vendicativo è quello di tenere
nascosto un danno ancora più disastroso e sofferto dal suo Io,
un danno sperimentato durante i primissimi anni di vita e che
costituisce la base di tutte le altre offese specifiche delle quali
si lamenta. L'intensità delle spinte vendicative nasce -
ovviamente - da una precedente idealizzazione dell'oggetto d'
amore incorporato, che ora è percepito come un persecutore su
cui sono proiettati invidia, avidità, ostilità, rabbia e
atteggiamenti vendicativi. Il suo fine è quello di derubare l'
oggetto amato di ciò che possiede, e di distruggerlo.
Paradossalmente è questo l'unico modo per possederlo e
mettere a tacere la sua presenza disturbante.
La vendicatività non nasce dall'opposizione fra amore e odio
( l'odio essendo già per lui un sentimento che consente la
liberazione e l'allontanamento dall'oggetto svalutato ), ma
quella tra amore e risentimento. La vendetta - infatti - è una
manovra rivolta non alla distruzione dell'oggetto, ma alla sua
punizione, a ingenerargli rimorso, cioè finalizzata al
mantenimento di una dinamica ambivalente che tiene l'oggetto
in una dimensione di vivo/ morto per rinviare all'infinito il
lavoro del lutto. Per questo motivo le dinamiche vendicative
sono così tenaci : possono infatti divenire " progetti di vita" a
lungo termine, che " tengono in vita" chi le attiva . (...)
Riccardo Dalle Luche & Simone Bertacca da L'ambivalenza e l'ambiguità nelle rotture affettive
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