venerdì 7 luglio 2017
INGRATITUDINE 4
UNA VIOLENZA
(...) In tutti i casi, l'ingratitudine è una forma di violenza inferta o
ricevuta. Le sofferenze che provoca si misurano sempre però in
rapporto al ruolo che assegniamo ai nostri simili. Al valore
d'uso, di scambio, di sfruttamento che attribuiamo loro. Si
tratta di soprusi di varia intensità, che disseminano sfregi di
cui la nostra psiche conserva tracce vistose o viceversa
impercettibili, che configurano molto presto chi siamo e
diverremo. " La violenza dell' Altro - infatti - non si manifesta
elettivamente attraverso la memoria della ferita, ma solo per la
via di ferite che non possono cicatrizzarsi mai del tutto proprio
perché invisibili".
L' ingratitudine fa quindi parte delle amarezze, delle
disillusioni, dei conti in sospeso della vita. Lo capiamo ben
presto, come vittime o colpevoli; ma non per questo scoprirlo
subito o in seguito può confortarci. Come recidivi ostinati, non
sempre per cattiva volontà, ma perché trascinati dalle
pressioni amorali che la vita ci impone, finiamo col ricaderci
seppellendone il ricordo, nella fiducia che ciò possa bastare
a metterci l'animo in pace. Poiché l'ingratitudine - se gli
ingrati siamo noi - è difficile che ci trascini in uno sconforto
inconsolabile, nella delusione, nel rammarico, nel rancore,
se nessuno ci ha educato ad essere riconoscenti, a mitigare
gli istinti più egoistici. Se invece ne siamo il bersaglio, quel
nostro senso di desolazione può rivelarsi transitorio, in ragione
dei valori sui quali abbiamo creduto di basare la nostra
esistenza. Ma non per questo, a meno che l'ingratitudine non
vesta i panni di una palese ingiustizia subita, riusciamo sempre
a soffocare tentazioni d'ira, risentimento, rivalsa, in un
susseguirsi di indecenti e meschine emozioni, nelle quali l'
ingratitudine pesca a piene mani, fino al punto di covare mire
di vendetta senza fine. Tali stati d'animo si affollano insieme,
si sedimentano nella coscienza, ci inducono a porci delle
domande che spesso restano senza risposta, nel desiderio -
destinato a rimanere tale - di respingere la ricerca degli errori.
C'è invece chi se le pone, cercando di comprendere; ma c'è
anche chi, ritenendo l'ingratitudine un'offesa grave, chiude
all'istante ogni rapporto con l'ingrato di turno al primo
segnale. (...)
Duccio Demetrio da L' ingratitudine
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