giovedì 20 luglio 2017
VITA CON LACAN 1
(...) Ci fu un tempo in cui ebbi la sensazione di aver colto
intimamente l'essere di Lacan, di percepire quasi il suo
rapporto con il mondo, di avere un accesso segreto al luogo
intimo da cui si irradiava la sua relazione con gli esseri e le
cose, e il suo stesso essere. Come se fossi scivolata dentro di lui
Il sentimento di percepirlo dall'interno era unito all'
impressione di essere compresa, di essere cioè perfettamente
inclusa in una sua comprensione, la cui estensione andava al di
là di me. La sua mente, con la sua ampiezza e profondità, il suo
universo mentale, inglobava il mio come una sfera che ne
contiene un'altra più piccola. Ho ritrovato un 'idea simile nella
lettera in cui Madame Teste parla di suo marito ( il brano cui
si fa riferimento è la Lettera di Madame Emile Teste tratta dal
romanzo di Paul Valéry " Monsieur Teste ". La lettera di Emile
apparve la prima volta nel 1924. n.d.r. ).
Come lei, mi sentivo trasparente per Lacan, convinta com'ero
che lui di me avesse un sapere assoluto. Il non dover
dissimulare niente, il non serbare alcun mistero mi davano -
quando ero con lui - una totale libertà. Ma c'era di più: una
parte essenziale del mio essere era rimessa a lui, che ne era
la custodia: io ne ero sgravata. Ho vissuto al suo fianco per
anni in questa sensazione di leggerezza.
Un bel giorno però, mentre Lacan trafficava con gli anelli di
spago che gli davano tanto filo da torcere, mi disse: " Vedi,
questo sei tu". Ero come chiunque altro, uno qualsiasi, quel
reale che sfuggiva alla sua presa e che gli dava tanta pena. Ne
fui colpita, nel considerare a un tratto quello che in me gli
resisteva come solo il reale resiste.
Che cosa voglio dire quando parlo del " suo essere? ".
La sua particolarità, la sua singolarità, ciò che il lui era
irriducibile, il suo " reale". Quando oggi cerco di riafferrare
l'essere di Lacan, a tornarmi in mente è il suo potere di
concentrazione, la sua quasi ininterrotta concentrazione su un
oggetto di pensiero che lui non mollava mai, fino a che fosse
diventato estremamente semplice. In un certo senso, Lacan non
era altro che questo: concentrazione allo stato puro, che si
confondeva con il suo desiderio rendendolo tangibile.
Una concentrazione che ritrovavo nel suo modo di camminare:
proteso in avanti,per prima la testa, trascinata dal suo peso,
che riprendeva equilibrio al passo successivo. Ma in questa
stessa instabilità, si avvertiva la determinazione: non avrebbe
deviato di un millimetro dalla sua strada, sarebbe andato fino
in fondo, sempre dritto, senza rivolgere nemmeno uno sguardo
a ciò che gli si metteva di traverso, e che sembrava ignorare,
e che comunque non gli ispirava alcuna considerazione.
Amava ricordare di essere del segno dell' Ariete . (...)
Catherine Millot da Vita con Lacan
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