(…) Qualcuno ha sostenuto che la donna aggredita dalla corsa
irrispettosa del tempo fosse la madre del pittore; qualcun altro
ha voluto ravvisare una somiglianza tra il volto della donna,
che è appunto una madre, della Tempesta e il viso della
misteriosa anziana dello spietato primo piano. Certo è che
questa tela, precariamente e miracolosamente salvata dalla
vecchiaia che tormenta le opere come gli umani,non ha soltanto
o soprattutto le caratteristiche di un ritratto.I lineamenti - è vero
- sono minutamente realistici: la bocca semisdentata, la piega
nasolabiale come una ferita non rimarginata, le rughe come
cicatrici e gli occhi non solo rimpiccioliti dalla fatica delle troppe
cose viste - l'infinita fatica del guardare - ma come stabilmente
prigionieri di quella particolare e disperata vivacità che solo le
lacrime danno allo sguardo. E d'altra parte, malgrado il cartiglio,
qui non è rappresentata una semplice figura allegorica: anche se
dalla mano ripiegata spunta la scritta Col tempo, che è una
sorta di beffarda didascalia dell'immagine, quella figura è reale.
Anche perché la donna sulla tela sta parlando:il pittore l'ha colta,
come in una polaroid, con la bocca semiaperta di chi sta dicendo
qualcosa, qualcosa che dice anche con il gesto della mano, rivolto
verso il petto coperto da una povera veste, mentre si affaccia da
uno sfondo senza definizione,tenebroso come è l'abisso del tempo,
ma anche il paesaggio della psiche.
Guardami, dice inequivocabilmente quella donna : guardami. (…)
Elisabetta Rasy da Figure della malinconia
La Tempesta ( Giorgione )
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