(…) In pittura ci sono molte vecchie, qualcuna - in genere se
aristocratica - dignitosa, qualcuna autorevole e ammirevole,
per esempio La vecchia signora che legge di Rembrandt del
1655, che è una fonte di luce non solo simbolica, se tutto il
volto di lei ne è illuminato.Ma per lo più la vecchiaia femminile
è sinonimo figurativo di orrore, dell'orrore della vecchiaia
molto di più di quanto non lo siano le immagini di uomini
vecchi: il passaggio del tempo nuoce a tutti, la morte aspetta
tutti, ma la vera vecchiaia è quella femminile perché in essa si
annida la disfatta non solo del corpo, ma della sua vanità.
Guardami, dice la donna di Giorgione, emergendo da una
minacciosa nigredo .Un gesto violento per un figlio mostrare
la decadenza materna,ma anche un gesto crudele per una madre
esibire la propria senilità disfatta al figlio,tanto più che al figlio
sarebbe spettata ( sarebbe , come molti uomini del suo tempo,
Giorgione non tagliò il traguardo della vecchiaia morendo nel
1510, poco più che trentenne, al colmo del successo ) la
senescenza diversa dei maschi che non conoscono quella
speciale e specifica fragilitas della carne femminile. Forse
però quella donna dai capelli inariditi come foglie secche, non
si sta mostrando al figlio: forse si sta mostrando allo specchio e
dall'altra parte c'è una donna giovane e bella - lei stessa - cui
balena improvvisamente - come in una fiaba nera - la terribile
apparizione. (…)
Elisabetta Rasy da Figure della malinconia
La vecchia signora che legge ( Rembrandt )
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