giovedì 26 dicembre 2019

LA VECCHIA E LA VANITAS 4



(…) In pittura ci sono molte vecchie,  qualcuna - in genere se
       aristocratica - dignitosa, qualcuna autorevole e ammirevole,
       per esempio La vecchia signora che legge  di Rembrandt del
       1655, che è una fonte di luce non solo simbolica, se tutto il
      volto di lei ne è illuminato.Ma per lo più la vecchiaia femminile
      è  sinonimo figurativo di orrore, dell'orrore della vecchiaia
      molto di più di quanto non lo siano le immagini di uomini
      vecchi: il passaggio del tempo nuoce a tutti, la morte aspetta
      tutti, ma la vera vecchiaia è quella femminile perché in essa si
      annida la disfatta non solo del corpo, ma della sua vanità.
      Guardami, dice la donna di Giorgione, emergendo da una
      minacciosa nigredo .Un gesto violento per un figlio mostrare
     la decadenza materna,ma anche un gesto crudele per una madre
     esibire la propria senilità disfatta al figlio,tanto più che al figlio
     sarebbe spettata ( sarebbe , come molti uomini del suo tempo,
     Giorgione non tagliò il traguardo della vecchiaia morendo nel
     1510, poco più che trentenne, al colmo del successo ) la
     senescenza diversa dei maschi che non conoscono quella
     speciale e specifica fragilitas della carne femminile. Forse
     però quella donna dai capelli inariditi come foglie secche, non
     si sta mostrando al figlio: forse si sta mostrando allo specchio e
     dall'altra parte c'è una donna giovane e bella - lei stessa - cui
     balena improvvisamente - come in una fiaba nera - la terribile
     apparizione.  (…)



                Elisabetta  Rasy   da    Figure della malinconia


      
 
 
 La vecchia signora che legge ( Rembrandt )
 
 

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