martedì 15 agosto 2017
LA RIVOLUZIONE DELLA TENEREZZA 1
(...) Theodor Adorno ( filosofo tedesco )nomina la possibilità di
uscire dalla durezza e dalla freddezza come amore. Da Socrate,
attraverso Platone fino a Lacan, si sa che solo la mancanza
promuove il desiderio e solo il desiderio è in grado di suscitare
l'amore. La parabola cristiana ha mostrato lungo i secoli che
soltanto un soggetto che riconosce la propria vulnerabilità sa
chiedere e donare perdono; soltanto un soggetto esposto e
ferito,che ha sperimentato l'abbandono e la grazia può aprirsi
ad un'autentica speranza d'amore. Soltanto l'amore del nemico
e il perdono dell'offesa ricevuta possono interrompere la
catena mortifera della vendetta e della perpetuazione del male,
che destinano individui e collettività a un destino di distruzione
reciproca. E' tuttavia soltanto a partire dalla percezione dei
segni della fragilità propria e altrui che può generare perdono
e non odio o rivalsa:soltanto dalla tenerezza, come speciale
sensibilità per i segni della vulnerabilità, può generarsi amore
dell'altro. Il legame innegabile fra amore e tenerezza,
essenziale nell'esperienza erotica o nell'affetto materno,
nomina qui soltanto la possibilità di tendere verso l'altro senza
alcuna carica aggressiva o intenzione offensiva, a partire
dalla coscienza elementare della comune mancanza. Per
resistere al male ci vuole un animo tenero: la sfida più dura
mai affidata all'umano.
Predicare l'amore è impresa paradossale: da una parte si sa
che qui è in gioco la questione essenziale dello spirito dell'
umano e il suo destino: in rapporto all'amore - se ci si pensa
bene - tutto il resto pare un affaccendarsi e affaticarsi che ci
tiene senz'altro in vita, senza tuttavia poterci realmente
salvare. D'altra parte, Adorno pone l'accento sull'impresa
improbabile di predicare l'amore a chi, per disposizione, non
è in grado di accoglierlo, rendendo l'impresa stessa ancora
più grottesca. Tutti, in fin dei conti, siamo soggetti e oggetti
improbabili dell'amore, incapaci di essere all'altezza della sua
verità e della sua eternità. D' altra parte, fino a che ci sono
esseri umani che si amano, sfidando e custodendo al tempo
stesso l'enormità dell'interrogativo che ci trafigge ( Come
abbiamo potuto fare questo, da dove ci viene tanta durezza?
Come ritrovare la tenerezza da cui abbiamo avuto origine?),
anche noi possiamo sperare di essere amati. Finchè qualcuno
ha il coraggio di invitare alla rivoluzione dell'amore e della
tenerezza, abbiamo la possibilità di ricordare che è da lì che
veniamo e lì siamo chiamati a dirigerci e a sostare. Noi
umani non abbiamo altro che questo per proteggerci dal freddo
e dal buio che ci assalgono, in quei movimenti della coscienza
che mettono in questione tutto. (...)
Isabella Guanzini da Tenerezzza ( La rivoluzione del potere gentile)
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