Qualsiasi parola risulta stupida, sciocca, impotente...
Lou a Rilke
Gottingen, 11 luglio 1914
(...) Mio caro vecchio Rainer,
ho dovuto piangere terribilmente - sai - sulla tua lettera, come
una stupida ma , a volte, il modo in cui la vita tratta i suoi
esseri più preziosi è tale che non se ne può proprio fare a
meno. Io ti accompagno con ogni mio pensiero, se si può
definire " accompagnare" il chiedersi giorno dopo giorno dove
sia qualcuno: se in volo contro confini dell'umana atmosfera o
precipitato in un cratere in mezzo a tutto il fuoco che sia mai
arso sulla terra. Quando mi hai parlato delle lettere scritte con
quella " s " impazzita così schietta e vivace, ho avuto l'
impressione che stesse per insorgere in te una fase produttiva
nata da un'esperienza umanamente vissuta e- del resto - dietro
una grande vittoria incombe sempre anche un periodo
tremendo. Per coloro che possono donare una piccola traccia
di produttività desunta dallo stesso contesto di un' intensa
esperienza di vita, è tutto più facile: gli altri - i creativi per
natura - ci riescono di tanto in tanto, procedendo al contrario;
molto più spesso queste due spinte si incontrano a mezza strada
e muoiono per essersi sbarrate a vicenda il cammino. Ma,
sebbene di questa morte sia tu il solo colpevole - e non vi sono
scuse o attenuanti che tengano - di una cosa non c'è da
dubitare: il modo in cui tu lo fai rivivere nelle tue parole è
esattamente, esattamente, esattamente l'antica forza intatta che
dalla morte genera la vita, e ancora : il lutto è quello di una
persona la cui intima, sottile percezione di nulla può essere
altrettanto incolpevole come di ciò di cui tu ti accusi.
Eppure tu - così come sei - sei la persona che in certe fasi non
riesce a lavorare o manda in rovina la propria opera con le sue
stesse mani. E certo non trai alcun conforto, non puoi trarre
nulla dal fatto che - comunque - tu non sei quella persona,
perché non ci si sfama col pane chiuso in una madia e nemmeno
aspettando la mietitura delle spighe nei campi. Perciò, se io
piango, lo faccio in modo diverso, come una spettatrice che
guarda te e - al tempo stesso - è totalmente commossa difronte
al pane che vede già pronto e al frutto dei campi. Lo stesso vale
per ciò che ora si stende davanti al tuo sguardo " sotto la
gelida lastra di vetro spesso"; tu non lo possiedi, il vetro
rispecchia te e te stesso, e tuttavia, il fatto che quella lastra ci
sia, è una prova dell'entità dei tuoi beni e di come tu non abbia
riconosciuto questo aspetto - è a te che appartengono
profondamente in tutta la loro ricchezza - così essi presentano
dei lati ancora in ombra che tu non puoi nemmeno immaginare,
nascosti alla tua vista da una parete divisoria forse persino più
sottile di un vetro. Ah, ma a che scopo dirti questo? Ora tu
percepisci unicamente che qualcosa - spessa o sottile che sia -
ti separa dalla vita, e qualsiasi parola, qualsiasi parola che dica
il contrario, risulta stupida, sciocca, impotente. (...)
Lou Salomé da Da qualche parte nel profondo
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