lunedì 21 agosto 2017

LETTERA DAL CUORE ( da Lou a Rilke )

 
 
 

                                                                Qualsiasi parola risulta stupida, sciocca, impotente...



Lou a Rilke

Gottingen, 11 luglio 1914

(...) Mio caro vecchio Rainer,
      ho dovuto piangere terribilmente - sai - sulla tua lettera, come 
      una stupida ma , a volte, il modo in cui la vita tratta i suoi
      esseri più preziosi è tale che non se ne può proprio fare a
      meno. Io ti accompagno con ogni mio pensiero, se si può
      definire " accompagnare" il chiedersi giorno dopo giorno dove
      sia qualcuno: se in volo contro confini dell'umana atmosfera o
      precipitato in un cratere in mezzo a tutto il fuoco che sia mai
      arso sulla terra. Quando mi hai parlato delle lettere scritte con
      quella " s " impazzita così schietta e vivace, ho avuto l'
      impressione che stesse per insorgere in te una fase produttiva
      nata da un'esperienza umanamente vissuta e- del resto - dietro
      una grande vittoria incombe sempre anche un periodo
      tremendo. Per coloro che possono donare una piccola traccia
      di produttività desunta dallo stesso contesto di un' intensa
      esperienza di vita, è tutto più facile: gli altri - i creativi per
      natura - ci riescono di tanto in tanto, procedendo al contrario;
      molto più spesso queste due spinte si incontrano a mezza strada
      e muoiono per essersi sbarrate a vicenda il cammino. Ma,
      sebbene di questa morte sia tu il solo colpevole - e non vi sono
      scuse o attenuanti che tengano - di una cosa non c'è da
     dubitare: il modo in cui tu lo fai rivivere nelle tue parole è
     esattamente, esattamente, esattamente l'antica forza intatta che
     dalla morte genera la vita, e ancora : il lutto è quello di una
     persona la cui intima, sottile percezione di nulla può essere
     altrettanto incolpevole come di ciò di cui tu ti accusi.
     Eppure tu - così come sei - sei la persona che in certe fasi non
     riesce a lavorare o manda in rovina la propria opera con le sue
     stesse mani. E certo non trai alcun conforto, non puoi trarre
     nulla dal fatto che - comunque - tu non sei quella persona,
     perché non ci si sfama col pane chiuso in una madia e nemmeno
     aspettando la mietitura delle spighe nei campi. Perciò, se io
     piango, lo faccio in modo diverso, come una spettatrice che
     guarda te e - al tempo stesso - è totalmente commossa difronte
     al pane che vede già pronto e al frutto dei campi. Lo stesso vale
     per ciò che ora si stende davanti al tuo sguardo " sotto la
     gelida lastra di vetro spesso"; tu non lo possiedi, il vetro
     rispecchia te e te stesso, e tuttavia, il fatto che quella lastra ci
     sia, è una prova dell'entità dei tuoi beni e di come tu non abbia
     riconosciuto questo aspetto - è a te che appartengono
     profondamente in tutta la loro ricchezza - così essi presentano
     dei lati ancora in ombra che tu non puoi nemmeno immaginare,
     nascosti alla tua vista da una parete divisoria forse persino più
     sottile di un vetro. Ah, ma a che scopo dirti questo? Ora tu
     percepisci unicamente che qualcosa - spessa o sottile che sia -
     ti separa dalla vita, e qualsiasi parola, qualsiasi parola che dica
     il contrario, risulta stupida, sciocca, impotente.  (...)


      Lou Salomé   da    Da qualche parte nel profondo


Nessun commento:

Posta un commento