martedì 15 agosto 2017
LA RIVOLUZIONE DELLA TENEREZZA 3
(...) " Dunque, come figlio di Poros e Di Penia, ad Amore è
capitato questo destino: innanzitutto è sempre povero ed è
molto lontano dall'essere delicato e bello, come pensavano in
molti; ma anzi è duro, squallido, scalzo, peregrino, uso a
dormire nudo e frusto per terra, sulle soglie delle case e per le
strade, le notti all'addiaccio, perché - conforme alla natura
della madre - ha sempre la miseria in casa . Ma da parte di
padre è insidiatore dei belli e dei nobili, coraggioso, audace
e risoluto, cacciatore tremendo, sempre a escogitare
machiavelli d'ogni tipo e curiosissimo di intendere, ricco di
trappole, intento tutta la vita a filosofare, e terribile
ciurmatore, stregone e sofista " ( Dal Simposio di Platone )
Fa esperienza del rischio e della consegna di sé; sa che il suo
desiderio rimarrà sempre trafitto da un vuoto, ma grazie a
questo si libera da ogni ossessione e idealizzazione ( di sé e
dell'altro ). Per questo amore e tenerezza parlano l'uno la
lingua dell'altra: entrambi toccano le corde più vulnerabili
e audaci del nostro essere, oltre ogni apparenza e proiezione,
affezionandosi all'altro nella verità della sua condizione reale.
Entro questa prospettiva, Lacan trasforma la parola amour,
la scrive come a - mur , per indicare il muro, l'ostacolo e la
mancanza che nell'amore sono sempre in gioco.
L'amore è il dono di questa mancanza, di questa separazione
che resta tale, che non potrà mai essere completamente
colmata. Non chiede all'altro ciò che ha, ma domanda
semplicemente l'amore, ossia chiede di essere amati in tutto
ciò che si è. Tutti desideriamo questo, anche chi è cresciuto
alla scuola della durezza e della freddezza. L'incontro d'
amore - qui - va preso nel suo senso più letterale ( in- contro)
per preservarne insieme ogni speranza di unificazione e ogni
tenerezza della differenza. L' illusione di fare-Uno nell'amore,
ossia il desiderio di superare ogni alterità e separazione, è
infatti la versione narcisistica di una relazione vissuta come
mero rispecchiamento, come reciprocità speculare. Qui l'altro
non può essere Altro ma lo Stesso, non deve donare la sua
mancanza ma rimuovere ogni differenza, così che l'amore
diviene passione per l'idea del Sé, che l'altro non deve che
confermare ed espandere. La fusione dei due - d'altra parte -
che si innalza troppo rapidamente verso il cielo dell'estasi
mistica e dell'unità simbiotica, rende assai più insopportabile
lo sciogliersi delle ali e assai più dolorosa la caduta. (...)
Isabella Guanzini da Tenerezza ( La rivoluzione del potere gentile)
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