IDENTITA'
(...) Chi sono io? Quante volte nella vita ci siamo posti questa domanda. E ci siamo fermati a scavare per trovare la nostra " identità". In realtà la vera domanda non è Chi sono io, ma " Per chi sono io? ". Siamo troppo concentrati su noi stessi, alla ricerca della nostra autonomia come salvezza. Dicono gli studiosi che la società moderna è malata di narcisismo, cioè gli individui sono innamorati di se stessi, a volte persino ossessionati dall'amore di sé. Occorre davvero " rovesciare il tavolo" : bisogna smetterla di cercare il compimento di sé. La verità di me non si esaurisce in me. La mia vera identità non sta nel profondo di me : la mia identità sta nella mia destinazione. La mia vera identità non sta nell'autoriferimento, nell' autorealizzazione. La mia identità sgorga dalla relazione. E' proprio il dispositivo autoreferenziale, come gesto del desiderio che cerca anzitutto in se stesso il proprio compimento, che va decostruito. Il tema chiave del desiderio non è la sua origine, ma la sua destinazione. L' accanimento sulla domanda " Chi sono io?" conduce all'ossessione di una risposta che l' Io non è in grado di dare: genera frustrazione, malinconia, angoscia e disperazione. La scarnificazione dell'autocoscienza è sanguinosa e sterile. L' inizio della sapienza è piuttosto chiedersi " Per chi sono io? ". Questa domanda apre la frontiera, inaugura l'avventura, ci rende esploratori di terre sconosciute e creatori di rapporti fecondi. Tanto l'assegnazione del primato all'interrogazione sull'origine ci rende ottusi ed estranei al mondo, tanto il riconoscimento del primato al tema della destinazione ci rende dinamici e generatori. Ognuno di noi scopre facilmente che le proprie qualità si perfezionano, quando cercano una degna destinazione per altri e presso altri. E molte cose possiamo apprendere di noi che non ci sognavamo di immaginare, nel momento in cui ci interroghiamo, sulle parti di noi che sono presso di noi " in conto terzi". Il riconoscimento di queste parti e il loro invito a destinazione - la generazione di un figlio è già questo - ci emoziona, ci esalta, ci dà soddisfazione di noi stessi. E infine, come improvvisamente, poiché porta la nostra firma, vediamo molto più chiaramente chi siamo: riconosciamo la nostra singolarità proprio nel lavoro e nel compimento di questa donazione.
" Chi sono io? Chi sono?" : Io sono " donazione" , io sono nella mia capacità di donazione . La nostra identità emerge dal dono, vive di dono. Questa- oggi - è la vera rivoluzione. Si uscirà davvero dalla crisi generata da questa pandemia quando impareremo a sentire che l'altro è parte della nostra identità . (...)
Derio Olivero da Verrà la vita e avrà i suoi occhi
Si avverte un chiaro sapore hegeliano: l'individuo non è "per sé", ma per il suo rapporto con altri e, al limite, per il ruolo che ha nella società e che lo definisce. Tema di recente sollevato anche dal papa: la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri. Però io mi chiedo:a che punto la libertà degli altri, di tutti gli altri finisce quando comincia la mia?
RispondiEliminaA parte il " sapore" hegeliano del testo, che tu ( giustamente ) fai notare, l'intenzione dell' autore ( che è il Vescovo di Cuneo ) credo fosse di riferirsi alla dottrina cristiana, per la quale il ( vivere per Chi ) è condizione sine qua non ...
RispondiEliminaPerò è bella questa commistione di filosofia e teologia e anche costruttiva ( il cristianesimo non è " solo" un pensiero o una dottrina, ma una prassi fortemente " incarnata" fin dall'origine e quindi :
"nel" mondo e " per" il mondo...
Grazie per l'arricchimento che porti con i tuoi commenti.