sabato 30 ottobre 2021

COLLECTED POEMS DI DENISE



                                              Il cielo, anche se azzurro, mi intralcia...



Le poesie di Denise Levertov ( 1923- 1997 ) qui proposte , tratte da due raccolte degli anni ottanta del Novecento, accentuano un motivo profondo e pervasivo di tutta la sua opera: l'osservazione, l'ascolto e l'empatia con il mondo naturale - animali, alberi, montagne, laghi - creature viventi e senzienti, a volte trasfigurate in senso antropomorfico, la cui esistenza è spesso minacciata dall'opera di distruzione dell'uomo. Motivo, o assillo, che diventa dominante negli ultimi anni di vita della poeta, in coincidenza con il suo trasferimento a Seattle, dove visse in prossimità di un lago e del gigantesco vulcano Rainier, presenza viva e misteriosa di molte sue poesie.





TOCCARE IL CENTRO


" Sono un paesaggio " dice lui.

" Un paesaggio e una persona che cammina in quel paesaggio.

Ci sono dirupi spaventosi qui,

e pianure appagate dalla loro

bruna monotonia. Ma soprattutto

ci sono foibe, luoghi

di terrore improvviso, di corto diametro

e infida profondità."

" Lo so", dice lei. " Quando vado

a passeggiare dentro me, come capita

un bel pomeriggio, senza pensarci,

presto o tardi arrivo dove falasco

e mucchi di fiori bianche, ruta forse,

segnano la palude, e so che lì

ci sono pantani che possono tirarti

giù, farti affondare nel fango gorgogliante".

" Avevamo un vecchio cane  - dice lui - quand'ero ragazzo"

un buon cane socievole, ma aveva una ferita

sulla testa; se ti capitava

di toccarlo appena, saltava su con un guaito

e ti azzannava. Diede un morso ad un bambino,

e dovettero portarlo dal veterinario e abbatterlo"

" Nessuna sa dove si trova" dice lei,

e nessuna la tocca nemmeno per sbaglio.

E' dentro il mio paesaggio, e io sola, mentre avanzo

ansiosa nella vita, tra le mie colline,

dormendo sul muschio verde dei miei boschi,

inavvertitamente la tocco,

e mi avvento contro me stessa.

Oppure mi fermo appena in tempo.

                                    " Sì, impariamo a farlo.

Non è di paura, ma di dolore che parliamo:

quei punti dentro di noi, come la testa ferita del tuo cane,

feriti per sempre, che il tempo

mai lenisce. Mai.



                                           ***


Basta con questi rami, questa luce.

Il cielo, anche se azzurro, mi intralcia.

Da quando ho cominciato a capire

di avere altro da fare,

non so più stare dietro al ritmo

dei giorni col passo agile degli altri inverni.

L' albero svettante,

quello che l'alba intingeva d'oro,

è stato abbattuto - quel fervore di uccelli e cherubini

soffocato. La siccità ha scurito

più di una foglia verde.

                                  Da quando so

che un altro desiderio ha cominciato

a proiettare i suoi lacci fuori di me

in un luogo ignoto, mi protendo

in un silenzio quasi presente,

inafferrabile tra i battiti del cuore.



                                             ***


DUE MONTAGNE


Per un mese ( un attimo )

ho vissuto accanto a due montagne.

Una era solo un bastione

di roccia pallida. " Una facciata di roccia" si dice

senza pensare a un'espressione o a un volto -

un'astrazione.

                                Ma si dice anche

" un uomo dal volto di pietra ", oppure " si è chiusa

in un silenzio di pietra ". Questa montagna,

avesse avuto occhi, avrebbe sempre guardato

oltre o attraverso; la bocca, ne avesse avuta

una, avrebbe stretto le labbra sottili,

implacabile, senza concedere niente, proprio niente.

L' altra montagna emanava

un silenzio tutto diverso.

Può essere che ( da me non avvertita )

cantasse, addirittura.

Burroni, foreste, nudi picchi di roccia, obliqui, fuori centro,

in un elegante cono acuto o corno, avevano l'aria

di provare piacere, piacere di esistere.

Questa la guardavo e riguardavo

senza trovare

un modo per convincerla a incontrare il mio sguardo.

Dovetti accettare la sua totale indifferenza,

la mia totale insignificanza,

essere

                                  inconoscibile per la montagna

come un ago di pino o di abete

sui suoi lontani pendii, per me.




          Denise Levertov da   Collected Poems ( Trad, P. Splendore )





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