L' amore lo lascio ai posteri...
Se ora dormissi, almeno per un po';
mi separerei dal mondo, toglierei da me
la tua figura, resterei sola nel buio.
Non posso.
Sono ciò che vedo, il volto dove mi incastro.
Devo tenere gli occhi aperti per essere, devo
guardarmi incessantemente.
Poi tu chiudi le imposte, sciogli le lenzuola,
e io ci provo a calare il sipario,
a respirare profondamente
- si chiama respirazione diaframmatica
questa cosa che io provo a fare,
questa marea - sul tuo guanciale.
***
La parola è un chiodo.
Il verbo che tu incarnavi ti tolse
di mezzo scavandoti piano.
Riconobbi il tuo volto dal vuoto
che vi cresceva rigoglioso al centro.
Da lì tu mi guardavi senza mai
sciogliermi, mi lasciavi ai miei giorni
grossolani; io mi dimenavo
con cose di scarso valore, monili
d'argento, e tu, tutto miseria e vento,
non ti offendevi, dissanguavi in croce.
***
Aspiravo alla grazia:
un involucro superfluo,
il trucco sul volto di una donna,
il rossetto sbavato sulle labbra.
Così immaginavo Dio, così lo sognavo.
E la mia preghiera era guardare,
provare a vestirmi sul nulla,
provare a compormi, e poi
raccogliere gli avanzi, decifrare il mio nome.
***
Mi hanno detto che non sono capace,
mi hanno convinto,
un po' come si convince Dio,
con la preghiera, con la ripetizione.
Anche Lui ci ha creduto
e poi ha scoperto che non era vero,
che era capace come tutti di morire.
***
Un impasto di farina e acqua
lievita sul tuo petto,
scalcia, esplode, poi ti lascia sola.
Ripeti a memoria il rituale delle madri,
l'eterno che ti sventra, il tempo
che cade giù dalle tue viscere
e inizia con un pianto la conta dei respiri.
***
L' amore lo lascio ai posteri.
Io mi contento dello svanire,
delle rovine. Veglio sul morto,
sulla sua pelle scarna di luce.
A terra i cocci dell'ombra
sono ciò che resta
del suo guardaroba.
***
Il tuo volto è una chiesa,
un'assemblea di detriti che cantano
la melodia delle mosche.
Ed io con le mani nel sacco, scarto
dopo scarto, sgrano il rosario
e prego.
Claudia Di Palma da Atti di nascita
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