Mi lasci la mancanza...
Non mi tolga tutto il lutto, dottoressa,
me ne lasci la metà;
io non voglio che il mio cuore
sia sgombro per intero,
mi lasci la mancanza:
faccia male di notte,
se non dormo, ma se dormo
- se possibile - vorrei
non svegliarmi nel buio,
come se
non potessi respirare.
Mi tolga
l'impossibile che è che non si possa
più ascoltare la sua voce
e lo squillo del telefono mai suo
quando compio un altro anno
e non vorrei.
Mi lasci continuare
a guardare fissamente
se qualcuno beve
il caffè nel vetro
e faccia che io pianga
sulla torta di riso;
mi tolga il grido, se può,
la testa che sbatte
il nero che fa
la fine.
Non mi resta che
la mancanza che è:
e se è il dolore che riempie
come un corpo
il mio corpo,
me lo lasci per metà.
Non voglio perdere
che ferisca
la lama che non taglia dei suoi occhi;
tolga il lutto che inginocchia,
che non crede,
che mi chiude
in casa.
Mi lasci che mi facciano
male i fiori,
ma non tutti,
solo quelli
arancioni.
***
Com'è misurato amarsi meno,
è un lavoro sartoriale,
millimetrico,
amicale;
chirurgica la mano che
tutto fa per non sfiorare,
stare
in cabina di controllo
come da tuo protocollo:
nel collo,
la vena giugulare
col suo flusso da invertire;
nel petto,
silenziare
il rumore del rumore.
Che lavoro disamare,
soffocare,
che cesello da artigiana
che ci vuole;
lambiccare che l'amore
riesca a smettere di amare.
Sempre un triste mestiere
seppellire.
***
Ogni volta che tu
aspetti lei e io
ti osservo -
muta, da dietro,
ferita -
aspettarla,
siamo finalmente
uguali.
Aspettiamo tutt'e due
la persona sbagliata.
***
Ogni volta che suonano alla porta,
sei tu
che non suoni;
le lettere:
tu che non le hai scritte
e datate,
sei tu la firma,
la forma di un altro nome;
sei tu
che non aspetti al palo,
non qui sotto,
non alla fine della strada,
non all'angolo,
non dietro di me,
non al bar :
sei lo sguardo,
la ricerca,
il vuoto;
sei tu
tutti i fattorini,
sei il mazzo di rose non mio;
sei tu che non regali fiori;
è tuo
il nero dei maglioni ;
luci:
il ristorante dietro la stazione,
la stazione,
i treni, quelli che arrivano,
( ma anche, e soprattutto )
quelli che
se ne vanno,
quelli che
non tornano,
quelli che
non mi dici;
i dodici sul calendario,
le piante,
il mio pianto.
Sono tuoi :
Piero della Francesca,
Alberto Burri,
i carciofi e il vino
e molto altro fra le labbra;
questa poesia,
i secchi bianchi con i bordi blu;
la ruggine è tua;
camminare per strada in centro è tuo,
che sia felice io
è tuo;
la mia infelicità non è tua,
è tuo : il lato sinistro
delle auto bianche,
del letto,
della guancia,
del petto.
Beatrice Zerbini da D' amore
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