Tutti dobbiamo trovare la strada
sbagliata che ci conviene.
Samuel Beckett
IL GRANDE PENSIERO
Eccola qui, l'amica di lunga data,
solo amica perché non può essere
donna come io vorrei.
La terrazza sul mare adirato
sotto il cielo che dispensa acqua
e urli naturali non umani
ci protegge col tetto trasparente.
Il finto marinaio che ci accudisce
propone tre volte la " vellutata",
tre volte rifiutata ormai sospetta.
E dunque pesce fresco, cotto,
aromatizzato e impanato,
totani in filetti morbidi
e un grosso " ragno" diviso in tre.
Già, c'è anche il marito
che tenta ogni giorno di non perderla.
Gli anni sono passati e il gioco
non è mai uguale al giorno prima,
vorrebbe qualche parola in più.
Anche a me non bastano le parole
che invece fluttuano piene di anni.
Aspettare, aspettare, vivere, credere.
L'amore è così grande che sa avvolgere
anche i tempi che non hanno generato
la diversa dimensione per crescere.
Domani la vedrò ancora, sola, bella,
elegante, pensante, sorridente.
Basta un sorriso per gioire?
Spesso è questo il monologo risolutore.
Aspettare è un'arte, anche se
la scadenza si avvicina inesorabile.
Tempo, tempo, mio tiranno. Non saprai mai
che il vero amore è nel pensiero.
Il resto è un piccolo contorno,
succulento, che non toglie la fame.
Ottavio Rossani dalla silloge Impronte indelebili
... ( anche se non so bene a chi mi rivolgo, dato che da tempo non scrive più nessuno ). Mi sembra giusto ( per me ) avvisarvi che siamo arrivati al capolinea: vale a dire che non mi troverete più qui. E' una decisione su cui medito da tempo ( esattamente dagli inizi della " prima" pandemia quando, pensando al lungo tempo che ci avrebbe visti in una sorta di difficile e forzata reclusione, vi avevo proposto di utilizzare questo spazio per condividere le vostre difficoltà, sofferenze, lamentele, proposte ( col risultato che - a parte un amico che è sempre rimasto - all'appello non ha risposto nessuno ). E pensare che poi, la stessa proposta è arrivata da influenti testate giornalistiche italiane.... " Già - qualcuno potrebbe osservare - ma se non ti legge nessuno...". Ma così non è: voi non potete saperlo, ma io - da amministratore di questo blog - ho sempre la situazione della visibilità dello stesso sotto controllo e vi posso dire in tutta onestà che il numero dei lettori ( in questi quattro anni ) è più che decuplicato e ogni giorno posso osservare centinaia di visualizzazioni provenienti un po' da tutte le parti del mondo ( dagli U.S.A. che sono i più numerosi a piccoli o grandi Stati africani, dell' America latina o del Medio ed Estremo Oriente oltre che dell' Europa tutta ) . " E allora dove sta il problema? " qualcuno potrebbe obiettare. Non mi basta. Non mi bastano le visualizzazioni di chi si mostra interessato ai contenuti proposti ( che già non è poco ): ma così è come parlarsi allo specchio. E non lo voglio fare: penso che non ne valga la pena. E' come predisporre una tavola imbandita senza sapere nulla dell'identità dei commensali ... ( Avrete capito benissimo che non faccio il copia - incolla come molti degli ormai innumerevoli blogger in rete fanno, e che cerco di proporre ( almeno fino a che ho potuto accedere a librerie e biblioteche ) argomenti che non siano già sul web ( troppo facile così ! ), ma in cambio ho bisogno della vostra parola, del vostro pensiero, se è il caso anche delle vostre critiche... Ma così no. C'è tanto lavoro di lettura e ricerca dietro ogni poesia o brano musicale che posto ( e tanta vita ) perché questo che voi vedete nasce dall'esperienza e dalla passione per il dialogo...
Sono delusa e sconfortata . E mi dispiace tanto. Ma quando l'amarezza supera il piacere che si ricava da un'esperienza... meglio chiudere. Non ho mai sgomitato per avere " un posto al sole " ; non ho fatto " salotti " come quasi tutti fanno ( tu fai una recensione a me e io la faccio a te... e gira e rigira sono sempre gli stessi ); non ho mai neanche voluto crearmi dei follower e farne una raccolta da esibire - va tanto di moda ! - ( come gli amici americani fino a meno di un anno fa mi chiedevano a frotte di fare ) perché ho sempre avuto rispetto della vostra intelligenza e della vostra capacità di scelta e di giudizio... Sono stata presuntuosa ? Forse, ma sempre onesta. E devo ammettere che mi sono sbagliata. Certo la mia vita in parte cambierà: (il blog per me non era un passatempo, ma una opportunità in cui credevo e immaginavo che avreste capito che dietro uno spazio virtuale c'era una persona " in carne ed ossa" che vive di comunicazioni vere, di confronti con altri esseri umani...). Speravo che questa " grande platea" che è il mondo che la Rete mette a disposizione fosse lo spazio giusto per arricchirmi mentalmente, emotivamente e spiritualmente ed arricchire altre persone, ma lo è stato solo per un tempo. Ora confido in altre opportunità: la vita ci porta spesso a dei cambiamenti che non avremmo immaginato e che a volte non vorremmo... Mi auguro pertanto che non cambi in peggio nemmeno la vostra...
Per vivere.... si vive comunque.
Con affetto, sempre
frida
Il tuo pianto era bianco...
III
Il tuo pianto era bianco
come l'albore
e amaro
come il mio disincanto
odorava di muschio
e cenere
***
VI
La parola affilata
lacera la mia gola
destituita si riversa fuori ululando
tenebre
si perde con l'ultimo rantolo
di un tempo rassegnato
alla sua inevitabile estinzione.
La parola fatta grido
che sfida la sua armonia
che si sottrae al suo destino.
E' irrimediabile
lo so
smetteranno di fare il mio nome
mi leverò in volo
mi disperderò nella trasparenza
e la mia cenere non sopravviverà
al mio disincanto.
***
VII
Scorgo il tuo volto nascosto
tra migliaia di specchi
ridotti in frantumi
il tuo corpo lacerato
dalle ferite di un tempo
perduto e umiliato
Scorgo nelle tue mani
l'ira del mondo
la vita svenuta
nel tuo pugno chiuso
Scorgo il bagliore
il sogno
la penombra
le tue orme divorate
dall'ardire
di un avvoltoio
il tuo odore malva.
Scorgo l'insondabile
l'indicibile
l'arcano.
Mi dissolvo nella tua nebbia.
***
VIII
Il tuo sangue si sparge nel mio crepuscolo
L'orizzonte frana ebbro di splendore
Ombra di ombre e silenzio
Mi dileguo in cenere
Dall' altra parte qualcuno piange.
***
XI
Vidi con i tuoi occhi
che denudano il mondo
con le tue mani
che sostengono la luce
con il tuo cuore
che ancora mi desidera.
Marga Clark da Barlumi ( Quadernario )
Questo libro pone a confronto gli ultimi discorsi che il Buddha e Gesù rivolgono ai loro rispettivi discepoli : il primo per avviarsi serenamente - ormai vecchissimo - verso il nirvana definitivo; il secondo verso la tragedia della croce. I testi utilizzati per questo confronto sono entrambi magnifici: le parole di Gesù riportate nel Vangelo di Giovanni ( dal cap. 13 al 17 ) e il Grande discorso del nirvana definitivo contenuto nel Canone Pali ( gli scritti antichi posti a fondamento della tradizione buddhista ).
Vi è un'analogia di contenuto e di spirito in questi discorsi d'addio : in entrambi i casi, infatti, i due maestri, consapevoli di stare per andarsene da questo mondo, consolano e rafforzano la fede dei loro discepoli, i quali finiscono così per trovarsi al tempo stesso confortati, rassicurati ma anche inevitabilmente rattristati e addolorati. Da qui la " malinconia meravigliosa " del titolo, quello strano senso di tristezza dolce che si avverte leggendo il libro. E tuttavia le differenze sono - ovviamente - enormi: perché il Buddha, con le sue ultime parole esorta i discepoli a fare affidamento solamente su se stessi, sulla loro determinazione e ad autosalvarsi attraverso la buona pratica della meditazione; mentre Gesù indica la via dell'amore, con tutto quello che ne consegue. Non solo: Gesù rassicura i discepoli che non rimarranno mai soli perché potranno sempre rivolgersi al Padre, nel nome del Figlio, con la consolazione e l'aiuto dello Spirito Santo, fino al ritorno di Gesù stesso. Mentre per Buddha non c'è nessun Dio a cui rivolgersi e lui - una volta fatto ingresso nella dimensione ineffabile, serena e perfetta - non ritornerà mai più.
Questo libro - insomma - intende evidenziare le differenze ( molte ) e le somiglianze ( poche ma significative ) tra due diverse vie di salvezza, e lo fa non tanto attraverso un lavoro di esegesi, quanto piuttosto delineando una costellazione affettiva - la malinconia meravigliosa - in cui gioia e dolore, senso di pienezza e senso di mancanza, si intrecciano e si contemperano a vicenda fino a creare un orizzonte spirituale in cui ciascuno di noi ( buddhista, cristiano o non credente ) si può riconoscere.
f.
(...) Queste parole di Gesù, riportate nel Vangelo di Matteo, avrebbe potuto dirle anche il Buddha o un monaco buddhista? Sì e no. Sì, perché tanto Gesù quanto il Buddha conoscono la sofferenza di tutti coloro che sono " affaticati e oppressi". Irrompono entrambi sulla scena del mondo quali maestri capaci di dare finalmente riposo. E tutti e due insegnano con umiltà di cuore, con spirito di mansuetudine e di dolcezza. Ma anche no : queste parole di Gesù non potrebbero risuonare sulla via di Dhamma perché il cuore del Buddha è talmente pervaso di lievità, da rivelarsi un cuore vuoto. Vuoto non certo in quanto chiuso, insensibile e freddo, ma tutto all'opposto nel senso di cuore ospitale, aperto e pronto a recepire ogni minimo evento di questo mondo, ogni minimo sospiro di dolore. Cuore compassionevole, equanime e benevolo, disponibile a comprendere il grande o il piccolo turbamento altrui, per lasciarsi attraversare da tale turbamento e poi però lasciarlo evaporare via, senza che alcuna traccia vi si deponga. Cuore arioso e vuoto, incline ad accogliere ogni lamento senza però lasciarsene turbare perché nulla - in un simile cuore - si sedimenta mai. Cuore sorridente di infinita dolcezza verso tutti, ma vuoto perché tale dolcezza è rivolta in modo equanime verso tutti e verso nessuno in particolare. Cuore buono, ma vuoto in quanto cuore senza preferenze, senza legami verso quella data persona o quella particolare cosa. Cuore contento, momento dopo momento, di trovarsi in un certo luogo, ma vuoto, perché sempre pronto a riprendere il cammino quando occorre, indifferente a nostalgie e rimpianti. Cuore amorevole verso tutti, ma vuoto perché mai " perdutamente innamorato" di qualcuno in particolare, al punto da dire : " Tu, solo tu, sei il mio grande amore ". (...)
Giampiero Comolli da La malinconia meravigliosa ( I discorsi del Buddha e di Gesù )
(...) Cuore vuoto - in definitiva - perché non esiste un nucleo, un'essenza stabile, un'identità precisa e definita di quel cuore stesso. Come appunto afferma sempre il Buddha : " anatta, vale a dire Non sé ". Non esiste da nessuna parte un sé, un cuore come deposito di un qualcosa di immutabile, preciso e definito, un'essenza fissa che permane in noi e che ci definisce in una nostra stabile identità. Non solo il cuore del Buddha, ma il cuore di ognuno di noi - a ben vedere - è vuoto: traversato incessantemente da innumerevoli contenuti, ma privo di un contenuto determinante e costante, che ci identifichi al punto di poter dire : " Io sono così, ero così e rimarrò così anche in futuro perché il mio cuore è fatto così". Colui che crede questo, si illude perché nell'intimo, nel cuore di noi stessi non esiste un sé immutabile. E non solo costui o costei si illude, ma anche soffre. Perché cercando di alimentare, di nutrire la supposta, ma illusoria essenza stabile del proprio cuore, andrà incontro soltanto a una sequela di delusioni e di rimpianti. Ci innamoriamo di una persona perché crediamo che corrisponda all'essenza del nostro cuore, e quella persona - inevitabilmente - prima o poi la perderemo, lasciando affranto il nostro cuore... Ma se si arrivasse a capire che il cuore è vuoto, ecco che potremmo accogliere ogni amore, momento per momento, senza mai fissarci, impuntarci su alcun amore prediletto. Pronti sempre ad accogliere, ma anche a lasciare andare, senza strazio, senza rimpianto. Perché il cuore del saggio illuminato è amabile, è amorevole, è ospitale... ma è un cuore vuoto. (...)
Giampiero Comolli da La malinconia meravigliosa ( I discorsi di commiato del Buddha e di Gesù )
(...) Gesù invece... Gesù ha un cuore pieno: gonfio d'amore e gonfio di dolore. Gesù ama tutti, ma predilige i " suoi che erano nel mondo" e li vuole amare fino al limite estremo, sino " alla fine" ( Giov. 13, 1 ). Gesù, seduto a tavola durante la sua ultima cena con i discepoli, lascia che uno di loro se ne stia dolcemente " inclinato sul suo petto"; non un discepolo a caso, ma proprio " quello che Gesù amava" ( Giov. 13, 23 ). Il che è come dire: in tale profluvio d'amore verso tutti, c'era posto anche per un di più, per un discepolo amato magari non più degli altri, ma in modo speciale, particolare, differente. Giusto con tutti e amorevole con tutti, Gesù non amava però in modo equanime e disinteressato, distaccato come il Buddha. Amava invece in modo appassionato, fino ai singhiozzi. Come quando egli si trova di fronte alla morte dell'amico Lazzaro: " Gesù pianse" ( Giov. 11, 35 ). Questo, che è il versetto più breve di tutta la Scrittura, ci mostra Gesù in lacrime per un altro amico, da lui amato in special modo. Il Buddha invece non piange, non si sarebbe mai sciolto in singhiozzi. Un vero maestro della lievità ha sì compassione per il pianto altrui, ma non piange con chi sta piangendo: sa consolare, ma il suo cuore rimane lieve, vuoto, imperturbato. (...)
Giampiero Comolli da La malinconia meravigliosa ( I discorsi di commiato del Buddha e di Gesù )
(...) Ha una cattiva fama, è vero, eppure la rabbia ha anche una sua utilità. E per quanto riguarda le donne? Sono in molte a temere la rabbia - quella degli altri - ma anche la propria. Non amano provare irritazione, collera, né avvertirla negli altri. Si vergognano della propria rabbia o addirittura la disprezzano. Alcune non vi hanno accesso, non la avvertono ( o non vogliono avvertirla ), né si rendono conto delle ripercussioni fisiche provocate dalla rabbia repressa. Altre donne - al contrario - stizzite e arrabbiate lo sono spesso, a volte anche troppo, ma non sanno esprimere tali emozioni in modo adeguato, pertanto le reprimono o cercano di attenuarle. Come conseguenza, la collera esce allo scoperto nel momento meno adatto e a volte in modo troppo impulsivo, o con toni troppo accesi. Ecco allora che vengono subito definite bisbetiche, isteriche o melodrammatiche. Non stupisce - pertanto - che molte donne non amino la propria rabbia. A quanto pare, si tratta di un'emozione considerata " poco femminile". Per fortuna ci sono anche donne che pensano: io la mia rabbia la apprezzo, ne ho bisogno per difendermi, per far valere me stessa e i valori in cui credo. Raccontano che solo grazie a questa emozione hanno trovato il coraggio di affrontare cambiamenti importanti nella propria vita. La rabbia e l'irritazione - la sua forma più attenuata - ci aiutano a fissare limiti ben definiti e a proteggerci, ma soprattutto queste emozioni ci segnalano che c'è qualcosa che non va, e che certi nostri bisogni importanti non ricevono l'attenzione e il rispetto dovuti. (...)
Almut Schmale - Riedel da La rabbia delle donne
Non è linea il corso di natura
che l'uomo traccia per saldare
desideri di una vita sbriciolati.
Rotto il giocattolo, il bambino batte
i pugni piange voglio il giocattolo
fino a sfinirsi.
Come bolle affogano nel cielo
i sogni che si sporgono troppo.
A te è dato tendere i fili
e asciugare i vestiti.
***
Da quando è nato Pietro, a casa manca tutto:
le borse per il secco, i biscotti a colazione,
la giacca in pulitura, il faretto della sala.
Si fa brina la muffa sulle arance,
sugli scaffali scadono le cose,
anche il frigo spesso è vuoto.
Ma non è che ricomprando tutto
la casa tornerà normale.
***
Un figlio malato è un sogno spaccato
i cocci sul tavolo ovunque.
Il primo errore è volerli riattaccare
evitando di varcare la tragedia.
Il secondo è non capire
che quel vaso mai c'è stato.
***
Eravamo il lievito del pane,
un cucchiaio di odori stropicciati.
Ora guardo a ponente, primavera
per noi non ci sarà.
Bruciavo di volerti ancora
com'eri. Ora corto
è il fiato, le forchette a parlarsi
sole nella bonaccia del pranzo.
Lascio il timone, conto alla rovescia.
Come afferrano l'alba le labbra
cucite, le gemme innevate?
***
COSE DA DIRE A PIETRO
Poche strade sono diritte, spesso solo dentro noi.
Guarda sempre l'orizzonte, ad ogni curva cambierà.
Coltiva l'attenzione, metti nello zaino solo quello che ti serve.
Lungo la salita pensa al libro vetta.
Trova il tuo passo, importante è arrivare.
Dopo la salita, goditi la discesa senza fretta.
Vincere non insegna nulla. Devi prendere per conoscerti, però non troppo.
Aggiusta i pezzi con coraggio, è la vita che ti è data.
Non temere di cadere, qualcuno ti raccoglierà.
Dopo il temporale l'aria si pulisce.
Ridi, che la vita è una.
Roberto Cescon da Silloge inedita
PROSPETTIVE
Del futuro non parliamo mai:
vogliamo evitare la sofferenza
di non sentirci uniti per sempre,
di morire sotto il fuoco amico
dei diversi desideri altrui:
vivere esistenze separate
sopprimere l'istinto naturale
a corpo morto attendere la domenica.
Siamo vuoti a perdere
senza gli utopistici
progetti di vita,
tipo un giorno essere
finalmente felici.
***
BOCCONE AMARO
Non mi piace mangiare con gli estranei
e nemmeno parlare, condividere
le chiacchiere, doversi mostrare affabili
sorridendosi a vicenda di continuo
per far più vere le parole tra noi,
gli sguardi complici quando a turno
ci si dimostra a proprio agio con la vita.
Ogni volta mi sento fuori fase,
un animale selvatico
che non riesce a vedere altro
se non lo spazio incolmabile
che ci divide, la fatica
che ci vuole per apparire umani.
Francesca Donazzan da Quadernario ( Almanacco di poesia contemporanea )
La poesia brucia la misura per dirsi addio...
Ho imparato dalle figure smunte
che le ossa hanno l'armonia dignitosa
quasi di un ventaglio
briciole d'avorio che congiungono
la carne a ciò che pensa.
Ho capito
che in una mano non ci sta neanche la malizia dei nervi
né piccoli inverni o indecifrabili artifici
che permettono di leggere l'acqua del lago
non sempre amato
ma dove un rapido canto s'è conquistato l'eco.
***
Sparo su di uno straccio usato
sull'esistenza scaltra dei rimorsi
sono come la luna condannato
a stare in alto per colpa dei poeti
piloti senza viaggio o latitanti.
Prendo in ostaggio i raggi
- di sole ora si parla -
reliquie di luce clandestina
da lì sparo sulle ombre meridiane
sui feudi di catrame delle fiabe
vado in verso e uccido io per voi.
***
Dondolo aggrappato alla bestia
con gli occhi sui nidi dove
rattrappiti volatili chiedono carne;
una lingua di vacca sostituisce la luna
alcune gocce di sangue
provano a contrastare il riflusso
di onde senza colore.
Un porco sgozzato mi intima:
parola d'ordine!
***
Qualcuno si chiede se io ami
se durante il giorno cerco
o risolvo, se almeno vedo.
Quando guardano le mie labbra
o le mie mani
e più maliziosamente giù, fra le cosce
sento sul corpo le domande
che mi attraversano
come una forca farebbe con la paglia.
Se faccio sanguinare il vento
se trasformo le foglie fredde
in involtini di carne,
se i cavalli bianchi del mio rinascimento
sono esposti sul bancone di una macelleria,
non rinuncio alla mia umanità come voi
del resto.
***
Muso contro muso
si scambiano le lingue
ciascuna lecca il suo sorriso
le bestie gravide
sono tutto il resto del corpo
di rupe e di vetro.
***
Simile alla carta
insorgi agli occhi fino a farti cenere
poi chiudi la finestra
prima che i sedativi imparino la notte
la poesia come la rivoluzione non è mai amorosa
brucia la misura per dirsi addio
eppure non manca lo stupore al frastuono del verso
c'è un sottosuolo di voragine e firmamenti
nella cantafera della ghiaia sulla tomba.
Ivano Ferrari da Macello e Rosso epistassi
Ferrari si è sempre tenuto a grande distanza da ogni concessione minima al sentimentalismo, preferendo il paradosso e la contraddizione. Il male che serve al bene. L' apparente grevità - mescolata alla grazia e all'intuizione - implode in un timbro lirico che fuoriesce - gravido - in molti versi. D' altra parte il poeta ha sempre vissuto " contro ", distante da gruppi letterari, distante da lavori patinati e intellettuali, ma pago in prima persona del suo rapporto con la poesia, che è faccenda da consumare ( soprattutto ) in solitudine.
Questo - appunto - riesce a fare la poesia : purezza del timbro e semplicità del canto; questo ci investe nella lettura del suo " degrado". E dato che la nostra vita non è certo armoniosa e tanto meno glorificante, Ferrari ci fornisce le" visioni" della presa di coscienza, senza filtri storicistici e senza dogmi : ci dice insomma che abbiamo poco tempo per darci delle risposte. Ci induce dunque a vivere.
Ho scelto la casa al mare
perché c'è il mare
ma non pensavo alla sabbia.
Mi entra dalle finestre
si deposita sul mobilio
un immobile sudario
e sulle rughe ogni giorno
più fitte e la notte
entrano spifferi mi fanno
invecchiare più in fretta.
***
Nella mia casa c'è un bagno
che è quello grande e c'è una vasca
di quelle larghe da comodo suicidio
ma quando accade il male scelgo
il bagno piccolo che è in fondo un po' nascosto
mi chiudo a chiave aspetto aspetto
aspetto
che passi.
***
Un luogo che sia mio
mi imponga un legame
mi tenga stretta ai divani.
***
Se si potesse mangiare di spalle
schiena contro schiena
e con le mani! Invece quando è in casa
vuole una cena vera la tovaglia
i piatti i tovaglioli di stoffa.
E io che sono goffa
mi sento venire meno le posate
mangio a rate, distratta,
seduta di sbieco pronta a scappare.
***
A volte lavo i piatti per ore
per non voltarmi vedere
quella crepa sul tavolo : e se
iniziasse ad aprirsi spaccasse
tutta la casa e io ci cadessi
dentro e morissi e non restasse
niente di niente?
La notte sogno spesso un fiume nero
che mi porta via.
Giulia Rusconi da Distanze
Nel silenzio tutto è fragile, di vetro..
NON DEDICARMI TROPPO TEMPO
Non dedicarmi troppo tempo,
non pormi troppe domande.
Non sfiorare la mia mano
coi tuoi occhi buoni, fedeli.
Non seguirmi in primavera
lungo le pozzanghere.
Lo so: una volta ancora, nulla
verrà fuori da questo incontro.
Forse pensi: è per superbia
che non mi vuole amico.
Non la superbia, ma l'amarezza
tiene così alta la mia testa.
***
NON POSSO GRIDARE
Non posso gridare. Non posso chiamarti.
Nel silenzio tutto è fragile, di vetro.
La testa reclinata sulla leva
anche il telefono dorme.
Attraversando la città addormentata
voglio arrivare a un vicolo bianco,
voglio accostarmi alla tua finestra
in gran silenzio e teneramente.
Nasconderò nelle mie mani l'eco
del sonoro disgelo delle strade.
Spegnerò le fiammelle dei lampioni
perché non si sveglino i tuoi occhi.
Ordinerò alla primavera
di soffocare le sue voci notturne.
Allora, sei così tu quando dormi?
Le tue mani hanno perso vita,
la stanchezza furtiva si è annidata
nel folto delle rughe, intorno agli occhi.
Domani voglio baciarli a lungo, a lungo
perché non ne resti il ricordo.
Veglierò il tuo sonno fino all'alba,
andrò via col vento fresco del mattino,
dimenticando le mie orme sulla neve
tra le foglie dell'anno passato.
***
TENEREZZA
E' così tangibile questa mia tenerezza
così piena di allusioni concrete
che talvolta acquista forma e peso
e prende corpo in un oggetto.
D'un tratto, su un angolo del tavolo,
si trasformerà in un vaso antico,
e tu ti chinerai meravigliato
ad osservarne gli arabeschi.
Sussulterà stupita la tua casa
e tutti cadranno dalle nuvole.
- Da dove viene questo vaso? -
chiederai accigliato a tua moglie.
- E l' antiquario che prezzo ha chiesto ? -
Ti prego, non rimproverarla.
Sono soltanto io che rido e piango,
io che vivo da te così lontana.
Sono le mie lacrime di vetro
così pesanti nel cadere a terra
che risuonano come grosse schegge
di bicchieri rotti nel silenzio.
E' perché non posso mai vederti,
oppure solo a tratti, di sfuggita,
che io compio - invisibile al tuo sguardo -
i miei incantesimi innocenti.
Improvvisamente, come sulle cime dei monti,
ti avvolgerò una nuvola.
Urlerai - Ma insomma, non c'è pace!
Da dove è uscita questa nuvola?-
Su, non essere superstizioso,
non fare scongiuri come le donnette:
sono i cristalli della mia tenerezza
che si sono posati sul tuo capo.
Sono io che, scioccamente e con dolcezza,
sola - in disparte - uso la magia
per creare piccole follie
che ti facciano pensare a me.
Ma come fanno le persone buone,
giocando con le mie magiche virtù,
io ti proteggo da tutte le sventure
e così io alleggerisco il mio dolore.
Adesso addio! E Lavora!
Il mio scherzo verrà dimenticato.
Ma sono sicura di restare nelle fiabe
che un giorno racconterai ai tuoi bambini.
***
E IN ULTIMO TI DIRO' : ADDIO !
E in ultimo ti dirò - Addio,
e non promettermi amore.
Perderò la ragione, o troverò
la sublime serenità della follia.
Come mi hai amata? Pregustando
l'offesa della fine. Ma non è questo...
Come mi hai amata? Offendendo i principi
dell'amore. Ma in modo così goffo...
Crudeltà del fallimento: io
non ti perdono. Vivo, cammino,
vedo il bianco mondo
ma il corpo mio è deserto.
La mente vorrebbe ancora un piccolo
lavoro. Ma sono deboli le mani.
E uno sciame di odori e di sapori
in volo sghembo si allontana da me.
Bella Achmadulina da Tenerezze e altri addii
SILENZIO
1
Nell'invisibile bagliore
di polverizzata malinconia
conosco l'inutilità come i poveri l'ultimo vestito
e i vecchi mobili
e so che questa inutilità
al paese è necessaria e me la chiede
fidata come un patto segreto:
tacere come la vita
per tutta la mia vita.
2
Il tacere è un tributo, ma il silenzio è per me.
3
Abituarsi a tale silenzio
come il cuore in azione non si sente
come anche la vita
come anche qualche suo posto
e in questo io sono - come la Poesia è
e io so
che il mio lavoro è arduo e solo per se stesso
come nel cimitero della città
l'insonnia del guardiano.
***
DA 28 VARIAZIONI SU CANTI POPOLARI CIURVASCI *
XVIII
Io canto, ed è come se tra le lacrime
qualcosa balenasse nel fuoco del tramonto -
io che vado nel vecchio campo
col mio cavallo.
***
XIX
E nella nebbia
la verde quercia
non ha niente più forte di un ramo
per stormire.
***
XX
Queste mani e questa terra
resteranno morte in terra straniera,
il fumo della locomotiva ci colpisce la faccia :
non perderà la memoria una volta per sempre.
***
XXI
E a un tratto - quiete, come se
io, per questo, fossi solo al mondo,
e la tormenta fuori, la tormenta nell'orto,
la tormenta nei campi.
***
XXII
E il giorno s'è quietato, come se
qualcosa fosse morto in esso,
e la volpe dorme ai piedi del monte
coperta dalla rossa coda.
Gennadij Ajgi
* La Ciurvascia è una Repubblica russa e la lingua ciurvascia è un idioma turco parlato in Russia.
Il poeta Ajgi è una figura controversa : scrivendo come tra il sonno e la veglia, egli creò una poesia piena di silenzi, che suggerisce visioni, ansietà e gioie e che può essere diversamente interpretata. La sua poetica è pacata e semplice, rifiuta la ricchezza del lessico e la retorica di alcuni suoi contemporanei. Inoltre è intensamente orale : il pubblico era affascinato dalla sua potente dizione. E' il poeta del silenzio e della luce. Una delle sue raccolte porta un'epigrafe attribuita a Platone : " La notte è il tempo migliore per credere nella luce ".
L' opera di Camille Sant- Saens ( 1835 - 1921 ),si pone a cavallo di due secoli; di lui sappiamo che - ai suoi suoi tempi, fu considerato un conservatore e che, ai primi del Novecento disapprovò apertamente diverse tendenze che si andavano diffondendo in Francia e in Germania. Ma, nello stesso tempo possiamo osservare che egli fu anche un innovatore e che i musicisti francesi della successiva generazione e ( che non potevano certo essere definiti " conservatori " ) furono suoi discepoli e trassero da lui importanti ispirazioni.
Precoce ingegno musicale, a tredici anni fu ammesso al Conservatorio di Parigi, formandosi come organista e pianista. Fu compagno di studi - tra gli altri - di Franck e Bizet. Nel 1853 fondò anche la Scuola di Musica Classica e Religiosa allo scopo di formare organisti per le chiese di Francia. Sebbene Saint- Saens venisse etichettato come " conservatore ", si adoperò per far conoscere ed apprezzare musicisti innovatori come Schumann, Liszt e Wagner; in particolare si mise alla scuola di Lizst che conobbe personalmente e da cui fu molto apprezzato. La produzione artistica di Saint- Saens è vastissima e si estende ai più diversi generi: concerti, sinfonie,opere, poemi sinfonici, sonate, musica da camera. Negli ultimi anni, egli espresse esplicitamente la sua disapprovazione per le tendenze più eversive della musica di allora, richiamando alla necessità di rifarsi sempre ai fondamenti melodici e armonici della musica : in particolare, i suoi giudizi severi su autori quali Debussy, Stravinsky e Schonberg, gli attirarono l'accusa di eccessivo consevatorismo.
Il suo più celebre poema sinfonico è la " Danse macabre" del 1874, cioè una danza di scheletri in cui ha un ruolo importante lo xilofono, che vorrebbe evocare la percussione delle ossa nella danza dei morti. L'orchestrazione dell'opera rivela una grande maestria, e la composizione è stata in tempi più recenti molto rivalutata per la festa di Halloween.
frida
Insegnami l'arte dei piccoli passi...
LA SPERANZA
La speranza è un essere piumato
che si posa sull'anima;
canta melodie senza parole e non finisce mai.
La brezza ne diffonde l'armonia
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l'uccellino
che ha consolato tanti.
L'ho ascoltato nella terra più fredda
e sui più strani muri.
Eppure, neanche nella necessità
ha chiesto mai una briciola a me.
( Emily Dickinson )
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INSEGNAMI L'ARTE DEI PICCOLI PASSI
Non ti chiedo né miracoli né visioni
ma solo la forza necessaria per questo giorno!
Rendimi attento e inventivo per scegliere
al momento giusto
le conoscenze e le esperienze
che mi toccano particolarmente.
Rendi più consapevoli le mie scelte
nell'uso del mio tempo.
Donami di capire ciò che è essenziale
e ciò che è soltanto secondario.
Io ti chiedo la forza, l'autocontrollo e la misura:
che non mi lasci - semplicemente -
portare dalla vita,
ma organizzi con sapienza
lo svolgimento della giornata.
Aiutami a far fronte
- il meglio possibile -
all'immediato
e a riconoscere l'ora presente
come la più importante.
Dammi di riconoscere
con lucidità
che le difficoltà e i fallimenti
che accompagnano la vita
sono occasioni di crescita e maturazione.
Fa' di me un uomo capace di raggiungere
coloro che hanno perso la speranza.
E dammi non quello che io desidero
ma solo ciò di cui ho veramente bisogno.
Signore, insegnami l'arte dei piccoli passi.
( Antoine de Saint - Exupéry )
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HO DETTO ALLA MIA ANIMA DI ASPETTARE
Ho detto alla mia anima di stare ferma, e di stare ad aspettare senza sperare.
Perché sperare sarebbe sperare la cosa sbagliata:
di stare ad aspettare senza amore.
Perché l' amore sarebbe amore per la cosa sbagliata;
ma resta ancora la fede.
Ma fede e amore e speranza sono tutte nell'attesa.
Aspetta senza pensare, perché non sei pronto per pensare.
E allora l'oscurità sarà luce e l'immobilità sarà danza.
( T. S. Eliot )
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VOGLIO, AVRO'
Voglio, avrò -
se non qui,
in un altro luogo che ancora non so.
Niente ho perduto:
tutto sarò.
( Fernando Pessoa )
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IO LI CONOSCO I DOMANI CHE NON ARRIVANO MAI
Io li conosco i domani che non arrivano mai.
Conosco la stanza stretta
e la luce che manca da cercare dentro.
Io li conosco i giorni che passano uguali
fatti di sonno e di dolore- sonno
per dimenticare il dolore.
Conosco la paura di quei domani lontani
che sembra il binocolo non basti.
Ma questi giorni sono quelli per ricordare
le cose belle fatte
le fortune vissute
i sorrisi scambiati
che valgono baci e abbracci.
Questi sono i giorni per ricordare
per correggere e giocare.
Sì, giocare a immaginare domani
perché il domani - quello col sole vero - arriva
e dovremo immaginarlo migliore
per costruirlo.
Perché domani non dovremo ricostruire
ma costruire e - costruendo - sognare.
Perché rinascere vuol dire costruire
insieme uno per uno.
Adesso però state a casa pensando a domani
e costruire è bellissimo,
il gioco più bello.
Cominciamo...
( Enzo Bosso )
Qui se piove non saltano fuori le lumache...
BRERA
A Milano sospeso sulla vergine
c'è un uovo - intorno
stanno tutti in silenzio
per non romperlo.
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MONTENAPOLEONE
Che pena che dev'essere ogni giorno
vestirsi da qualcosa - portarsi in giro
le penne del pavone senza nemmeno
il premio dell'orgoglio.
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LORETO
Mi dicono che qui c'è stato un crimine
di piazza - ora invece grazie alla tecnologia
sottoterra ha aperto un enorme negozio
di gastronomia - ci calano dall'alto
prosciutti formaggi lasagne surgelate
quintali e quintali di derrate - prima però
nel ventre la piazza nascondeva
una smisurata macelleria - vanto
dei commercianti - sfilavano maiali
scannati, batterie di tacchini,
quarti di bue, di sopra intanto
la piazza continuava la sua perfetta vita
circolare - gente macchine autobus
la città - si sa - che gran caos
che traffico
quale violenza.
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PALMANOVA
Qui se piove non saltano fuori
le lumache - non c'è terra che odori
dopo l'acqua - al massimo un'aiuola
spartitraffico con dentro seduto un albanese
che finge una gamba con qualcosa
- da dentro le automobili comunque
non è tanto facile vedere.
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VIA ANDREA COSTA
In questa strada così avara e sempre uguale
con stagioni così prossime
a un'immagine muta, ininterrotta
in quest'erta indigenza spirituale - auto case
semafori - ho imparato l'alfabeto essenziale
dell'esistere - quel dire limpidissimo
sempre prossimo al rischio,
alla scomparsa.
Giovanna Zoboli da A Milano nessuno è milanese