mercoledì 10 maggio 2017

L'AMORE ANDALUSO ( Garcia Lorca ) 2



(...) Lorca ebbe fin da giovanissimo un'ossessione :il presentimento
      della morte. Ne parla di continuo, non c'è componimento 
      poetico in cui quell'immagine e quella parola non compaiano.
      Una delle fascinazioni della sua poesia è proprio nel binomio
      vita-morte, anzi morte- vita. Aveva capito che la morte è un 
      atto di vita perché dà senso alla vita e ne guida l'intero
      percorso.
      Noi commettiamo spesso l'errore di non cogliere il significato
      di questo percorso che ha una direzione esattamente inversa
      alla scansione degli orologi. Il senso della vita comincia dalla
      fine e risale verso l'inizio. Federico Garcia l'aveva capito ed è
      quello il fascino delle sue canzoni.
      Un altro fascino è la colorazione del linguaggio: non è un
      poeta che scriva in bianco e nero, scrive con tutti i colori dell'
      arcobaleno : "Verde que te quiero verde", i gigli e le rose, il
      nero delle mantiglie, il rosso del sangue, il viola della cancrena
      l'indaco della malinconia.
      La sua poesia è tutta di cose e di persone. Di baci, di seni, di
      cosce di donna, di torso di maschi, ma anche di passeri, di
      pioppi, di aghi di pino, di sole e di neve. E di caproni, di vacche
      mansuete e di tori irruenti. Il nero toro di Spagna è un
      richiamo costante, icona di un popolo di contadini e di toreri,
      di gitani, di spade e di banderillas.
      Qualcuno dei suoi critici ha scritto che la sua identificazione
      fra gitani e Andalusia è sbagliata. Non credo affatto che sia
      sbagliata: è poetica. Coglie la doppia radice del contadino di
      tutti i luoghi e di tutti i tempi: è fiero, il contadino, geloso,
      geloso, ospitale, silenzioso, triste, un po' idalgo e un po'
      bandito. Le varie andalusie erano ai suoi tempi ancora terra
      contadina, come le andalusie di tutto il mondo. Ora sono terre
      di mercanti e impiegati di Stato, i loro dialetti si sono
      imbastarditi. Un tempo nel Sud dei Paesi Latini la parlata
      dialettale era scandita in esametri.
      I gitani di Lorca hanno sangue zingaro, arabo, sefardita e
      spagnolo; discendono dai cavalieri palatini di Roncisvalle e
      dai cavalieri berberi di Cordova. La sintesi di questa mistura
      è il maschio dominatore e la femmina che lo contrasta con le
      movenze del ballo flamenco, tacchi che ritmano l'orgoglio di
      Spagna e visi alteri che rifiutano sudditanze amorose.  (...)


         Eugenio  Scalfari  da    Scuote l'anima mia Eros
     

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