martedì 30 maggio 2017
SAPER BADARE A SE STESSI 2
(...) E l'uso costante del telefonino?Aumenta o diminuisce la
solitudine? Si tratta di uno strumento per acquisire autonomia
o ci insegna ancora di più la dipendenza dal suo squillo, il
bisogno di essere necessariamente collegati e in tanti?
Qualcuno ha probabilmente visto il film Hello Denise, in cui
si spiava la vita dei primi utilizzatori delle chat. La
protagonista è una ragazza che trovava ogni genere di scusa
per non uscire di casa. Tutta la sua giornata si svolge
attraverso telefonate e incontri via Internet, come se la vita
virtuale le rendesse possibile fare ciò che teme nella vita reale
Nel film c'è anche un'erotica scena di sesso - inesorabilmente
per telefonino-
perché tutto viene fatto senza che l'altro sia
fisicamente presente, ma non per questo da soli. All'epoca mi
era sembrato un film sulla solitudine e sul tentativo di
superarla, esorcizzandola nello stare comunque soli. Oggi
appare piuttosto come una modalità di relazione scelta da
molti giovanissimi. Un altro film sull'uso della realtà virtuale
è Thomas in Love, in cui un ragazzo agarofobico, chiuso in
casa e timoroso dell'esterno, appassionato frequentatore di
Internet e molto interessato al sesso ( virtuale ), si innamora
e cambia totalmente il proprio modo di comportarsi.
Le riviste sono piene di riflessioni sul senso di solitudine
imperante in questo secolo. La percezione di spaesamento e di
isolamento ha probabilmente a che vedere con la perdita dell'
illusione del futuro, e nasce dalla confusione tra distanza
( modalità della presenza ) e solitudine ( stato d'animo dovuto
alla mancanza ). Robert Thurman, professore di religioni
antiche, ha dichiarato in una conferenza:" L' Occidente è
- al momento - il miglior punto di partenza per raggiungere
l'illuminazione. Mai, in nessuna parte del mondo, l'uomo è
stato così vicino al Nirvana come lo è oggi in America. Qui
si capisce bene il senso del vuoto, del nulla perché qui noi
viviamo già nel nulla. Siamo nulla, le nostre relazioni umane
sono nulla e prendiamo chiunque altro per nulla.
" Hello, Gim, hello Jhon ! ". Certo, siamo calorosissimi nel
salutarci, ma in verità non ci importa assolutamente nulla
dell'altro: è come se ci vedessimo questa sola volta e poi mai
più. Ma se solo sapessimo che siamo sempre stati assieme e
che siamo destinati a stare insieme per l'eternità!
Ogni vita - la mia e quella di un albero - è parte di un tutto
dalle mille forme che è la vita". (...)
Umberta Telfener da Le forme dell'addio
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Testo interessante anche questo. Ma non condivido appieno le affermazioni del professore di religioni antiche. Che ci sia del "vuoto" in Occidente, d'accordo. Che sia la base di una illuminazione per giungere al Nirvana, o ad una forma di felicità: ho i miei dubbi. Se non riusciamo a lasciare e mettere da parte, se non addirittura dimenticare del tutto, le nostre abitudini (difficilissimo) non può esserci nessun cammino verso illuminazione. Bisogna essere vuoti, certo, ma bisogna sapersi spogliare di tutto. Se vogliamo riempire il nostro niente con il tutto.
RispondiEliminaSono d'accordo sulle tue perplessità : il " vuoto" del Nirvana credo che non sia da intendere come apoteosi del Nulla e mancanza di ogni cognizione e di ogni valore . Sarebbe troppo semplicistico.Penso che per i cultori delle religioni orientali, il Nirvana abbia un significato molto profondo , ma soprattutto che sia una conquista e non un azzeramento. Se fosse una sorta di " tabula rasa" di ogni pensiero, della ricerca filosofica e spirituale e di ogni conquista operata dalla Civiltà, a buon diritto potremmo ritenerci più che fortunati!
RispondiEliminaInfatti, mai come in questo periodo storico si sta verificando una sorta di imbarbarimento della vita ( che non va di pari passo con le conquiste delle tecnologia ). Ma così non è. Diverso è - come sottolinei tu - spogliarsi volutamente di tutto per arrivare all' Essenza ( di se stessi, del senso della Vita e del divino ). Grazie del tuo intervento chiarificatore.