domenica 2 dicembre 2018
ALLA FINE DELLA VITA ( Morire in Italia ) 3
(…) Secondo Arles, il diffondersi di questa menzogna dettata dall'
amore" inizia nella seconda metà dell' Ottocento ed è legata ai
mutamenti della famiglia occidentale, all'affermarsi al suo
interno di relazioni calde e affettuose, che rendono sempre più
difficile arrecare dolore ad un proprio componente malato.
Quante volte abbiamo sentito dire da un coniuge o da un altro
parente " Ho almeno la soddisfazione che non si è accorto di
morire". Essa è dovuta però anche ai progressi della medicina,
e non tanto per le conquiste che ha fatto , ma perché" ha
sostituito, nella coscienza dell'uomo colpito, la morte con la
malattia".
Una spiegazione diversa dalla congiura del silenzio è stata
fornita da Norbert Elias.Nella società moderna - ha osservato-
si prova imbarazzo di fronte al moribondo e non si sa che dire
o che fare. Non si riesce a rivolgergli la parola o a stringergli
la mano. Per lui questa è un'esperienza amarissima: ancora
vivo, si sente del tutto abbandonato. Questo silenzio, questo
imbarazzo sono una delle tante conseguenze del processo di
civilizzazione che per secoli ha interessato i paesi occidentali.
Nel Medioevo, gli impulsi e le emozioni erano espressi in modo
libero, diretto, scoperto. L' Europa era popolata allora da
" individui selvaggi ", facili prede delle passioni, che passavano
rapidamente da uno stato d'animo ad uno opposto, da
incredibili esplosioni di allegria ad irresistibili manifestazioni
di dolore. Nei secoli seguenti, gli Europei hanno a poco a poco
abbandonato la spontaneità e l'irruenza e hanno imparato a
dominare se stessi, a controllare le proprie emozioni. Questo
processo di civilizzazione ha innalzato la nostra soglia della
vergogna, ha prodotto un grado elevato di riservatezza
spontanea,cosicché mentre un tempo si parlava con franchezza
della morte, oggi non riusciamo più a farlo. (…)
Marzio Barbagli da Alla fine della vita ( Morire in Italia )
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Più che di imbarazzo parlerei di paura, i familiari, che informati prima (anziché dopo come sarebbe più naturale) soffrono per quella realtà troppo dolorosa, per andare avanti, entrare nella stanza e relazionarsi col malato, mentono, credendo di sollevarlo da quel dolore, quando in realtà sono terrorizzati dall'affrontare, oltre al proprio, anche il dolore e tutte le emozioni in gioco del morente, così iniziano la congiura del silenzio e la "commedia", dove tutti svolgono un ruolo: negare la realtà. Spesso i malati fanno altrettanto, affrontando in solitudine dolore ed emozioni, per non far soffrire i propri cari. Non si può generalizzare, ogni situazione, ogni persona malata affronta le cose diversamente, c'è chi non vuole sapere e nega anche l'evidenza, chi vuole sapere tutto ed essere protagonista fino alla fine, chi capisce da solo (perché IL CORPO PARLA CHIARO E NON MENTE, e solo lui può sapere come si sente davvero!) e vorrebbe parlarne, ci prova anche, ma trovando muri nei familiari rinuncia e vive in totale spaventosa solitudine il morire, il deperimento fisico ecc... Io sono per la verità, se il paziente vuole sapere, perché nessuno merita di morire solo, non parlo solo fisicamente ma emotivamente. Comunque prima di arrogarci il diritto di decidere per i malati, almeno prima chiediamo loro cosa vogliono, perché le loro emozioni, il loro dolore, la loro vita, la loro morte, almeno in quel momento, viene prima di noi, noi abbiamo paura delle loro reazioni, presumiamo non ce la possano fare, ma è più probabile che siano solo nostre proiezioni
RispondiEliminaHai già detto - e compiutamente - tutto quello che c'era da dire in proposito.
RispondiEliminaSottoscrivo e ringrazio per il dialogo ( molto personale ) su un argomento così delicato.