Foto di Marcel Proust sul letto di morte
(..) Non penso certo che l'insorgere di una malattia neoplastica opl
possa essere riconducibile a fattori psichici ( come accade ancora di leggere in qualche presuntuoso scritto di
impostazione psicosomatica ), né considero le neoplasie alla
stregua di malattie incurabili e fatali. Temo però che alcuni
degli argomenti usati da Sontag per de - psicologizzare la
malattia - nella convinzione che questa possa essere guardata
in modo puramente " oggettivo", possano rivelarsi dei
boomerang. Con l'acqua sporca della spiegazione psicologica,
Sontag getta via il bambino dell' " implicazione psicologica"
della malattia, la necessità di comprenderla nel confronto con
la mortalità e il limite, sciagurata occasione di conoscenza di
sé e possibile paesaggio, - passaggio - trasformativo.
All'appuntamento con la malattia, non tutti arriviamo tenuti per
mano dalla razionalità dell'evidenza scientifica e dalla laicità
di un pensiero non metaforico. Non si tratta- come direbbe
Sontag - di separare materia e spirito, ma di capire che, oltre
alla malattia ,c'è il malato con la sua storia personale e sociale,
le sue metafore e rappresentazioni. E se non è dal malato che
dipende l'esito della malattia( la famosa " volontà di guarire " ),
da lui possono dipendere il percorso,la narrazione e l'esperienza
E' l'inevitabile confronto soggettivo tra l'umano e le sue malattie
Ammalarsi è un fatto che mette in azione il nostro sistema di
difese psichiche, non solo immunitarie. Chiama in causa la
nostra personalità e le nostre conoscenze, il nostro sviluppo
psichico e il nostro sistema cognitivo. Non si tratta di sposare il
paradosso che fa scrivere a Kafka :"Nella malattia rivelo tutto il
mio essere. Nella malattia mi sviluppo, cresco come un fiore,
trovo la mia vera vita ". Né significa metaforizzare la malattia
idealizzandola fino ad affermare con T.Mann che "nella malattia
consiste la dignità dell'uomo " o addirittura " la sua nobiltà " e
che, in poche parole " l'uomo è tanto più uomo quanto più è
malato ". (…)
Vittorio Lingiardi da Diagnosi e destino
Devo dire subito - per onestà intellettuale e morale - che non sono d'accordo con l'autore quando afferma che - nella genesi di una malattia neoplastica - siano categoricamente da escludere elementi ( almeno scatenati ) di origine psichica ( " come affermano presuntuosamente esponenti della corrente psicosomatica " dice ).
RispondiEliminaPer esperienza ( purtroppo ! ) personale nonché di vita, posso affermare esattamente il contrario.
Con questo non voglio assolutamente affermare che nell'insorgenza del cancro siano da ricercare ogni volta fattori psichici ( oltretutto l'eziologia di questa malattia non è definita nella sua vastità e complessità di cause ), ma neppure che si debbano escludere.
Sarà fuori moda dire che " si può morire di crepacuore " per un dolore devastante da cui si viene colpiti( o per un lutto non elaborato ), e allo stesso modo io mi sento di affermare che ci si può ( anche ) ammalare di cancro per la stessa ragione.
Concordo con te, in tal senso consiglio la lettura del libro di Bernie S.Siegel "Amore, medicina e miracoli" che riprende e analizza diversi casi di pazienti oncologici, alcuni con stesse patologie, che rispondono in modo diverso influenzati dal proprio stato emotivo e volontà di guarire. Non sono d'accordo però nell'affermare che, se il paziente è terminale e muore è perché non si è impegnato abbastanza o non ha voluto guarire, cioè nel responsabilizzare il paziente della malattia e della sua evoluzione, pur se lo stato psicologico è importante e viaggia in parallelo con il percorso del malato.
EliminaAggiungo e sottolineo l'aspetto descritto dall'autore, che non si può considerare e curare solo i corpi, o peggio parti di essi, ma le persone nella loro globalità.
Se un paziente con una grave patologia ( nonostante tutte le cure ) muore, non è certo a causa di uno stato emotivo negativo. Tuttavia il desiderio di vivere può fare la differenza ( non per nulla - spesso - alle cure oncologiche si abbinano farmaci anti- depressivi e non a causa di una depressione primaria, ma reattiva allo stato di malattia, per prevenire una rovinosa caduta delle Difese Immunitarie); oppure i pazienti vengono seguiti da una équipe che contempli l'assistenza psicologica. Non ho la casistica per stabilire se ciò avvenga in tutti gli ospedali del Pease ( e ahimè , temo di no ), ma in molti e più avanzati nosocomi ( anche tramite Servizio Sanitario Pubblico ) ciò è di prassi.
RispondiEliminaGrazie per l'intervento.