domenica 2 gennaio 2022

LA SOLITUDINE DI CHAGALL

 


                                                         Marc  Chagall -   Solitudine




(...) Scorrono gli anni, volano i mesi e i giorni. Quanta pioggia è caduta, quanta neve! Ti svegli una mattina, e pare che sia finito un altro anno, ma è soltanto un nuovo giorno, e qua e là è spuntata una nuova ruga sulla schiena, sul soffitto, sulla guancia. Quanta tristezza e quanti sorrisi, aspettative, incontri, speranze! Quando accadrà che io, lasciati da parte i pennelli, mi metterò seduto con la penna in mano a scrivere ancora qualche riga sulla mia vita?. Sono passati quasi cinquant'anni da quando, a Mosca, ho buttato giù in fretta il mio libriccino in nove o dieci quaderni di scuola, ed ecco la domanda: chi sono io? Non sono né Michelangelo, né Mozart, né Haydn o Goya, ma semplicemente un certo Chagall di Vitebesk, e non ho nessuna voglia di imporre agli altri la mia biografia. Non sono pochi e nemici che ho fra la gente; e forse sono io stesso il mio nemico? Certi critici d'arte citano quel mio primo libretto e a quanto pare, forse agli altri tocca fantasticare sul mio conto? Io non vorrei che mi fosse attribuito quel che non ho detto né pensato; e così ho deciso di dire qualche cosa su di me, nel caso che mi trovi ad avere un qualche significato. Forse non dirò tutto. Non mi bastano le forze per pensare a me stesso, quando i miei quadri mi fanno tanto soffrire; non mi  bastano le forze per parlare di me, quando ogni parola è come una lacrima che brucia la pelle. E se queste parole rimanessero per sempre, rimanessero dopo di te, come ombre, queste parole che implorano grazia? Eppure, non c'è stato giorno della mia vita in cui non abbia dubitato di me, del mio lavoro, in cui non abbia ricordato di essere stato l'ultimo della mia classe. Come se camminassi su un ponte d'aria, e gli anni della mia vita, trasparenti come nuvole, si estendessero come una veste luminosa, senza corpo. Vedo la danza di mani e piedi, colgo il suono delle parole, sento l'eco dei secoli, come se qualcuno mi baciasse e mi parlasse della vita che ho vissuto, e sono tutto come un mazzo di rose, un mazzo di marmo, ricoperto dalla rugiada del mattino. Io non vivo alla giornata, ma mi attraversano i venti dell'eternità, i problemi del passato mi passano attraverso. Ogni giorno afferro il pennello, la penna. Quante cose sono accadute in tutti questi anni! Da tempo ho lasciato i miei genitori sulla lontana collinetta della loro tomba; anzi, da tempo la loro tomba non esiste più, come non  c'è più casa mia sulla mia strada. O, forse, sulla Seconda Pokrovskja qualcosa si è conservato? Non ci sono più neppure quei ponti. Ma io continuo a disegnare ancora e ancora nei miei quadri. Quegli anni sono come mazzi abbandonati di fogliame appassito. Le erbe delle speranze, la spazzatura dei litigi e dei dialoghi. Quando vedo qualcuno, mi getto su di lui, lo imploro, vorrei farne il mio angelo custode. Voglio dissolvermi in lui, per diventare un artista - un uomo - migliore, più forte, per piangere meno, per essere meno triste. Così, come queste nubi invernali veleggiano, passano oltre la finestra, così passano gli anni, e io rimango solo, come quella sinfona di Schubert.  (...)




                          Marc  Chagall   da   Memorie




2 commenti:

  1. Beh qualche piccolo frutto lo ha lasciato.
    O no?
    😉

    RispondiElimina
  2. Direi, molti e saporiti frutti.
    Un gran pittore, un gran visionario...( e scrive anche bene! )

    RispondiElimina