lunedì 31 gennaio 2022

IN MEMORIA DI CRISTINA

 



Dal giorno 28 Gennaio 2022 la poeta Cristina Annino non è più tra noi. 

Ci mancherà la sua voce. Che possa riposare in pace.



                                   frida






LA CADUTA DELL' ANGELO


Lui

allora nel vuoto giura, corpo

nel salto, che proprio

questa è l'ultima volta, per

il poco e tanto sonno degli altri, oh,

tempo calvo! Per farne

una firma in calce, non

imitando

più il Padre, i Princìpi, la Norma.




                        Cristina Annino   da     Le perle di Lochness



SONETTI D'AMORE PER KING KONG

 


         Ricreare è la nostra condanna...






Sonetti per Kong Kong venne pubblicato per la prima volta nel 1977 su sollecitazione di Elio Pagliarani ; Diacritica Edizioni lo ripropone a distanza di più  di quarant'anni : nonostante non sia mai stato più ristampato e sia attualmente introvabile, si tratta di uno dei più straordinari libri generazionali.
Come ricorda Carlo Bordini nella scheda finale, " Quando uscì, fece - nel microcosmo della poesia - un'impressione enorme. Quel testo non era soltanto un libro di valore : era uno " spaccato" degli anni '70, con tutta la loro voglia di vivere, con tutta la loro violenza, con tutta la loro trasgressione, con la loro ribellione. Un libro disperato e armonioso, un libro ribelle che esibiva la ribellione. Un libro - in sintesi - che si può scrivere una sola volta ".
Mentre l'autore scrive in una lettera : " E' la rottura degli specchi, dello specchio primordiale, fluttuante ancoraggio, luogo di tutte le identificazioni, di tutte le beanze soggettive. Si potrebbe anche pensare, rifacendosi alla fantasia inesauribile di Deleuze, della rivolta dei burattini rispetto al loro manipolatore, gestore, rappresentante del potere. "








E' IMMOBILE


La polvere si è accumulata.
Una mano sottomessa all'osso
e alle intemperie. Non farmi
male se vieni ad amarmi
stanotte.
Quello sfumare di colori
nel rettangolo di cielo
alla finestra. Il rosso
vicino quanto la stella.
Ma se davvero - come dici -
il pesco fiorisce nei
tuoi inverni, allora
penetrami più forte che puoi.
La notte d' antenne.


***

APPENA ALL'INIZIO

Cara conoscenza caro essere
disvitale caro disamore
plasmi tutta la materia di cui
sono fatto.Caro Kong mio re
e mio suddito. Caro possesso
dove ci si disperde. E' appena
l'inizio di un tempo altro.


***

CHE PROPRIO IO

Mi appiccico a te. Vado
in metamorfosi tra un fuso
e l'altro brani d'eternità
incomprensibili discorsi
chissà che belle
cose si potrebbero.

Non divorarmi. Mangiami con
calma. Rovi del tuo esofago
dove i secoli rifiutati
 occhieggiano come.

Non esiste il cesso
dove potrai liberarti
di me. Non sei sicuro che
proprio io non t' abbia
già vomitato?
mia altra compenetrazione,


***

IN MEMORIA

Nella trasposizione
diventerà monotono
anche il nostro amore.
Ho segnato con una X
le piste della memoria,
ora che il tempo della
scomparsa è arrivato.
Sembra. Annego in
relativo, un enzima all'
occhiello. Un enzima verde.


***

PERCHE'  L'ULTIMO ?

Che cosa rotta. Spezzata la creta.
Ne avremo cura un'altra volta,
badate a che il primo violino
non ci sfugga. Un soffio tra
la guancia e l'occipitale.
Tutti gli universi non possono
bastare. Questo è assiomatico.
Ricreare è la nostra condanna.
Ed è l'ultimo dei sonetti d'amore.





Gino  Scartaghiande  da   Sonetti d'amore per King Kong




domenica 30 gennaio 2022

E SE NON POSSO...

 


                                       Sento il battito del cuore: batte un ritmo frenetico..





E SE NON POSSO


E se non posso, allora voglio

che gli addii mi siano vene aperte,

strappi, strazi, grida, sangue e vita.

Che il dolore mi bruci pelle e occhi

come fossi ancora dentro.




                                         frida



IL RECUPERO DELL'ESSENZIALE



 

                                                 Abbiamo bisogno dello stato di luce...





Lascia che sia il sole

a prendere possesso dei nostri sguardi

abbiamo bisogno dello stato di luce

che avviene all'alba nell'ora più pura.

Tienimi il cuore come un'ampolla

per raccogliere acqua limpida alla sorgente

prestiamoci ancora alla vita nella sua sacralità

è questo l'amore

immergersi uniti nella volontà del tempo

dai polsi alle caviglie in un sogno sempreverde.



                                          ***


Tace l'aria nei giorni estivi

non è tradimento il dolore

che ci ha tenuto fermi

al caldo in un sole che sosta

tra i petali muti delle campanule

con la pena - la mia -

un'attesa che snerva il tempo.

Chissà che cosa mi chiede ancora la vita

forse che io ami più forte il respiro

impugnando le punte del coraggio

che io stringa il presente

e sparpagli luce in abbondanza fra i pensieri:

è nell'incandescenza del silenzio che ci si salva.



                                               ***


Esiste una lingua segreta che si impara

origliando ai piedi dell'erba

sottoterra che una folla di erbe sepolte

rugiade strette che vogliono tornare

sale su per le radici la grammatica dei papaveri

sosta come respiro tra le labbra il sogno di fiorire

il sole varia la sua voce a seconda della luce

cede la parola al silenzio ed è petalo sanguigno

che osa tramonti prima della sera.



                                               ***


Nel silenzio erano nascoste strade infinite

nessuno l'aveva mai toccato con gli occhi

di chi rimane per giorni a guardare con la mente

un passaggio di pollini a terra.

Erano là fuori sciolti anche i nostri ritorni del cuore

quelli che non sapevamo durassero

quanto la salita della luna dentro la notte.

Siamo entrati forse per la prima volta

oltre qualcosa che avevamo dimenticato

un sole improvviso ci ha svegliato

e avvicinato

all'inizio del cielo.



                                           ***


Tornare nei luoghi delle trascorse memorie

ho temuto di non riconoscere più

il posto dove reclamavo stelle nel fieno.

Mi guadagnavo una carezza di sole

mentre provavo a crescere

sotto lo sguardo fiero delle montagne.

Rimbombava giù nel dirupo

l'eco della mia infanzia

come acqua di sorgente tra le rocce.

Avevo l'espressione di chi è capace

di far rivivere le voci assenti

ero presa a raccontare le nevi di ieri.

L' eternità aveva previsto che io conservassi

tutto ciò che si inerpica al cuore.




                     Michela Zanarella   da     Recupero dell'essenziale




sabato 29 gennaio 2022

LETTERE RIVOLUZIONARIE

 


                                                          
                                                         Foto di Beat Generation






LETTERA RIVOLUZIONARIA 1

Ho appena realizzato che la posta in gioco sono io
non ho altro
riscatto, niente da rompere o da barattare, solo la mia vita
il mio spirito misurato a pezzi, sopra
il tavolo della roulette, recupero quello che posso
nient'altro da rifilare sotto il naso del maitre de jeu
niente da mettere fuori alla finestra, nessuna bandiera bianca
questa pelle è tutto quello che ho da offrire per giocare
con l'immediato di questa testa, con quello che le viene, la mia mossa
mentre scivoliamo su questa tavola goban, passando sempre
( speriamo ) tra le righe.


                                                  ***

LETTERA RIVOLUZIONARIA 2

Il valore di una vita individuale un credo che ci hanno insegnato
per incuterci paura anziché " si vive una volta sola"
una nebbia negli occhi, siamo
senza fine come il mare, non separati, muoriamo
milioni di volte al giorno, nasciamo
milioni di volte, ogni respiro vita e morte :
àlzati, mettiti le scarpe, vai
a cominciare, qualcuno finirà.

Tribù
un organismo, una pelle, respira gioia come le stelle
respira il destino su di noi, vai
incamminati, unisci le forze, prenditi cura delle cose, milioni di figli
saranno pronti quando cadrai, crescerai
milioni di volte nelle pance delle tue sorelle.


                                                ***

LETTERA RIVOLUZIONARIA 12

Il vortice della creazione è il vortice della distruzione
il vortice della creazione artistica è il vortice dell' auto distruzione
il vortice della creazione politica è il vortice della distruzione della pelle
la pelle è nel fuoco, si arriccia e si deforma tremendamente,
il grasso è nel fuoco, sgocciola e il suo friggere canta
le ossa sono nel fuoco
si rompono dentro completamente
discreti geroglifici di un oracolo
fiammeggiati a nero
l'odore dei capelli che bruciano
perché ogni rivoluzione deve infine volere la propria distruzione
legata com'è al passato che si prepara a distruggere.


                                                ***

LETTERA RIVOLUZIONARIA 16

Ci stiamo divorando il pianeta, il New York Times
si prende una foresta ogni domenica; Los Angeles
estrae l'acqua dalla valle di Sacramento
i fiumi della British Columbia sono nostri
in affitto per 99 anni

ogni fabbrica è una violazione
del nostro divino diritto alla luce e all'aria
i fiumi puliti che scorrono sono pieni di pesci
alla possibilità stessa di vita
per i nostri figli e i loro figli, dovremo stare
molto attenti, cioè vogliamo / ci serve
veramente
l'elettricità e a quale costo di risorse naturali
di risorse umane
abbiamo bisogno di macchine, quando il petrolio
pompato dalla terra avvelena i campi intorno
per 100 anni, pompato dalle macchine
avvelena le città già in difficoltà, oppure prova
questa statistica, gli Stati Uniti d' America
hanno il 5 % della popolazione mondiale, usano più
del 50 % dei beni mondiali, la nostra spazzatura
è materiale di sopravvivenza per innumerevoli
paesi " sottosviluppati ".


                                                ***

LETTERA RIVOLUZIONARIA 30
( Per quelli che hanno visto la Rivoluzione dell' Estate del '68 )

Ricordati di portare un cappello, se hai un cappello
e infilaci i capelli dentro, se sono lunghi
oppure no, mettiti delle scarpe se nevica e hai le scarpe
ricordati si comprano tutti i leader, sii un leader
se vuoi essere comprato, ricordati
di dire la verità, prima che ti comprano, di' la verità
forte, e i ragazzi ti sentiranno, non sentiranno i tuoi soldi
che piombano sul bancone del vinaio, giorno dopo giorno
non sentiranno i tuoi sogni di tradimenti da incubo e torture
nemmeno la tua mercedes, sentiranno la verità
e ti crederanno e ti onoreranno dopo che morirai, buttato giù
da quella pallottola della CIA che non puoi evitare solo prendendoti i loro soldi
ti crederanno e FARANNO QUELLO CHE DICI
NON QUELLO CHE FAI.



               Diane Di Prima   da    Lettere rivoluzionarie



venerdì 28 gennaio 2022

CON LA STESSA FRANGIA SCURA...

 


                                                                 Cimitero del Verano




Indossavi il caschetto, ho letto

nei giornali, però non ti ha protetto

quando quella putrella di ferro

ti ha colpito nella testa, là,

sotto il carroponte 12648.


Povero Lorenzo, poveri nostri

figli mandati di nuovo

al massacro gratis,

 un secolo dopo, dentro

fabbriche, cantieri, officine,

fra trincee di scaffali,

postazione di macchinari

lungo i reparti, i ponteggi.


Hai la stessa età di mio figlio,

gli stessi occhi bigi, nella foto,

la stessa frangia scura sopra

la fronte ( quella che portate

pettinata in avanti, a tegola,

come per celarvi a questo tempo

cane. Neanche quella

ti ha salvato. Anche mio figlio

ha fatto uno di questi stage

scuola - lavoro ( un mese

intero in magazzino

di logistica, in estate,

tra bancali e muletti,

caldo, camion e grida. Neanche un caffè

 gli hanno offerto, neanche una coca cola ).


E io ora Io urlo, con queste

parole che scrivo prima

del mio turno in uno di questi

luoghi privati dell'anima,

mirando verso uno di questi

posti di sfruttamento;


i soldi che non date

a questi ragazzi, quella mancia

che sarebbe giusto riconoscergli,

che risparmiate per i vostri suv,

le vostre piscine

siano maledetti, maledetto

il vostro dispiacere, adesso - più per le rogne

che vi aspettano che per la

tua giovane vita, Lorenzo -,

sono macchiati di sangue,

puzzano di carogna.


Ora restano le tue cose

sequestrate per l'inchiesta:

la tuta blu da operaio

( della tua scuola, neanche

del padrone - risparmiata

anche quella ), guanti,

scarpe, occhiali. Restano 

i tuoi sogni infranti,

dentro quel capannone,

e un dolore duro, per tutti.




                             Fabio Franzin



Lorenzo Parelli, 18 anni, allievo della 4 meccanica industriale all' Istituto Bearzi di Udine, è morto alle 14.30 del 21 Gennaio 2022, nell'ultimo giorno di stage gratuito, schiacciato da una putrella d'acciaio all'interno della Burimec di Lauzacco di Pavia di Udine.




giovedì 27 gennaio 2022

PER NON DIMENTICARE LA MORTE DEI BAMBINI...

 


                                          27 Gennaio 2022 - Giornata della Memoria




C' è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica

Schulze Monaco

c'è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio di scarpette infantili

a Buchenwald

più in là c'è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald

servivano a far coperte per i soldati

non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas

c'è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la domenica

a Buchenwald

erano di un bimbo di tre anni

forse di tre anni e mezzo

chissà di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni

ma il suo pianto lo possiamo immaginare

si sa come piangono i bambini

anche i suoi piedini

li possiamo immaginare

scarpa numero ventiquattro

per l'eternità

perché i piedini dei bambini morti non crescono

c'è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald

quasi nuove

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.




                                Joice  Lossu



mercoledì 26 gennaio 2022

GLI EPIGRAMMI DI LEONIDA

 


                                                                  Leonida di Taranto





Leonida, nato a Taranto nel IV sec. a. C. e morto intorno al 270- 260. Fu scrittore di epigrammi.

Molti studiosi dell'opera del poeta affermano che Leonida non avesse fede in una vita oltre la morte. Noi sappiamo però che l'immortalità conquistata con la poesia è un sentimento comune a molti poeti, che rivelano così l'ottimismo della loro natura lirica. Il controsenso risulterebbe dalla biografia creativa di Leonida rivolta alla tematica funebre tesa sula frana del tempo concesso all'uomo. Tuttavia, dalla convivenza con la morte, il poeta risale a una scelta serena della vita, che è ancora nell'esperienza del classici.






Infinito fu il tempo, uomo, prima
che tu venissi alla luce, e infinito
sarà quello dell' Ade. E quale parte
di vita qui ti spetta, se non quanto
un punto, o, se c'è, qualcosa più piccola
d'un punto? Così breve la tua vita
e chiusa, e poi non solo non è lieta,
ma assai più triste della morte odiosa.
Con una simile struttura d'ossa,
tenti di sollevarti fra le nubi
nell'aria! Tu vedi, uomo, come tutto
è vano: all'estremo del filo, già
c'è un verme sulla trama non tessuta
dalla spola. Il tuo scheletro è più tetro
di quello d'un ragno. Ma tu, che giorno
dopo giorno cerchi in te stesso, vivi
con lievi pensieri, e ricorda solo
che di paglia sei fatto.


                                                  ***

Chi sei? Di chi sono le ossa
che affiorano dalla cassa socchiusa,
scoperte, sulla via? Contro la lapide,
sulla fossa strisciano di continuo
e pietosamente l'asse e la ruota
del carro dei viandanti.
O infelice, i carri hanno stritolato
ormai pure i tuoi fianchi.
Nessuno verserà per te una lacrima.


                                                 ***

Le mie ossa sono state messe a nudo,
calpestate, o viandante.
La pietra mi è caduta
sulle giunture e già i vermi spiano
da sotto la mia tomba.
 A  che serve ora essere sotterrato?
Eppure per camminare sul mio
cranio avete segnato qui un passaggio
che non c'era. Per gli dei dell'inferno,
per Ade, Ermes, la Notte,
 allontanatevi da questa strada!


                                                         ***


Come la vite al palo,
m'appoggio al mio bastone. Ecco, mi chiama
nell' Ade la morte. Non fare il sordo,
Gorgo! Perché tu avresti caro ancora
di stare al sole per tre o quattro estati?
E detto ciò, semplicemente, il vecchio
gettò via la vita e se ne andò verso
la dimora dei più.


                                                      ***


Qui sta la vecchia ubriacona Maronide,
rovina delle bottiglie di vino.
Sulla sua tomba c'è un calice attico,
simbolo noto a tutti. Si lamenta
anche sottoterra : non per i figli
o il marito lasciato senza nulla.
Piange solo il calice vuoto.


                                              ***

Guarda come barcolla per il vino
il vecchio Anacreonte, piegato sopra
una pietra liscia. Guarda gli occhi avidi,
languidi, mentre tira il mantello
sulle ginocchia. Ubriaco
ha perso un sandalo e nell'altro infila
il piede destro
pieno di rughe. E canta per l'amato
Batillo o per Megisteo
suonando mollemente la sua cetra.
Padre Dionisio, attento
a lui: non mi sembra giusto che un servo
di Bacco cada per colpa di Bacco.




         Leonida di Taranto (   Trad. di S. Quasimodo )



LA " PAROLA " DI QUASIMODO

 


                                                             Pablo Picasso - Il poeta, 1904





PAROLA

Tu che ridi che per sillabe mi scarno

e curvo cieli e colli, azzurra siepe

a me d'intorno, e stormir d'olmi

e voci d'acque tiepide,

che giovinezza inganno

con nuvole e colori

che la luce sprofonda.

Ti so. In te tutta smarrita

alza bellezza i seni,

s'incava ai lombi e un soave moto

s'allarga per il pube timoroso,

e ridiscende in armonia di forme

ai piedi belli con dieci conchiglie.

Ma se ti prendo, ecco:

parola tu pure mi sei e tristezza.



                         Salvatore Quasimodo   da      Oboe sommerso



ORA CHE NON MI DICI NIENTE

 


                                                  Tu somigli a un lago tutto uguale...




Ora che non mi dici niente, ora

che non mi fai godere né soffrire,

tu sei la consueta dei miei giorni.

Tu somigli a un lago tutto uguale

sotto un cielo di latta tutto uguale.

Assonnato mi muovo sulla riva.

Non voglio non desidero, neppure

penso.

Mi tocco per vedere se sono.

E l'essere e il non esser, come l'acqua

e il cielo si confondono.

Diventa il mio dolore quel d'un altro

e la vita non è lieta né triste.


T'odio, compagna assidua dei miei giorni,

che alla vita non mi sottrai, facendomi

come il sonno una cosa inanimata,

ma me la lasci solo rasentare.

Poiché sono rassegnato a vivere, voglio

che ogni ora del dì mi pesi sopra,

mi tocchi nella mia carne vitale.

Voglio il Dolore che m'abbranchi forte

e collochi nel centro della Vita.

Ora che non mi dici niente, ora

che non mi fai né godere né soffrire,

io rassegnato aspetto che tu passi.




                     Camillo Sbarbaro   da   Poesie e prose ( a cura di E. Testa, 2022 )



martedì 25 gennaio 2022

DI DES PREZ " IL GRILLO " ( e molto altro )

 



     Josquin Des Prez -  Il Grillo



Josquin Desprez ( 1450- 1521 ) nacque probabilmente in Piccardia.
Dopo essere stato ad Aquisgrana come cantore della cappella di Renato D' Angiò, trascorse molti anni in Italia, tra Milano, Roma e Ferrara. Viaggiò anche in Francia, dove si traferì definitivamente nel 1505 e dove morì a Condé - sur - l' Escaut nel 1521. Scrisse, nello stile polifonico della  scuola fiamminga, molte composizioni sacre e profane. Per la chiarezza espressiva e per l'equilibrio presente fra testo e musica - peraltro sostenuta da una felice invenzione melodica e ampia conoscenza del contrappunto - può essere considerato come uno dei più rappresentativi musicisti del Rinascimento. La sua opera si mostrò aperta a tutte le forme e a tutte le tecniche note nel suo tempo, perciò appare sia come una sintesi di una certa cultura musicale, sia un'anticipazione dei percorsi evolutivi della polifonia europea. Fu molto conosciuto e stimato in tutta Europa. Ricevette elogi da personaggi assai diversi, come Lutero, Palestrina e Orlando di Lasso, che lo considerarono una guida. Le numerose pubblicazioni a stampa, come anche i numerosi manoscritti delle sue Messe, dei suoi Mottetti e delle sue Chansons confermano l'ampia stima di cui godette. L'integrazione della parola con la musica che per primo realizzò, fu in seguito sviluppata dai compositori europei successivi. La sua produzione sacra è molto ampia : una ventina di messe e un centinaio di mottetti. Più di cinquanta sono le sue composizioni vocali profane, "chansons e frottole ", in francese e in italiano. Data la sua fama, gli furono attribuite molte opere vocali scritte da altri compositori, tanto che la composizione di alcune rimane ancora oggi incerta.




 " Il Grillo "


El grillo è buon cantore
che tiene longo verso.
Dalle beve grillo canta.
Ma non fa come gli altri uccelli :
come li han cantato un poco,
van de fatto in altro loco.
Sempre el grillo sta pur saldo,
quando la maggior el caldo,
alhor canta sol per amore.

***



            Josquin Des Prez -  Mille Regretz



Mille rimpianti per avervi abbandonata
e per aver lasciato il vostro amorevole volto.
Ora vivo un grande conflitto e una pena così dolorosa,
che su di me verranno veloci i giorni della fine.


***



Josquin Des Prez - In te Domine speravi ( latino- italiano)



In te Domine speravi
per trovar pietà in eterno,
ma in un triste e oscuro inferno
fui, et frustra laboravi.

Rotto e al vento ogni speranza,
veggio il ciel voltarmi in pianto,
suspir, lachrime me avanza
del mio tristo sperar tanto.
Fui ferito, se non quanto
tribulando ad te clamavi,
in te Domine speravi.

Lo cecato voler mio
per sin qui m' ha fatto muto,
et hor poco al dolor mio
per mio dir vien proveduto.
Deh, Signor, porgime adiuto,
quia de me iam desperavi.
In te Domine speravi.



***




               Josquin Des Prez -  Missa l' Homme Armé, Agnus Dei


 


                                                                              frida



LE CAMPANE DI SILVIA BRE

 


     La sua ferita in cielo è non morire...







La luce di qualche verità
è qui eclissi
gli sguardi le cantano il buio.
Anche la grammatica fa
il suo salto mortale
e non lo sbaglia e muore.


***

Restami in piedi figura, anche muta,
che io ti senta nel nome qualunque
di schiere infinite, parvenza più uguale tra perle
e musica di cose che il magnete fiammante illumina.
Il tuo parere allaga senza sapere nulla
mi sdraia nell'asilo incomprensibile
- amato - di questa preghiera.


***

Cimiteri di campane via dal mondo
fanno l'unione della terra all'erba, vegliano
sulla diaspora dei morti, trame dell'insaputo,
nessuna luna ha una febbre così fredda
di rimanere ferma nelle notti, devota al vuoto.
Ma un'aria protesa è un fulmine, il venire meno
al loro patto insegnando senza luogo la disfatta
e non è alta la nota della fine, ma si immagina tremenda :
la sua ferita in cielo è non morire.





Silvia  Bre   da       Campane



lunedì 24 gennaio 2022

L'ETA' DELL' UVA DI TARANTINO

 


                                      Custodisco il tuo ricordo come il miglior segreto...




L' età dell'uva è un libro sui morti: sui morti che ci parlano e su quelli a cui parliamo, il tentativo di decifrare la lingua che parlano. E' una lunghissima preghiera perché ci mostrino il solco che divide il loro mondo dal nostro e lo cancellino, oppure lo tatuino appena sulle labbra. Come un breviario laico, "L' età dell'uva "conserva e indaga i nomi, i volti e i gesti di chi - con gli occhi chiusi ormai per sempre - cammina ancora in mezzo a noi. E' un libro di memorie, uno strumento : ogni verso andrebbe recitato prima di dormire, per vegliare e costudire - forse un po' tremando - i morti nella voce e, per imparare, poco a poco, a congedarli.





Dammi una parola 

onesta, che risolva

la brevità del mondo e delle cose;

che sia oppure indeclinabile,

sospesa nella voce a stabilire

cos'è che dura e cosa non ha tempo.



                                             ***


Non è difficile la formula del mondo.


E' questo cielo, un po' di vino,

il tuo nome che si apre quando dico

le tue vene la mia eredità :

poi più niente.



                                                   ***


Vorrei conoscere il mondo dei morti,

reclamarlo in una lingua senza storia

che non abbia una grammatica, ma possa

avverare tutto ciò che si pronuncia.


Mi usano per parlare a chi è rimasto,

vogliono che dica - rovesciandola -

la parola che non hanno mai trovato.



                                                  ***



Vedi, non restano che i nostri

frutti sulla tavola:

mia madre che li sbuccia; i loro

che pendono dall'orlo

e cadono tra il pavimento e l'invisibile.


Ora all'uva basta un soffio per marcire

in fretta e diventare una preghiera.



                                                ***


La tua lingua è un palindromo interrotto

a metà dell'alfabeto e mai risolto.



                                                ***


I  morti odiano sempre

il destino di noi tutti:

è per questo che confondono

i segni che ci capitano.



                                           ***


Cancella l'alfabeto.  A noi

non servono né segni né vocali

perché il cielo, il pane, i fiori

esistono più forti senza nome.



                                         ***


Io ho inizio dove la tua parola si interrompe.

Dove cade l'ultimo accento dell'ultima

parola ho la mia casa.



                                        ***


I poeti non sanno morire:

se hanno un fiore lo conficcano

in un rosario di organi marci: lo schiudono

giocando col gambo come si gioca

da bambini in inverno da soli.



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Bruciasse l'alfabeto rimarrebbero

intatti i segni del tuo nome.





                                 Mattia  Tarantino   da  L' età dell'uva




domenica 23 gennaio 2022

SHAKE YOUR FEELINGS

 


                                                      Com'è preziosa la tua assenza...






Pesca, gancio,
scendi più che puoi.
Lenza, calati nel pozzo,
nell'abisso che non sai di avere.
Raccogli lo stacco netto della fine,
il taglio preciso della conclusione,
la triste nenia dell'addio.
Péscali dentro di me
con aghi e ami aguzzi,
come pesci argentei.
Usa reti e canne e uncini
per raccattarli su,
tirarli fuori all'aria
e poi rigettarli dentro me
più aperti e sciolti, meno spaventosi,
perché dovranno farmi compagnia.
La desolazione nitida del vuoto
che si apre e andrà riempito
con pazienza, e con una mano che ripete
silenziosi gesti conosciuti e lisci
come stoffe che ti confortano la sera.
Sapere che ti abituerai,
e che non sarà poi male questo giorno.
E nonostante la rabbia e la distanza
e la delusione che ti si è insinuata dentro
come acqua stagnante in una crepa,
producendo umido e perdendo gocce
dal soffitto,
qualcosa collassa e ti si rompe dentro
malgrado la durezza 
che eri convinta fosse tua
come il fazzoletto nella borsa.
Anni,  decenni ed angoli,
volti, vestiti e nomi e muri
che scompariranno  nel passato
contro la tua volontà,
più forti, freddi, pietrosi e indifferenti
alla tua apparente - e finta - indifferenza.



                              Manuela  Giasi      Inedito