venerdì 27 marzo 2020

LE TRE STAZIONI DI ANEDDA





                                      Troveremo la scure pesante della benedizione...



Un essere umano ubbidisce per paura e per angustia, per incapacitàdi immaginare uno stato diverso da quello in cui si trova, e tuttavia spera di sopravvivere, di trasformarsi in qualcuno in grado di stare accanto a chi lo ha per il momento risparmiato. Come chi si astiene dal male, ancora una volta ciò che ha di fronte è il tempo : tempo per restare, tempo per giustificarsi e giustificare. Un tempo privato, senza spreco, l'asciutto tempo del calcolo e il brivido dell'illusione.


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La lentezza ha necessità di un coro di intelligenze;la resistenza ha bisogno di luce; la capacità di attesa viene data agli umani - raramente - come un dono.
Perchè è vero: il bene è profondo, ma è fragile. A differenza del male sfuma lentamente tra i secoli ; a differenza del male, ha nostalgia anche di una sola creatura.


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E' vero: non ubbidire ero lo scarto che probabilmente avrebbe consentito : organizzazione, fuga, salvezza o rivolta. Eppure questo non avvenne o non avvenne per ciò che il male promette e puntualmente nega, per quell'eterno " forse " che oscilla cucendo incertezza a orrore.


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Non compiere il male, non accoglierlo, significa in qualche modo obbligarlo a un tragitto più lungo, rallentarlo in un'azione politica che è possibilità di dilatazione, lentezza che può salvare una vita.


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Chi perde ha la schiena sgombra per prendere su di sé in mondo. Nessun bagaglio per trascinare meglio il ferro e il legno di un carro, per lasciare che sul dorso si accatastino l'aria e la pioggia, la molteplicità e il disordine delle cose.
Non è la rassegnazione terrena, ma la forza mite di Cristo che nel Getzemani risponde ai soldati : sì, sono io; la povertà della roccia, del telo funebre vuoto per il peso dei peccati umani.


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Non la fuga, ma l'attesa che protegge e impedisce al male di valicare noi stessi.
Non siamo alla tavola del Signore, siamo di lato, ancora lontani da qualsiasi croce, fosse pure rovesciata come quella di Pietro. Non possiamo redimere ma difendere. Siamo il cane leggero che Veronese dipinge nell' Ultima Cena : accucciato e in bilico, il piccolo collo battuto e benedetto dalla tovaglia di lino.


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Getta il tuo pane sulla superficie dell'acqua, lo ritroverai nei giorni : non ritroveremo il cibo, nè la ricompensa, non la leggerezza, ma la scure pesante della benedizione.




                     Antonella  Anedda      da     Le tre stazioni




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