mercoledì 9 ottobre 2019

MELANIE KLEIN ( La madre, la follìa )

 
 


IL DISPIACERE CHE CI COMPONE UN' ANIMA

(..)Al centro di un universo distruttivo,l'analista fa una scommessa:
    l'evoluzione dell' Io, nel corso normale dello sviluppo - e la cura
    analitica, quando ha successo - consente la perlaborazione
    delle angosce distruttive e delle fantasie sadiche. L' Io si
    approfondisce tramite la perlaborazione depressiva. La capacità
    di vivere fino in fondo il lutto per l'oggetto perduto, sostituisce il
    sadismo iniziale con il dolore psichico.La nostalgia e il senso
    di colpa sembrano costituire il volto rasserenante di Thanatos.
    L'angoscia non è scomparsa - rimane sempre nella Klein - ma
    cambia regime: invece di scindere o di spezzettare, invece di
 distruggere e di fare a pezzi,l'angoscia è tollerata come dispiacere
 per l'altro e come senso di colpa affettuoso per avergli fatto del
 male. Al sadismo e all'angoscia di persecuzione del primo
 trimestre, segue la propensione dell' Io rafforzato - quello della
 posizione depressiva - del sesto mese - a introiettare l'oggetto
 buono. Ci riesce tanto più facilmente se dispone di un'innata
 capacità di amore.

  " Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti
    della capacità di amare. Essa ha le sue radici nelle emozioni e
    negli atteggiamenti dei primissimi stadi dell'infanzia, quando la
    madre è il primo e l'unico oggetto per il neonato, ma i fattori
    interni che ne stanno alla base - soprattutto la capacità di amare
  -  sembrano essere innati ". ( M. Klein  da    Invidia e gratitudine ).

 Naturalmente, il vantaggio psichico dovuto alla posizione
 depressiva è considerevole : il sadismo diventa dispiacere, la
 nostalgia attenua la distruttività e il sole nero della malinconia
 rende più profondo l'Io, che invece di scindere e di negare perla-
 bora - rimuove - ripara - crea.
 Se nella Klein si seguono le metamorfosi della pulsione di morte in
 " psichizzazione", non si può che trovare shakesperiana la madre
 della psicoanalisi. Il sonetto 146 del drammaturgo non ci
 suggeriva già che la " morte morta ", in altri termini la " messa a
 morte della morte ", il suo superamento sublimatorio, si compie
 solamente nella vita interiore dell' " anima", se essa è capace di
 consumare in sé la morte che le viene da fuori?.
 L'idea shakespearana che la Klein fa del funzionamento psichico
 di un'anima che si alimenta - cresce grazie alla morte che mangia
 gli uomini - è pienamente riflessa nella sua tecnica analitica. (…)



  Julia  Kristeva    da     Melanie Klein ( La madre, la follìa )


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