(…) Mi piace come scrive questa donna: è un piacere immediato,
senza " perché ", ma voglio comunque scommettere su una
spiegazione. Colette ha trovato un linguaggio per esprimere
una singolare osmosi tra le sue sensazioni, i suoi desideri, le
sue angosce e l'infinito del mondo: sbocciare di fiori, palpiti di
bestie, apparizioni sublimi, mostri contagiosi. Un linguaggio
che trascende la sua esperienza di donna nel mondo, vagabonda
o condizionata, libera, crudele o sensibile. Lo stile coniuga le
sue radici rurali e il suo accento borgognone, alleggerendoli in
un'alchimia che continua ad essere per noi misteriosa.
Come accade spesso,Colette ci fornisce un racconto condensato
al centro del quale - non sempre citata - c'è Sido, la madre e
una sorta di amore come orizzonte. L'ultima lettera di Sido,
ellittica e raggiante di gioia, si rivolge a Colette chiamandola
" amore mio ". Ma la figlia, che si è appena liberata dalla
pesantezza dell'amore per celebrarne solo la " leggerezza ", non
è sciocca : " questa volta mi faccio scrupolo di rivendicare per
me sola una parola così ardente. E' circondata da lineette,
svolazzi di rondine, volute vegetali, dai messaggi di una mano
che tentava di trasmettermi un alfabeto nuovo, o lo schizzo di un
paesaggio intravisto all'aurora, sotto raggi che non avrebbero
mai raggiunto lo squallido zenit " ( " La naissance du jour ", n.
d. r. ). (…)
Julia Kristeva da Colette ( Vita di una donna )
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