giovedì 24 ottobre 2019

L'ALBATRO ( Diario di Tomasi di Lampedusa ) 3


(…) La sede dell'ambasciata italiana è stato il luogo del nostro
       primo incontro. Ero appena giunto da Palermo e lo zio
       doveva andare a Buckingham Palace per accompagnare la
       moglie ad esibirsi: la zia Alice era una cantante lirica famosa
       e ignoravo che stesse per diventare mia suocera. Quel
       pomeriggio la zia aveva fretta perché non poteva far attendere
       la regina, ma non voleva neanche trascurarmi.
       E chiese alla figlia Licy di intrattenermi.
       Anche lo zio Pietro annuì. " Divertitevi", ci dissero, sparendo
       dall'uscita dell'ambasciata.
      Mio malgrado, restai solo con Licy, temendo che mi sarei
      annoiato a morte. Avevo altri progetti.
      Ero a Londra per farmi ingoiare dalla mia solitudine, per
      sparire non visto, per non avere nome. Ero lì per piangere sulla
      tomba dell' amato Shakespeare e per visitare la nuova ala della
      Tate Gallery dedicata a Monet, Degas, Van Gogh, Pissarro.
      Ma Licy mi stupì. Parlava italiano, tedesco, francese, inglese,
      russo e lettone. Aveva una passione smodata per le storie e la
      mente degli uomini. Quello stesso giorno, lesse con me molti
      versi di Amleto in lingua originale per poi accompagnarmi a
      Whitechapel, il quartiere più popolare di Londra.
      Era leggera e complessa, calma e irrequieta, docile e ribelle.
      Non ostentava le frivolezze delle donne palermitane. Aveva
      abiti austeri, gioielli discreti.La sua unica vanità era il cappello
      a cui concedeva una veletta. Lo sostituiva solo con turbanti
      simili a quelli degli sceicchi arabi. Si interessava a tutto: dalla
      musica alla sociologia. Il padre, il barone Wolff- Stomersee era
      stato maestro di corte dello zar Nicola, e lei amava gli scrittori
      russi, la loro ricerca spirituale. Diceva che quasi tutti i russi
      scrivono per familiarizzare con Dio.
     I giorni volarono, il mio soggiorno si concluse. Licy tornò a
     Stomersee, in Lettonia, da suo marito.
     Ci lasciammo da amici e ci scambiammo gli indirizzi per tenerci
     in contatto epistolare.
     Era il 1925.
     Delle parole le dissi subito ciò che pensavo. Che servono a
     resistere, ancora prima che a rivelare.  (…)


                Simona Lo Iacono    da     L' albatro

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