giovedì 24 ottobre 2019

L'ALBATRO ( Diario di Tomasi di Lamedusa ) 2



Clinica Villa Angela
Lungotevere delle Armi, 21,Roma
14 Giugno 1957

(…) La mattina qui in clinica inizia presto. Prima i turni per
       misurare la temperatura. Poi una colazione frugale: tè, fette
       tostate, un cucchiaino di marmellata. Segue la toeletta, che
      cerco di curare pur nell'esiguità del bagno.Mi rado lentamente,
      sciaquetto la lama esaminandola a fondo. Sì, sono sbarbato a
      dovere, la colonia attecchirà facilmente sui baffi, sulle guance
      che si sono incavate.
     L'alba è sempre troppo carica della notte.Da ieri non faccio che
     sognare confusamente Antonno,credo si stia preparando a dirmi
     qualcosa. Ricordo che non chiamava mai i sogni col loro nome.
     Di essi, diceva che erano realtà. Semmai, era alla realtà che
     dava il  nome di sogno.Non ne parlo con nessuno,men che meno
     con mia moglie Licy, che è una psicologa attentissima, allieva
     di Freud. Sono certo che non le sfuggirebbe il vero significato
     della mia attività onirica. Vi leggerebbe la mia preoccupazione,
     forse la mia malinconia.
     Nel sonno l'anima si acquatta, bisbiglia prima di andare a
    dormire. Ma nei sogni si rivela.
    Per questo mi ha regalato una vestaglia rossa, che dovrebbe
    tenere alto l'umore e combattere con il colore del sangue la
   malaventura.La tristezza si fiacca così, mi dice con finta allegria.
   Con i colori aggressivi e con la scrittura.
   L'altro ieri se n'è venuta con un quaderno di pelle blu e una
   penna stilografica dall'inchiostro forte.
 " Scrivi", mi ha detto. " Il romanzo? ", ho risposto riferendomi ad
   alcuni capitoli del " Gattopardo", che vorrei rivedere e poi
   aggiungere al corpo principale del testo.
  " No", ha ribattuto risoluta. " Scrivi del tuo tempo felice ".
   Così ho aperto la prima pagina. Ho subito pensato ad Antonno.
   Ho buttato giù : " Il nostro primo incontro non è stato
   memorabile…". Poi ho confidato a Licy : " Ho iniziato un
   racconto sulla mia infanzia, una stagione della vita talmente
   prossima all'infinito da somigliare alla morte".
  " Sehr gut ", molto bene ha detto in tedesco, la lingua che usiamo
   per mascherare la paura.
  " Vasami", baciami, ho risposto in siciliano, la lingua che 
   scegliamo per parlare d'amore.
   E' arrossita, ha spinto indietro i capelli, una mossa che le serve a
   dissimulare la commozione. Poi mi ha baciato. Per reagire al
   dolore ha borbottato :" Smettila di chiamarmi Licy". In effetti, il
   nome completo di mia moglie è Alexandra, ed è una cugina
   acquisita. Sua madre, Alice Wolf, nel 1920 ha sposato in seconde
   nozze il fratello di mio padre,lo zio Pietro Tomasi della Torretta,
    che in quel periodo era diplomatico a Londra.  (…)


              Simona Lo Iacono    da     L'albatro


                                                                        ( continua )

Nessun commento:

Posta un commento