domenica 4 marzo 2018

RISCRIVERE LA SPERANZA 1

 
 
 
" Senza la possibilità del suicidio, avrei potuto uccidermi molto tempo fa "  ( E. Cioran )



(...) Il suicidio adolescenziale rappresenta uno degli enigmi più
      dolorosi di cui la clinica si occupa quando deve prendersi in
      carico dei sopravvissuti, cioè coloro - genitori, fratelli e amici-
      che hanno dovuto assistere alla morte volontaria di un loro
      caro.
      Se il suicidio degli anziani- nella sua terribile risonanza -riesce
      tuttavia a trovare delle ragioni nella presenza di malattie
      invalidanti, nella solitudine e nel venir meno delle forze vitali,
      la morte volontaria dei giovani ci interroga con più angoscia
      perché in quel periodo della vita non ci si aspetta che un
      soggetto desideri a tal punto la morte da rinunciare a ciò che
      la vita può ancora consentire.
      Eppure i giovani che muoiono per suicidio sono molti. Nel
      mondo il suicidio è la seconda causa di morte sotto i vent'anni
      e recenti pubblicazioni ci dicono che negli Stati Uniti i suicidi
      hanno superato gli incidenti stradali come principale causa di
      morte nella prima adolescenza.
      E quando l'intento di morire non si realizza, rimane pur sempre
      il problema di affrontare la questione dei tentativi di suicidio:
      si calcola infatti che per ogni suicidio riuscito ce ne siano
      almeno altri dieci messi in atto senza successo. Spesso i
      tentativi di darsi la morte rimangono ignoti anche per le
      statistiche perché i soggetti compiono questi atti nel segreto e
      le loro conseguenze non li portano necessariamente ad un
      ricovero nei reparti d'urgenza.
      Ma le problematiche sottese ad un intenso desiderio di farla
      finita sono enormi sia dal punto di vista della psicopatologia
      che da quello della crisi esistenziale. 
      Infine, anche quando il tentativo di suicidio non è 
      concretamente messo in atto, rimane il grande problema delle
      progettazioni suicidali, cioè quelle costruzioni  con le quali
      molti individui convivono per anni, immaginando il modo con
      cui togliersi la vita senza effettivamente giungere al passo
      estremo. Questi soggetti sono anch'essi a rischio perché sanno
      che, se le cose andranno male, se si produrrà un evento
      scatenante, se si troveranno in un vicolo cieco, sarà sempre
      possibile per loro mettere in atto ciò che per anni hanno
      meditato nel segreto, (...)

Antonio Piotti & Roberta Invernizzi  da  Riscrivere la speranza ( Storia di un'adolescente che voleva morire e ha imparato a volare)

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