La terra aspra nutre i fiori più delicati...
IL MIRACOLO DELLE API E LA DIGITALE
Poiché la villosità dei tuoi maculati canapè spaventa le piccole api,
la digitale espone minuscole insegne onde attrarre ricchi bombi babbei
che alticci e di buon grado si addentrano nei suoi antri di piacere
( vedi ciò che Darwin scrisse sulle sue estati con la digitale )
gettandosi su setole intrise di nettare sensuale
per suggere da ogni etera liquori inebrianti
e por fine al loro riprodursi in un angolo da sole.
E' così che la digitale mette ordine nella sua vita sessuale.
Due antere - adolescenti, smaniosi di giungere al dunque -
rilasciano anzitempo il polline che a mucchi cade sul fondo.
Strisciando arriva il bombo e se ne fa un panciotto,
si gira, se ne esce, e guarda caso va in consegna alla porta accanto.
Fiore per fiore, si ingravidano le campanule della digitale,
giammai sfiorate, da pensiero, disegno o desiderio.
***
SIERRA NEVADA
Paesaggio senza rimorsi dove deboli ginepri
strangolano e stritolano il granito,
e la luce tagliente e chiara non conosce moderazione;
dove le montagne purificano e abbagliano
e ogni attimo ci esalta, ma mai può offrire
commiserazione, mai può dire
qualcosa che ci riguarda se non che noi non siamo necessari.
Rocce e acqua, rocce luccicanti, centinaia
e centinaia di laghi azzurri
degni di un mito, e grandi alberi che non appena muoiono
subito diventano spettri,
ritti tra i viventi con contegno terribile.
Perfino queste ossa che la luce
ha invaso e contorto con conformazioni bizzarre
e ombre che sembrano
scolpite nella polvere, anch'esse
nulla hanno a che fare con ciò che abbiamo o non abbiamo fatto.
Ora, mentre ascendiamo gli alti e spogli pendii,
la terra più aspra
nutre i più delicati fiori, gilie e campanule,
kalmia e delfinio, ovunque
i rigidi pinnacoli azzurri del lupino e le sue foglie
come mani dalle belle dita.
E la più graziosa, l'umile mariposa, il giglio dei monti,
la corolla macchiata di miele e le proporzioni perfette.
Se ci fermiamo nel vento teso ma di una totale trasparenza,
possiamo guardare giù la pietraia,
il ghiaione cedevole e la bordura lacera di manzanita,
sopra i boschi di abeti,
la punta di ognuno come un braccio
che si protrae in un dito pendulo
giù, giù, lungo l'intero arido e difficile
sentiero dell'ascesa, giù fino al lago
dalle strette rive formicolanti di minuscole barche bianche
che agitano i remi come insetti d'acqua.
Nessun rumore a parte il vento.
Il lago, trasparente fino al fondo verde- bruno,
è ovunque più azzurro del cielo.
Le barche non sembrano toccare la superficie. Proprio
come questo granito non può realmente toccarci,
benché siamo qui a enumerare i colori dei suoi fiori.
Il vento è forte ma non sa di essere vento.
L' albero contorto che non ammonisce
né supplica, mai si sofferma a riflettere di non essere vento.
Ci perdiamo nel pensiero
che se dovessimo restare qui a lungo, gettati
come legni su queste sponde aride,
dimenticheremmo i nostri nomi, ricordando solamente che
un tempo sì, volevamo qualcosa,
qualcosa che aveva a che fare con le pietre, con il sole,
con i mille colori dell'acqua, i suoi riflessi, gli azzurri.
***
L' OPINIONE DI UNA VECCHIA POETESSA AL BINARIO DI PARTENZA ( nel mio ottantesimo compleanno )
Non riesco ad apprezzare le poesie che vogliono l'acqua intorbidare,
che confondono per impressionare,
o che ancheggiano sulla pagina con null'altro addosso che calze e giarrettiere
per confessarsi e per mostrare.
Arretro di fronte alle poesie le cui prosodiche lasse morali
generano versi adulterini.
Casi di incesto, accoppiamenti fra singolari e plurali
non sono errori veniali, sono criminali.
Allontano le poesie in fermento dove ragione e sentimento
come olio e acqua non si vogliono mescolare.
Come se la prosa fosse deputata al senso, le poesie ai gemiti e al lamento,
fumanti effusioni che il tocco del pensiero potrebbe rovinare.
Le poesie professionali in gergo misterioso
mi mettono sempre più a disagio -
Parole su parole su parole per gratificare l'ego
di qualche teoretico barbogio.
Osservo costernata chilometri e chilometri di sbrindellata prosa,
vite tristi, fastidioso dolore.
Soffocano nella sabbia il fuoco che è il cuore della rosa.
Il seme sopravvive, non il fiore.
***
UN SOGNO DI COLPA RICORDANDO MIA MADRE
Quando nel sogno mi rimproveri,
io vago in una casa di colpa.
Ha una porta - le scuse -
e le finestre - i sorrisi. I miei l'han costruito
questo luogo vasto, semi - amato, trascurato,
usando i tratti del tuo viso.
E ancora ti ferisco. Ancora - io - noi
c'impigliamo in oscuri rammarichi.
Il tuo riserbo gentile mi opprime,
come denaro rubato. Non posso dimenticare. Non posso.
Memorie sopite come tele di ragno ricamano leggere
questa casa troppo fragile per cadere.
***
DUE QUARTINE
LEZIONE
Ragazzi e ragazze l'inverno persuade
che l'amore è come neve che cade;
e rende bello tutto quello che tocca
sebbene perisca il fiato della sua bocca.
*
TELEVISIONE
Abbracciami, madre del rumore,
trovami un nascondiglio che ti piaccia.
La mia voce mi fa terrore.
Non sopporto la mia faccia.
Anne Stevenson da Le vie delle parole ( trad. di C. Buranello )
Estrema attenzione alla natura fin nei più piccoli particolari. Il lavorìo dei bombi babbei strappa un sorriso. Bello il filmato di fiori antropomorfi.
RispondiEliminaE' vero: una poesia che ha incantato anche me per le sua delicatezza arricchita da un sentire intenso e profondo.
RispondiEliminaGrazie per la visita.