" Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall'onnipresente impero : la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una grande fretta e una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione - tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin : ho sempre l'impressione di una bolla di terra ferma e assolata. ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto ". ( M. Gualtieri )
(...) Aspetto. Ho aspettato tutta la vita. Aspetterò tutta la vita. Non saprei dire cosa sto aspettando in questo modo. Ignoro cosa può mettere fine a una così lunga attesa. Non sono impaziente di questa fine. Ciò che aspetto non è nulla che possa venire dalla parte del tempo. Non posso spiegarmi a questo proposito. Perché dovremmo sempre spiegarci? A volte - come questa mattina - mi dico pure : " Sono atteso, non so dove, non so da che cosa o da chi, ma sono sicuro di essere atteso ".
Ieri pomeriggio mi sono innamorato di un albero. Trascorre i suoi giorni sul ciglio della pista ciclabile, poco lontano da qui.Il suo fogliame sovrasta una parte della strada. Attraversando la sua ombra, ho alzato la testa e ho guardato i suoi rami, come quando, entrando in una chiesa, gli occhi si levano d'istinto verso la volta. La sua ombra era più calda di quella delle chiese. L' apparizione di quest' albero ha fatto sorgere in me un silenzio di grande bellezza. Per qualche istante non avevo più niente da pensare, da dire, da scrivere e, persino sì, più niente da vivere. Ero sollevato qualche metro da terra, portato come un bimbo tra le sue braccia verde scuro, rischiarate dalle lentiggini del sole. Ciò è durato qualche secondo, e quei secondi sono stati lunghi, così lunghi che un giorno dopo durano ancora. Quello che è successo ieri mi ha appagato : in una manciata di secondi quell'albero mi ha dato abbastanza gioia per i prossimi vent' anni almeno. (...)
" Bobin sembra che scriva frasi fatte apposta per essere citate. E ancora più incredibile che questo autore riesce sempre ad assomigliarti. Tu leggi e pensi che sta scrivendo come scrivi tu, come pensi tu, come senti tu. Penso che tanti lettori abbiano questa sensazione rispetto a Bobin. Lui è lo scrittore che ci somiglia, che ci fa credere in Dio anche se non crediamo in Dio; che ci fa credere all'amore anche se non crediamo nell'amore; che ci fa essere buoni anche se non lo siamo ". ( F. Arminio dall' Introduzione al libro )
(...) Mi hai fatto conoscere - perché tacerlo - il grande delirio della gelosia. Niente assomiglia di più all'amore e niente gli è più contrario. Il geloso crede di testimoniare, con le sue lacrime e le sue grida, la grandezza del suo amore. Invece non fa che esprimere quella preferenza arcaica che ognuno ha per se stesso. Nella gelosia, non ci sono tre persone; non ce ne sono neppure due, d'improvviso ce n'è una sola in preda ai sussulti della sua follia : ti amo quindi sei legata da questa dipendenza, sei dipendente dalla mia dipendenza e mi devi accontentare in tutto. Non mi accontenti in niente e io ce l'ho con te per tutto e per niente perché sono dipendente da te e perché non vorrei esserlo più e perché vorrei che tu rispondessi a questa dipendenza. Il discorso della gelosia è inesauribile. Si nutre di se stesso e non cerca risposte, d'altronde non ne accetta nessuna - trottola, spirale, inferno . Ho conosciuto questo sentimento per quindici giorni, ma sarebbe bastata ampiamente un'ora per conoscerlo tutto. Al quindicesimo giorno l'inferno era passato, definitivamente. Per quindici giorni ho battuto i piedi nella brutta eternità delle recriminazioni : avevo l'impressione che tu sposassi il mondo intero eccetto me. Era il fanciullo in me che strepitava e faceva valere il suo dolore come moneta di scambio. E poi ho visto che non ascoltavi quel genere di cose e ho capito che avevi ragione, profondamente ragione a non ascoltale : il discorso della recriminazione non va ascoltato. Non c'è traccia dell'amore in esso, solo un rumore, un ripetere furioso io, io, io. E ancora io. In capo a quei quindici giorni, in un attimo si è squarciato un velo. Potrei parlare quasi di rivelazione. Ce ne fu una, del resto : d'un tratto per me era lo stesso se tu sposavi il mondo intero. Quel giorno ho perduto una cosa e ne ho guadagnata un'altra. So benissimo cosa ho perduto. Ciò che ho guadagnato non so come chiamarlo : so solo che è inesauribile. Il bambino furioso ci ha messo quindici giorni a morire. E' poco tempo, lo so : in altri casi continua a regnare instancabile per tutta la vita. Fu il tuo riso davanti alle mie recriminazioni a far precipitare le cose. E' stato il genio del tuo riso che è penetrato dritto nel cuore del bambino despota; è stata la tua libertà che improvvisamente mi ha spalancato tutte le strade. (...)
(...) La santità non è affatto quello che immaginiamo. Oggi ho incontrato una schiera di primule che chiacchieravano all'aria aperta e facevano delle loro chiacchiere una preghiera che saliva dritta al cielo. Il loro cuore era aperto alle piogge, alla siccità e persino allo sradicamento. Non scegliere ciò che viene era il loro modo impeccabile di essere sante. Mi rigiravo nei miei pensieri quando mi sono apparse ai lati della strada, offrendo alla luce la culla dorata dei loro petali. Il vento ne faceva vibrare le forme, stampando su uno sfondo d'erbe un testo degno di lode. La maggior parte di coloro che incontro mi fanno pena. Vedo un'ombra - un dispiacere, un'assenza, una mancanza - che attraversa i loro occhi anche quando ridono, come una lucertolina che si infila fra due pietre, timorosa di essere intravista. E io sono simile a loro. Il mio cuore batte nel buio. La vita si rattrista perché può attenderci solo di rado. Con noi è come una madre disposta a dare il cuore per sfamare i suoi bambini, mentre i suoi bambini non vogliono assaggiare quest' alimento sublime e neppure sentirne parlare. Lo splendore delle primule, per giungere fino a me, aveva dovuto squarciare la notte che mi circonda il cuore. Considero un miracolo vedere cose poverissime. Non mi stanco di questi miracoli, e sono davvero incapace di spiegare perché a volte non c'è nulla e altre volte c'è tutto. Il paradiso sarebbe vivere un'intera giornata come una sola di queste primule. (...)
Il libro di Bertolini è enigmatico e misterioso e il suo significato profondo è celato dietro versi che al primo approccio sembrano voler depistare e scoraggiare il lettore affrettato. La pazienza, la dedizione e l'abbandono senza preconcetti al dettato lirico permettono invece di scoprire passaggi di grande suggestione e di dolorosa intimità.
La citazione a esergo della raccolta è tratta dal libro del profeta Amos, che predice per i disonesti e gli sfruttatori una serie di calamità naturali e una sete senza fine, ma non di acqua, bensì della parola di Dio : " Allora andranno errando da un mare all'altro" per trovare ciò che hanno perduto. E nel segno della ricerca di un significato profondo dell'esistenza si muove anche il poeta, in un continuo errare attraverso le cinque sezioni della raccolta.
" La sete" è innanzitutto un libro sull'acqua e sull'arsura che porta ferocemente all'acqua, anche se - come dice l'autore " nulla sarà risolto " e la pace non arriverà mai " perché la pace va meritata / e io non ho fatto abbastanza ". Tutta la silloge è costellata da versi che vedono il poeta in cerca di bere " le acque verdi" per tornare " alla verità della vite / al remoto, al diverso che dà luce " per togliersi dalla bocca " il sale dell'addio ". ( E. Sancino )
Niente è più concreto dell'idea. L' amore
si fa al buio conficcati nella terra. Tu chiedilo
al bulbo, alla dolina; chiedi perché una forza
ci ha diffranti, mutati in arcipelago e radice.
E finalmente avrai del pane da spezzare
( il segreto è far l'amore con sé stessi ).
Per cui lascia che la balia sciolga i suoi voti
ne caffè, che sotto l'arco dimagrito dei tigli
l'uomo in nero lucidi il coltello a specchio;
e tolta la polvere dei lampioni
la sua triplice bocca saprà di che morire.
Senza parvenze, senza il volo mimato del merlo,
di là da ogni certezza o implorazione, vieni
e disperdimi.
***
Liberatemi. Mi dorerò
al sole che la bacia; staremo ore
a dialogare nella lingua degli uccelli.
Nata più volte, ha avuto tanti nomi
quanti amanti, e a uno ad uno, nella stanza,
li ha perduti. - Fino a ieri
era il mezzogiorno salutato dai balconi,
Ma all'alba sono crollati i palazzi, i ponti
e i colossi d'acciaio.
Resta lei a ricordarmi
con labbra azzurre di mistero
che a questo mondo non c'è vera solitudine.
***
Danzano in gola e non so
che dire, se l'intero si specchia nel nulla
e il cielo naviga al fondo...
E se il vero, infine, è morte e non c'è altro
che illumini un uomo. Cuciti addosso
i frutti della stella ( mai una mano
li ha colti, mai un morso ),
senza nome che tagli
sulla banchiglia mi siedo e ti ascolto.
***
Vorrei sperdermi
in qualche assurda guerra dello spirito,
rinfrescarmi al pensiero di un porto
verso cui dirigere il mio vascello
in rotta con le ragioni del mondo.
***
Verrà il tempo,
il cerchio esatto in cui ti attendo;
e con le voci delle cose incompiute
attorno, t'accorgerai
che l'invisibile è già nostro,
ch'è giusto un attimo più avanti.
" Salterai?"
Il corpo finalmente
ha dichiarato il suo ritiro. Un attimo.
Il tempo, il tempo di saltare.
***
Poi l'ho vista stesa sul letto
eludere il nero del vestito. D'oro la fronte
non aveva più solchi, le guance di velluto liscio :