Anche vivendo, restiamo in carica per poco...
E' duro il cammino verso ciò che è chiaro,
l'ho capito col tempo, forse soltanto questo è il dono
di invecchiare. Lo penso mentre smacchio un lenzuolo
con la candeggina, che stinga soprattutto le iniziali,
rigide di fili, di nodi, di punti croce
sul nome infittito di vocali.
***
AMORE
Somiglia a un pigiama e ha un odore di lama
e ci sono altre cose: l'asciugamano che si può scambiare
le poltrone vicine davanti al televisore
l'insofferenza per le reciproche mancanze
che però si svuota come si fa con le buste della spesa.
Molte leggende, il sesso sopravvalutato
ma non la solitudine che segue.
Il resto è molto poco.
Quando morì mia madre, mio padre radunò i vestiti,
se li mise sul petto, un cumulo di stoffa
e restò a lungo così, sotto quel peso di calore,
una notte e un giorno,
per poi alzarsi e innaffiare
le piante già secche sul balcone.
***
Eppure non ha senso
rimpiangere il passato,
provare nostalgia per quello che
crediamo di essere stati.
Ogni sette anni s rinnovano le cellule:
adesso siamo chi non eravamo.
Anche vivendo - lo dimentichiamo -
restiamo in carica per poco.
***
PERLUSTRAZIONE
Entro con mia madre nella morte. Lei ha paura.
Cerco nella mia filosofia qualcosa che ci aiuti,
parlo della cicuta e degli stoici,
dico la solita frase che quando noi ci siamo, lei -
la morte - scompare , ma non funziona,
anzi cresce dentro di me il terrore.
Aspetta - le dico - mentre dorme, ora vado a guardare.
Perlustro la zona ( sarà quella ? )
solo per constatare che non c'è difesa,
che il suo spazio, quello che la fisica dice
sia presente fin da quando nasciamo,
è sguarnito di ogni compassione
e il tempo è davvero il buco che divora.
Allora mi stendo contro di lei dentro il suo letto.
Aspetto come muore il suo odore mentre muore.
***
NEL FREDDO
Pensa i morti e questi vivi che vanno verso casa
tra la pioggia e i lampioni, osservali
solo per un momento quando i gesti si fermano
dentro il suono del traffico e dei tuoni,
seguili nelle stanze ora dense di offese,
ora di amore, atomi che pensiamo perdurino
e che invece si perdono nel vuoto
che ci scuote al vento delle stelle e dei pianeti.
***
CONTRASTO
Lo capite da sole, parole,
non vi posso più mostrare
con voi faccio del male. Non posso continuare.
Non voglio ferire, non voglio lusingare,
ma restare nel calore minimo di un cerchio familiare.
Dunque- parole - state buone, andate nel silenzio
abbasserò la voce fino in fondo.
Dalla bocca già escono solo sciami di lettere
cartigli medioevali.
L'incontro dei vivi con i morti è il nostro affresco.
Serve a rinunciare.
Antonella Anedda da Historiae
Mi sono soffermato sulla lirica Amore. Più che di un amore credo ormai si tratti di un disamore. Lame simboliche scagliate reciprocamente, abitudine, il sesso come semplice sfogo fisico e svuotato del suo più alto significato. Una lirica triste,quasi buttata giù in fretta per dar libero sfogo al ricordo di una esperienza negativa. Mi interessa il tuo pensiero. Grazie come sempre...
RispondiEliminaSì, avverto un senso di tristezza, di abitudine, di fatica quasi in questa visione dell'amore che l'autrice ci propone ( più che di lame scagliate a ferire ché sarebbe comunque ancora un segnale di vita ).L' amore " sopravvalutato", cosa da poco, cui segue un'inevitabile solitudine.
RispondiEliminaNeanche la seconda parte, dove sembrerebbe esserci un bisogno di calore, si riscatta : i vestiti della morta sono " un peso" di calore per una notte e un giorno, dopo la vita riprende come sempre, anche se sul balcone le piante sono già seccate ( per cui diventa un'abitudine ormai non necessaria il gesto dell'innaffiare, dare acqua, cioè tenere in vita).
Un senso di inutilità, di vuoto, di morte. Sì, una grande tristezza.
Grazie per il tuo intervento che mi dà modo di fare maggior chiarezza anche nelle mie sensazioni.