domenica 15 ottobre 2017

LA VOCAZIONE DELLA PSICHE


(...) La poesia per me è parte integrante del procedere analitico, un
      movimento per libera associazione che racconti ben più di
      quello che avevo in mente di dire, di lasciar trapelare. Se la
      vita procede " quasi diritta ", forse sono in grado di accogliere
      gli sbandati e gli sbandamenti.
      Il lavoro analitico - come quello della scrittura - è
      accompagnato in me dalla dimensione visionaria e dalla poesia
      come struttura portante della costruzione che vado facendo.
      Mi si stampano dentro i versi dei poeti amati; spesso mi
      vengono in mente in seduta, nascono dall'inconscio e traducono
      sentimenti che solo così posso accogliere e a mia volta liberare
      nella relazione analitica. Più poesie che testi, i sacri testi
      analitici.
      Ho una pessima memoria: non so mai dove Jung parla dell'
      energia psichica, e del suo Libro Rosso ricordo le immagini, e
      mi perdo a seguire la fantasia degli anni difficili in cui l'ha
      scritto e disegnato, immerso nella sua malattia creativa.
      La mente vaga, eppure non dimentico nulla delle storie dei
      pazienti, dei loro sogni. E' la narrazione della vita, la relazione
      quella che mi preme, e quella rimane. Ma non c'è verso di
      stamparmi dentro la teoria: mi consolo pensando che non tutto
      può rimanere nella mente. Ma no: la realtà è che seleziono,
      preferisco portarmi dentro le immagini, non le costruzioni
      teoriche, annullate insieme ad una quantità infinita di esami.
      Se devono essere parole, siano poesie . (...)


          Lella Bellocchio Ravasi    da     La vocazione della psiche

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