mercoledì 4 ottobre 2017

FELICITA' ( Cos'è la ricerca della felicità? ) 3


(...) Cardine di questa argomentazione è l'idea che l'anima sia
      mortale, perché è di natura corporea non meno dello stesso
      corpo. Ma perché mai dovremmo tranquillizzarci a questo
      pensiero? Se la nostra paura fosse solo quella di non conoscere
      il nostro destino dopo la morte, l'idea di cessare di esistere
      potrebbe forse procurarci un qualche sollievo: meglio cessare
      di esistere che vivere nei tormenti. Ma la nostra paura più
      grande è proprio quella di cessare di esistere. Epicuro non
      trascura questo aspetto del problema, perché tra gli argomenti
      più interessanti che l'epicureo deve richiamare per fronteggiare
      la paura della morte c'è quello che deriva dallo stesso porre il
      piacere come il fine della vita. Una vita dedita alla tranquillità
      e all'assenza di turbamento, non è una vita che si sviluppa
      secondo un piano, un piano che la morte potrebbe spezzare, ma
      è una serie di momenti in sé completi e conchiusi. Ad ogni
      punto della sua vita, l'epicureo può dire di " aver vissuto", cioè
      di aver perfezionato la propria esistenza, anche se questa è
      stata brevissima. Epicuro fa evidentemente tesoro della
      distinzione aristotelica fra attività e movimenti: per lui la vita
      è un'attività come la contemplazione di un quadro, perché può
      essere interrotta in ogni momento senza perdere significato, e
      non un movimento come l'attraversamento della strada, che
      non è invece compiuto fino a che non si arriva dall'altra parte.
      Se la vita è concepita in questo modo, è chiaro che la sua
      lunghezza non ha più grande importanza e il desiderio di
      immortalità può essere ridimensionato: l'istante felice è
      talmente perfetto che non si sente il bisogno di protrarlo
      indefinitamente. La mancanza di prospettiva sul futuro
      permette di vivere alla giornata, di gioire di ogni momento
      come se fosse l'ultimo e di accogliere ogni ora futura come se
      fosse un dono inatteso. Questo aiuta l'uomo, nelle prospettiva
      epicurea, a liberarsi dalla preoccupazione per il futuro e a
      tenersi al sicuro dai rovesci della fortuna. Un altro importante
      e universale motivo di turbamento è il dolore fisico, la malattia.
      Per Epicuro essa non deve spaventarci perché - se è lieve - è
      sopportabile, se invece è grave termina presto con la morte,
      che già abbiamo imparato a non temere.
      Tali motivi di turbamento vengono dunque ridimensionati
      opponendo loro argomentazioni e tesi filosofiche, che vanno
      usate in modo terapeutico contro le false opinioni e concezioni
      che annebbiano la nostra mente.
      La sintesi di queste tesi si riduce a quattro brevissimi punti: gli
      dei non fanno paura; non si deve temere la morte; è facile
      procurarsi il bene e altrettanto evitare il male.
      E' il celebre " terrafarmaco"  o medicina quadripartita: il
      talismano del filosofo epicureo.  (...)


Maurizio Feraris da  Le domande della filosofia : Cos'è la ricerca della felicità?


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