Epicuro : siamo felici quando proviamo piacere
(...) Ma non potrebbe essere che la felicità semplicemente si
identifichi con il piacere?
Questo è quanto sostiene Epicuro. La dottrina secondo cui la
felicità è il piacere, si colloca nell'ormai consueto schema
eudaimonistico: la felicità è il fine supremo, e se la felicità è il
piacere, quest'ultimo sarà il fine della nostra vita.
Ma l'interpretazione che Epicuro dà del piacere è però
piuttosto sorprendente perché egli muove da una filosofia del
piacere, ma giunge - attraverso un percorso argomentativo
molto rigoroso - a una filosofia della moderazione.
Quando pone il piacere a fondamento della natura umana,
Epicuro pensa ai piaceri dei sensi, ma non al tipo di piacere
che consiste in una forte stimolazione di essi,quanto piuttosto
a quel genere di piacere che si confà alla natura dell'organo
su cui agisce ( per esempio, se è vero che bere può dare
piacere all'organismo, non è però detto che bere molto
intensifichi proporzionalmente il piacere ). Questi è
determinato allora da una sorta di equilibrio ed è più corretto
intenderlo come assenza di dolore, che come attività.
" La voce della carne è : non avere fame, non avere sete, non
avere freddo.Chi queste cose abbia o si aspetti di avere, può
pareggiare in felicità anche con Zeus ".
( Epicuro- Sentenze )
La carne non cerca i piaceri, ma si contenta dell'assenza di
dolore. Se le persone desiderano altri piaceri, per esempio
quelli della tavola, la responsabilità ricade esclusivamente
sull'anima e sulle false opinioni di cui è imbevuta. Il filosofo
epicureo dovrà essere in grado di analizzare e riconoscere i
propri desideri,dovrà capire quali meritano il soddisfacimento
perché procurano quel tipo di piaceri che costituiscono la
felicità e quali invece siano irrilevanti o addirittura dannosi.(...)
Maurizio Ferraris da Le domande della filosofia: Cos'è la ricerca della felicità?
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