martedì 13 ottobre 2020

ALFONSINA Y EL MAR



                                      Sulla mia testa ardono le ispide punte del mare...



 Alfonsina Storni ( 1892 - 1938 ) pubblica intorno ai trent'anni la raccolta " Ocra ", lavoro più maturo e complicato rispetto ai precedenti e che segna il culmine della breve traiettoria poetica dell'artista. Qui la sofferenza è meno personale, si allarga lo sguardo e le immagini sono spesso ironiche e taglienti. C'è sempre il senso della rivolta, ma ora è soprattutto esistenziale e si è fatta più generale: il bersaglio non è solo l'uomo: anche la donna deve liberarsi dai pregiudizi, dei luoghi comuni e vivere pienamente la propria intimità, così come il proprio corpo. Alfonsina anticipa tematiche poi affrontate in America negli anni Sessanta : per l'epoca la poeta si pone su posizioni ultramoderniste e per questo da molti critici viene accusata di immoralità.
Nel 1935 le diagnosticano un tumore : iniziano così le cure, ma nel contempo scivola nell'abisso della depressione.
Nel 1938, preso atto che la malattia non si arresta e che il dolore le impedisce di vivere e di scrivere, presa dallo sconforto, mette fine alla propria vita affogandosi nel Mar della Plata.


DUE  PAROLE


All'orecchio questa notte mi hai detto due parole

comuni. Due parole stanche

di essere dette. Parole

che da vecchie si son fatte nuove.


Due parole così dolci, che la luna che passava

filtrando tra i rami

nella mia bocca si è fermata. Due parole così dolci

che una formica mi cammina sul collo e resto immobile

non provo neanche a scacciarla.


Due parole così dolci

che senza volerlo esclamo : oh, che bella la vita !

Così dolci e così mansuete

che oli profumati scorrono sul corpo.


Così dolci e così belle

che - nervose - le mie dita,

si muovono verso il cielo imitando una forbice.


Vorrebbero le mie dita

tagliare le stelle.


                                                                 ( Il dolce danno )

                                           ***


PRESENTIMENTO


Ho il presentimento che vivrò molto poco.

Questa mia testa assomiglia a un crogiolo,

purifica e consuma,

ma senza un gemito, senza un accenno di orrore.

Per uccidermi, chiedo che un pomeriggio senza nubi,

sotto il limpido sole,

nasca da un grande gelsomino una vipera bianca

che dolce, dolcemente, mi punga il cuore.


                                                                   ( Il dolce danno )

                                            ***


UOMO


Uomo, voglio che tu comprenda il mio male,

uomo, io voglio che tu mi dia dolcezza,

uomo, io vado per i tuoi stessi sentieri;

figlio di madre: comprendi la mia pazzia...


                                                        ( Irrimediabilmente )

                                           ***


CANCELLATA


Il giorno in cui morirò, la notizia

seguirà le solite procedure :

da un ufficio all'altro con precisione

dentro ogni registro verrò cercata.


E là, molto lontano, in un paesino

che sta dormendo al sole su una montagna,

sopra il mio nome, in un vecchio registro,

una mano che ignoro traccerà una riga.


                                                    ( Languidezza )

                                      ***


PETTO BIANCO


Perché io ho il petto bianco, docile,

inoffensivo, dev'essere che le tante

frecce che vanno nell'aria vagando

prendono la sua direzione e lì si piantano.


Tu, la mano perversa che mi ferisce,

se questo è il tuo piacere, poco ti basta;

il mio petto è bianco, è docile ed è umile:

fuoriesce un po' di sangue... dopo, nulla.


                                                      ( Languidezza )

                                           ***


IO SUL FONDO DEL MARE


In fondo al mare

c'è una casa

di cristallo.


A una strada

di madreperle

conduce.


Un grande pesce d'oro,

alle cinque,

mi viene a salutare.


Mi porta

un ramo rosso

di fiori di corallo.


Dormo in un letto

poco più azzurro

del mare.


Un polipo

mi fa l'occhietto

attraverso il cristallo.


Nel bosco verde

che mi circonda

din don ... din dan...

dondolano e cantano

le sirene

di madreperla verdemare.


E sulla mia testa

ardono - al crepuscolo -

le ispide punte del mare.




                                Alfonsina  Storni  


2 commenti:

  1. Ciao Frida, ho letto con piacere le liriche della Storni, comprese quelle da te pubblicate qualche anno fa assieme ad alcune tue note esplicative illuminanti. Una donna che, al di là dei suoi problemi, si staglia netta nel panorama letterario ottocentesco. Sensibile, decisa, consapevole dei suoi diritti di donna in un periodo di fermenti femminili. Molto struggente la lirica "voglio dormire", un commiato alla vita x trovare finalmente la pace agognata. Complimenti x il tuo lavoro di traduzione che senza dubbio nulla toglie alla sensibilità della poetessa.

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  2. Anzi: i lavori di traduzione DEVONO rendere lo spirito poetico di chi scrive. Alcune volte, poeti anche validi, non sono adeguatamente conosciuti e apprezzati a causa di cattive traduzioni.
    Quelle di oggi sono magistralmente tradotte da Martha Canfield che, insieme ad Alessio Brandolini per me sono tra i più fedeli ( per sensibilità poetica ) traduttori dei poeti sud-americani.

    Grazie per il commento.

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