Sonata Chiquitana, in cui l'anonimo indio ha perfettamente assimilato lo stile italiano, con l'aggiunta di un tocco di musicalità locale.
" San Francisco Xavier scritta intorno al 1740, almeno in parte da anonimi indios di Chiquitos in lingua locale.
Domenico Zipoli ( 1688 - 1726 ) ottenuto il posto di organista alla prestigiosa chiesa del Gesù di Roma, avrebbe potuto approfittare di questa situazione privilegiata per affermarsi tra i maggiori musicisti italiani del tempo. Ma ecco che avviene un fatto imprevisto: appena un anno dopo la sua nomina ad organista, si recò a Siviglia e là decise di entrare nella Compagnia di Gesù, con il desiderio di partecipare alla missione dei gesuiti nelle riduzioni del Paraguay. Ancora novizio, partì dalla Spagna con cinquantatrè missionari e sbarcò a Buenos Aires nel 1717. Proseguì la sua formazione a Cordova, con una produzione musicale al servizio dell'evangelizzazione e dove morì nel 1726, prima di essere ordinato sacerdote. Intanto le sue composizioni si diffondevano nelle colonie spagnole, soprattutto in Perù. Conosciuto soprattutto per le sue composizioni per organo e clavicembalo, soltanto alla metà del Novecento sono venute alla luce diverse sue composizioni del periodo missionario, grazie a ritrovamento di alcuni manoscritti musicali a Chiquitos, in Bolivia. Queste composizioni hanno suscitato molto stupore e interesse e stanno a dimostrare l'importanza della Chiesa e delle sue sedi episcopali per l'evangelizzazione del popolo indio anche attraverso la musica, cosa che venne poi ripresa anche da compositori ed esecutori locali.
Liquidàmbar, l'albero dell'ambra liquida. Un titolo bellissimo, e dietro di esso c'è molto più che una raccolta poetica, e tanto meno un libro di poesie pubblicato in Messico. Di alberi così, in Chiapas ce ne sono tanti; ma ce n'è uno, a Oventic, tra le cui radici sono state sepolte parte delle ceneri del padre di Carmen, Luis Villoro, grande filosofo messicano che aveva sposato la causa zapatista diventando per gli indigeni un interlocutore speciale, tanto da averlo voluto sepolto nella loro terra. E' rovistando tra queste radici, che si trovano le radici del rapporto padre - figlia, attraverso un dialogo luminoso che abbraccia la perdita, la morte e il lutto mediante un elemento di vita naturale : l'albero. Anzi: quell' Albero.
Tra tutti gli alberi
ce n'è uno a cui tengo.
Lo nutre la luce del mattino
lo abitano uccelli
il vento lo scuote
la notte lo rinfresca
come a tutti.
Ma è proprio a questo albero che tengo.
Voglio che abbia l'acqua necessaria
concimare il suo terreno
curare le sue foglie, una a una
e proteggere i suoi germogli e i suoi fusti.
Quest'albero
così vecchio e così lontano
mi ossessiona:
non voglio che muoia.
***
RAS- SEGNA- ZIONE
Ras- segno
altro segno del dolore
altro colore:
dal rosso scuro
all'ambra.
Liquidàmbar.
***
Ho visto il tuo tronco rinsecchito crollare
la corteccia rugosa aprirsi in crepe
per riesumare il liquido caldo
della tua vita interiore.
Ho visto sgocciolare il sangue dal tuo fusto
le gocce porpora, oleose
che uscivano dalla tua pelle.
Ho visto cadere il tuo dolore sul tappeto
lasciando una piccola, immensa oscurità.
Ti ho sentito scricchiolare. I tuoi rami si distendevano
Barcarola per pianoforte intitolata " Giugno" del 1876. Fa parte di dodici composizioni dedicate ai mesi dell'anno ; ma mentre le altre risultano alquanto mediocri, questa non ha nulla da invidiare alle migliori composizioni dello stesso genere di Schumann o di Chopin. Presenta caratteri melodici in cui pare di avvertire l'eco della tradizione musicale russa.
Eventi da poco. Notizie prossime, come cartoline di saluti, come telefonate frettolose. Spettacolini per gli intimi. Giostre casalinghe. A volte - in poche righe - appare l'allegria, passa velata la morte. Una folla, in cammino verso il giorno o la notte, verso il ricordo o la dimenticanza, sosta dentro il presente.
Che vale di queste storie mentre il pianeta ruzzola e ruota, avanzano ghiacciai, si consumano le stelle, il tempo cambia di numero, si perpetrano orrori, si assolvono speranze?
Vengono certo da umori segreti, da attenzioni a minimi segni: passi brevi, desideri inseguiti, attese bestemmiate, rabberciate bellezze. Lacerti di un mondo spiato, intravisto da un occhio corto.
***
Vanno: mani, piedi, volti,
- sterminata moltitudine di attese,
di speranze, di uguali
per fame, per morte,
l'uno l'altro cercando
che rassicuri, impedisca,
tutti compiendo destini
variamente intricati,
mai cessando dentro le arterie,
fin dentro il riso o il grido,
la paura di essere cacciati
da un recinto indifeso.
***
Felice. Ma è possibile che questa felicità
- così colma - comprenda
anche tutti i disagi, tutti gli assilli?
Il sole alto sulla piazza, la folla svagata, i cani,
la violinista con l'orchestra nel registratore,
la vecchia dei fiori puzzolenti di orina. Tutto visto, sentito,
e il pensiero dell'amore assente
e il pensiero di essere vivo e breve.
Felicità e disperazione.
***
Traversare il dolore
come una stanza scura,
contando i passi, i fiati.
Cercare nel chiuso
un buco, una crepa,
perché non sia memoria
ma presenza
in quell'assenza di luce.
All'uscita sapere
che toccherà tornare.
E l'allegrezza ancora
aspettando l'assalto.
***
Esistere
senza disperare della brevità,
conoscendola come spazio e confine.
Ma vale ogni giorno.
Dentro la contentezza sapere che finirà.
***
In ogni spigolo o lembo,
dentro le viscere e il cuore,
s'aprono spazi imprevisti
e ancora abissi e cunicoli.
***
DOPPIO MOVIMENTO
Un albero, per appoggiarvi la schiena.
Stare là, senza pensieri, senza possessi.
Il mondo davanti, dietro, intorno.
Uguale al ramo. Alla foglia. Che importa
la tegola rotta, la stanza stretta?
Restare fino a che è dato,
senza orologio e senza calendario.
Chi ha deciso questa inquietudine?
Partire, tornare, tenere, trattenere,
quando basta poggiarsi a un albero.
Invece, nella sazietà
temere la fame, sospirare nelle contentezza. Così, da per tutto.
La voce di Nicole Brossard, definita in un prima momento " femminista ", è quella sontuosa e mai scontata di una cittadina del pianeta che naviga al di sopra della questione dei generi, nei mari aperti della parola piena e consapevole. Sa benissimo che l'inferno è qui, " sul bordo rovesciato di vivere ", ma continua per la sua strada avendo davanti a sé l'infinito da esplorare, per quel desiderio inarrestabile di " spargere baci tra i continenti" o forse per l'utopia di lenire il dolore del mondo.