Costruii per me un castello di carte...
FORTEZZA
Costruii per me stesso un castello
un castello di carte ;
mi rifugiai dentro
un alto paravento, custodito
da immagini e carta;
mi sentii più sicuro
dietro quella fragilità
che protetto da mattoni e acciai.
***
L'IMMAGINE
Oh! Essere un'immagine
un'immagine che si disfa al vento
un'immagine presa e strappata
dalle mani di un bambino...
Dardeggiano i bambini
nel giardino inquieto
tentano l'ultima audacia
prima della notte.
***
PASSAGGIO TERRENO
Vago da una stanza all'altra
ma non riesco a trovarti.
Nel giardino gli alberi
sono sovraccarichi
e le api affaccendate.
E' notte; la luna
trascina come al solito
la sua argentea veste
buttata con negligenza
sul mare.
Tutto è così antico e fragile,
così inesistente.
Ciò che ho perduto
l'han perduto tutti
dal principio dei tempi.
Eppure è la prima volta per me,
per questo non ti posso ritrovare.
Soltanto l'impronta del tuo piede
sugli scogli
ed il tuo riso fra i cespugli
mi danno la certezza
del tuo passaggio terreno.
***
QUANDO LE PAROLE SARANNO MORTE
Ogni cosa deve perire.
Ogni cosa deve essere
svestita e denudata,
bandita la tenerezza
e la pietà di noi stessi.
Allora, sotto le nude costole,
udremo il cuore battere
e scuotere la gabbia.
Allora - forse - nel vuoto
dove saranno morte le parole
e le nostre lievi speranze,
dove ruggirà soltanto il leone
e mugghieranno le acque,
allora le tenere foglie
dei nostri sogni ancora rivestiranno
la nostra anima, e saremo pronti.
***
LA PORTA DEL LABIRINTO
Mentre aspettiamo che passi la vecchia ambulanza
lupi e leoni ancora rodono
i nostri crani e i nostri cuori.
Sull'erba
la primavera raccoglie fiori selvatici
e presso il mormorante ruscello
il fiume comincia a lavare
le sudicie sponde.
Non c'è più sangue né lacrime
e un fanciullo suona il flauto
a colombe e agnelli estaticamente muti.
Riposiamo accanto alla frescura
dell' antica severa facciata di marmo
che - come in sogno - riflette cose lontane.
Perché attendiamo ancora
che passi la vecchia ambulanza?
Vediamo archi cielo e giovinetti
ridere e camminare leggeri
sui marmi segnati dal tempo.
Quando tentiamo di far cenni e chiedere perché
essi sono già andati via
e noi sorridiamo.
Tutto si dissolve sempre in nulla,
tutto fuorché il nostro desiderio
di bussare alla porta,
alla porta del Labirinto.
Alexia Mitchell ( pseudonimo di Luisina Fatichi ) da Banchetto nel deserto ( Trad. di Cesarina e Riccardo Gualivo )
Nel 1953 Alexia Mitchell, pseudonimo di Luisina Fatichi - moglie di Pieri Milani e zia di Don Milani - pubblicava la raccolta di poesie " Banchetto nel deserto" e l'unica a parlarne fu Cristina Campo in un breve quanto denso articolo su " Il Corriere dell' Adda ". Dopo quell'evento, il nome della Mitchell sembrò tornare nel segreto da cui era venuto. Esili le notizie sul suo conto : fu attiva nei salotti culturali dei Milani e scrisse poesie, racconti e rappresentazioni teatrali. Banchetto nel deserto, composto dopo la perdita del figlio Roberto, porta i segni del lutto e la sensazione di onnipresenza della morte così come il senso dell'insostenibilità della memoria. L'opera, scritta originariamente in inglese, fu tradotta dall'amica pittrice Cesarina Gualivo.
Nessun commento:
Posta un commento