sabato 10 dicembre 2022

DOVE SONO GLI ANNI DI GIAN MARIO ( Villalta )

 



      E' Dicembre alla fine...




VEDI IL RESPIRO VIENE CHE INVADE LA COSTA DEL FOSSALE


dalle bassure dove l'acqua stagna e i tuoi salci

misurano i minuti di luce aggiunti al solstizio.

E' dicembre alla fine, un'aria che sale e dirada

la foschia impegolata sui rami, ritorna sul tardi

più tardi di ieri il confine delle ombre.

I  giorni ritornano, ma è un'altra la terra, a memoria

li vedi i volti che fluttuano assorti da pieghe profonde,

la bocca una ferita che neppure la morte rimargina.

A sera gorgoglia la roggia nell'acqua di casa

gela il nero dei monti l'ombra - e l'aria è rossa - è trasparente

il sangue del tempo coagula il prossimo

istante al prossimo istante fino all'ultima goccia.

Sei geloso di tutto quello che stai perdendo, re di tutto il perduto.

Un'altra notte senza sogni.

Attraversano i sonni in segreto senza mai raggiungere gli anni.



                                             ***

                                                

Sempre ti manca quello che hai : vivere.

Qualcosa di più necessario, seguiti a chiedere,

qualcosa che ti convinca, ti vincoli a.

" Perché continuo a scrivere?"

Forse perché puoi finire

lo fai, come una camminata di sera

prima di cena, o un altro vanga l'aiuola,

o mette a posto il garage, perché tu potresti

- come lui - non varcare più l'ombra

dei lampioni, l'altro smettere di sperare

che germini il seme o più non sapere se le sue cose

sono ancora lì - potresti tu non essere

più tu che lo chiedi, ti avventuri, tu

che diventi tu che lo scrivi.



                                                ***


RESTI LO STESSO,


non hai voluto guarire,

né sapere perché fa male, quando viene la gioia

non sai da dove. E lo smarrimento? Quanto vale

sentirsi chiamare per nome, nel sorriso che fa la sera

quando stare vicini voleva dire che esiste un posto

che non è prato né una stanza, dove essere è insieme.

Quando il silenzio riempiva l'aria, svuotava la cucina.

Non potevi aspettare. Era più  facile elucubrare,

mettere mani al congegno, capire come funziona,

imparare a capire. Prova e riprova, scava la mente,

finisce che impari, lo diventi quell'altro, che non volevi,

ma non del tutto, non completamente.


                                                           Più tardi


sei fatto gente tra tanta gente, il sosia

riuscito - finalmente - il tu assoluto, assolto, e all'altro

la voce, le mani, la voce soltanto.



                                                  ***


Anni fa, adesso, lo stesso pensiero di non tornare più

quel momento che la mente ristampa e pare uguale

mentre accampa la strada, è Novembre, e sono le foglie

la quiete che manca, i rami neri nel cielo che c'è.


Adesso, allora. Soltanto più tenue è il respiro

del tempo che sfiora e le ore dove provi i risvegli e gli insonni

globuli rossi, i globuli bianchi, le cellule si avvicendano,

qualcuno che diventa qualcuno, a tua insaputa, tu.



                                                      ***


Non riconosci la terra

distante dall'umido e dal grumoso, dal secco dell'intrico

il respiro s'inerpica


dire ancora di essere lì dentro il giallo

e il marrone, foglie incollate, fiume freddo che trapassa l'acrilico,

odore di ferro, infiltrazioni, infeltriti silenzi


il nero rimasto un istante di più sulla retina

era il merlo che si è nascosto tra i rami


tocca alle mani sentire fuori di te

l'orlo del monte, la corteccia del salice, la fame degli occhi

il cielo giù


giù - fino ai tendini - stringono ora cercano ora dolorano

l'azzurro

che il merlo ha lasciato vuoto.




                           Gian Mario  Villalta   da  Dove sono gli anni



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