mercoledì 28 dicembre 2022

IL DEFROST DI DILETTA

 


                                                  E' un ticchettìo che non viene ascoltato...



In questa prima opera di Diletta D' Angelo, si parla di Phines Gage, operaio statunitense traumatizzato cranico a seguito di un incidente. Attraverso Gage e le sue vicende, la poeta costruisce un parallelismo tra personaggi umani e animali, vicende umane rimosse e richiamate alla memoria, ambientazioni interne ed esterne alla casa. Più che una raccolta di testi - in sezioni di poesia e prosa - il testo si presenta come un'ossatura compatta e riconoscibile. A questa è demandato il compito di tenere insieme i pezzi di un racconto straniante e allucinato e di arginare in una gabbia figurale una materia umana altrimenti indicibile, con una maturità espressiva originale e potente.





REPLACED


E' un ticchettìo che non viene ascoltato

non sanno come non sanno

dove appoggiare l'orecchio

ormai è fatta di frammenti, della sabbiolina che senti se capovolgi

le cose rotte dentro.



                                           ***


FREEZING II


Mi hanno insegnato ad avere paura

delle cose che possono capitare :

dormire con gli elastici ai polsi, accarezzare gli animali

degli altri, storcere gli occhi, sporgersi troppo dalle finestre; ingoiare

prosciutto e uova sode, attraversare la strada davanti casa;

camminare sul marciapiede.



                                             ***


FREEZING III


Ho imparato a separare i chiodi dalle viti a riconoscere

tenaglia cagna, pappagallo e altri giochi

di ruggine ( non devi sbagliare per vincere )

trovare la cosa giusta portarla a destinazione per un altro flagello


il premio: non pensarli piantati

nella testa o conficcati

tra i denti.



                                            ***


Ora sembra di sbattere le ossa agli architravi delle porte di ogni stanza

le clavicole le costole l'anca le falangi le dita frantumate piano

senza usare la forza.


A quelle porte mi appoggiavo con lo sterno e la fronte

entravo nel legno a cercargli le radici


una notte lo stipite mi spaccò in due la testa


le scosse della terra disorientano

le scosse della terra a volte ossigenano.



                                         ***


FLASHBULB III


Colpi di cuoio su un enorme sacco di sabbia ricordo

solo il rumore

di calci presi lungo le scale di casa

tu ferma sensibile a niente, piccole mani che mollano una presa instabile

il fiume di carte da gioco che scivola nelle fessure del legno ( poi perse per sempre )


dell'evento nessune immediate conseguenze.



                                     ***


Dalle finestre la calma pulita dei giorni

abbracciava le urla di ogni ora della notte

il rame fuso nelle pieghe della testa

piaghe inconfessabili limature invisibili assorbite da tutti i ritratti

della casa vuota e sempre

così piena, così bianca.




                          Diletta D' Angelo  da   Defrost





sabato 24 dicembre 2022

FESTE CHE VANNO E VENGONO...





                                                                 Nonostante tutto...

                                     Buon Natale!


                         

                                                frida


                         

QUESTO E' NATALE !




                                                        Auguro un sereno Natale a chi -

                                              per scelta o per ventura -

                                              si trovasse a transitare in codesti lidi...




                                                         frida


  

venerdì 23 dicembre 2022

IL DIO INCARNATO

 


                                                              Maurice Denis - La Natività




(... ) Il Natale ha lo stesso problema del Cristianesimo: diventa una noia quando smette di dare vita. Cristianesimo è la parola che rinchiude Cristo in una dottrina, una filosofia, una morale, tanto che Agostino rispondeva a coloro che si vantavano di essere cristiani, come si trattasse di un cinema o di una casta: " Non rallegratevi di essere cristiani, ma di essere Cristo". Lo stesso accade con il Natale : ridotto all'ideologia del " tutti più buoni" e alla morale di regali e brindisi, seppur accarezzati da una ventata di consumismo senza sensi di colpa, ne usciamo pesanti di cose e calorie, ma poco pieni di vita nuova. Natale è la nascita di un tale di nome Gesù, nome che significa " Dio salva ", ma salva che cosa, a parte qualche giorno di vacanza? Proviamo a usare questo racconto - credenti o no - come risorsa esistenziale per scoprire se ha ancora qualche potere " salvifico ", cioè se può dare alla nostra vita un'energia più duratura di qualche regalo e un menù. Dio, che tutti cercano più o meno da sempre, si fa carne, si in- carna : la cosa intrigante non è di che colore ha gli occhi o quanto è alto, ma che ha la mia stessa carne e che la mia carne può diventare la sua. Ma che cosa è mai questa carne?

La carne, basar nel lessico biblico, non è quella che si compra dal macellaio o la gabbia dell'anima, come diceva Platone, ma è l'uomo vivo, nella sua interezza ( anima e corpo ) e in generale ogni essere vivente ( " ogni carne in cui è alito di vita" , così la Bibbia indica tutti i viventi). C'è una parentela " carnale " in tutte le cose che hanno vita " a tempo" limitata. Questa comunione ( co - munus : dono comune ) non è un ragionamento o un impegno morale, ma un fatto : la carne è dono che ho in comune con una rosa, un dalmata o un passante. Ma nell'uomo c'è di più, un respiro in più : la carne può essere aumentata! Infatti, dell'uomo e della donna uniti si dice addirittura che diventino " una carne sola" ( è la mia carne che abbraccio se ti abbraccio, è la mia carne che ferisco se ti ferisco ), un nuovo soggetto talmente vivo da poter creare una nuova vita. La carne è quindi la relazione più o meno intima che posso intrattenere con tutto ciò che vive, per creare altra vita. Disprezzare la carne è disprezzare la vita come legame fra tutte le cose : le filosofie, le morali, le tecniche che dis - incarnano fanno sempre violenza alla vita. La tendenza odierna a sostituire la carne, perché ci inchioda al fatto che siamo " a tempo" con proiezioni che ci fanno credere di essere illimitati, è un modo di sottrarsi al benedetto peso ( pienezza ) della vita. C'è dis- incarnazione in un social che porta a manipolare la propria immagine per esistere un po' di più ; in un algoritmo che ci stritola in dati; nell'uso mercificato del corpo. A fine giornata, bisognosi di una carezza, di un abbraccio, di un sorriso, non siamo più in grado di chiederli o di darli perché non abbiamo più una carne, se non per vergognarci dei suoi limiti, quando sono proprio i limiti a salvarci, perché la carne costringe alla relazione ( il limite non è un muro ma una soglia ). E allora un Dio che si incarna è una sorpresa a cui non mi abituerò mai : la carne che unisce tutti i viventi " a tempo" è anche la carne della Vita senza tempo. tanto che Cristo arriva a dire che non solo chi fa qualcosa a un altro la fa a Lui ( è la stessa carne ), ma anche che chi mangia la sua carne riceve la vita eterna. Adesso, non domani.(...)



                  Alessandro D' Avenia   da   Farsi carne



giovedì 22 dicembre 2022

LA VOCE A TE DOVUTA

 


                                                           Ah, se fossi la rosa che ti do...




Regalo, dono, offerta?

Simbolo puro, segno

che voglio darmi a te.

Come vorrei essere

quello che io ti do

e non chi te lo dà.

Ah, se io fossi la rosa che ti do

che non ha ora altro futuro

che essere con la tua rosa,

la mia rosa

vissuta, in te, da te.

Fino a che tu la innalzi

di là dal suo sfiorire

sicura, inalterabile,

tutta al riparo ormai

da altro amore o altra vita

che non siano i tuoi.




                       Pedro Salinas  da   La voce a te dovuta



MI SONO INNAMORATA ...

 


                                                 ... di te perché non avevo niente da fare...




IN UN ABBRACCIO


Al riparo dall'incuranza

di tutte le stagioni

e la collera sui vetri

di un incessante temporale,

non ci tocca

ora

il tempo

e il ritorno delle ombre deformate.


Io e te,

volto disteso

che ride a singhiozzi

davanti alla serietà

della tristezza

e alla derisione malinconica

degli scettici seduti.


Io e te,

quando siamo l'uno

dentro l'altro,

come se la nostra passione

altro non fosse

che un grido di rabbia

contro questa vita

per averci concesso

solo questa vita.



                                         ***


QUANDO SONO TRA LA GENTE


Quando sono tra la gente

e osservo una donna che non sei tu,

una donna estranea,

mi chiedo se un giorno

io potessi essere

estraneo a questo giorno

dove io ti amo.

Quando sono tra la gente

che si odia e non si divide,

per solitudine

o per mancanza di coraggio,

trema la mia vita

nel pensarti

un giorno

estranea a questa notte

dove tu mi ami

queste paure

vengono a trovare 

le mie ore

ovunque sono.



                                          ***


PER UN ATTIMO


I miei giorni

non avevano passato

e fra un tramonto e l'altro

non cercavo più

lune sempre diverse.


Non attendevo stagioni

al varco del tempo

e le mie malinconie

non correvano più

per rifugiarsi nei portoni.


Sentivo il mondo

con l'universo tutto

non esistere più :

era tutto lì

in te.



                                           ***


DI QUESTO INVERNO


Restano specchi d'acqua

dai quali sono migrati

gli uccelli e la luce.

Anche voi,

grigi del cielo,

avete assistito

giungere

alle destinazioni ignote

tutte le foglie?

Noi abbiamo visto

la mano della neve

appoggiarsi sulla bocca

di tutte le cose.

Il suo freddo 

ci ha raggiunti;

poi i ricordi

ora teneri

ora tremendi

e siamo rimasti lì,

nudi.

Più  degli alberi.




                  Salvatore Annunziata   da   Dello stesso amore




domenica 18 dicembre 2022

LA CANZONE NERA DI WISLAWA



                                                                Distruzione a Versavia ( 1939 )



L' autrice, tra il 1944 e il 1948, scrive 39 poesie che usciranno postume ( non era sua intenzione pubblicarle ) col titolo di " Canzone nera." In una Varsavia che crolla a pezzi, i ragazzi di strada stringono fra le mani le bottiglie di benzina, impazienti di scagliarle contro i carri armati tedeschi. Gli spettri della guerra irrompono in questi versi delle poeta poco più che ventenne, che muoveva i primi passi nell'ambiente letterario di Cracovia, caratterizzato dalla scrittura di giovani poeti progressisti. Nel muoversi tra un tempo della distruzione e un tempo della ricostruzione, Wislawa vede e sente nella poesia un punto d'appoggio che riesca a sollevare il mondo. Anche se in quel preciso momento la parola è in crisi, incapace di far fronte ai crimini bellici e inadeguata ad esprimere il pathos della ricostruzione, la poeta scrive che " è dallo stupore / che sorge il bisogno di parole / e perciò ogni poesia / si chiama Stupore.




RICORDO DI SETTEMBRE


Antico privilegio di madre:

- ritrovare il figlio nel tempio.

Poiché, quando il cuore si ferma,

ticchetta sul petto un orologio -

tocca il viso che è come una foglia

la foglia scossa via dal boato?


Pianure dell'autunno polacco,

colline dell'autunno polacco,

chi tamponerà le strade,

con quale benda accorrerà ?

Confini - siete abbastanza forti

da chiudervi a pugno.


Dateci un punto di appoggio

e riusciremo a sollevare il mondo -

boschi del settembre polacco,

fiumi del settembre polacco !

C'è un cielo imperturbato

e un ruscello che esala sangue.



                                           ***


PER QUALCOSA DI PIU'


Per qualcosa di più

dell'impeto dei confini,

del fruscìo delle bandiere,

del Suo trionfo soldatesco, tracotante.


Per qualcosa di più

della rivincita dell'inno,

del senso dei destini,

- della Sua vendetta, rapida e sprezzante.


Per qualcosa di più

della Sua - festa.


Per qualcosa di più

- per il Suo : Giorno Feriale.


... per il fumo dei camini,

per il libro estratto senza paura,

per una striscia di cielo limpido

lottiamo.



                                           ***


I BAMBINI DI VARSAVIA


Là, nella più fervente delle nostre città,

sprofondano coi visi nel sangue rappreso

corpi di bambini.


Primo giorno alla guerra - non per finta -

prima spavalda partenza.

Qualcuno mostra come. Prova. E' una scemenza.

Sparare - è così facile. Non sbaglia il colpo.

Prima avventura. Autentica, da grandi.

Stringe una bottiglia di benzina, caparbio e accorto.

Ieri tre carri armati. Oggi toccherà a un quarto.

Mani impazienti anticipano l'ordine.


- attraverso la città che cade a pezzi,

tra fiamme che nessuno riesce a domare,

armata di pugni chiusi, congelata nel grido,

avanza in un fitta, calda grandine di spari

la crociata dei ragazzini di strada.


Per gli occhi il ricordo fresco è un affanno,

ma le nostre mani ci credono, lo sanno.

Le mani, chiamate a reggere il peso del mondo

lo sanno: il mondo rivivrà senza spettri di guerra,

per gli anni calpestati pagherà fino in fondo,

e credono in un nuovo ordine e ritmo.


... e forse anche per questo

ci strozza ogni momento

un " perché ", il più mesto,

un silente " ma ha senso"

- corpi di bambini caduti.



                                        ***


CERCO LA PAROLA


Voglio definirli con un solo termine,

ma quale?

Prendo parole comuni, dai dizionari ne rubo qualcuna,

le misuro, le soppeso, le sondo :

nessuna

corrisponde.


Tutte le più audaci sono vigliacche,

tutte le più sprezzanti ancora innocenti.

Tutte le più crudeli - troppo fiacche

tutte le più odiose - poco ardenti.


Questa parola dev'essere un vulcano

che picchi, spezzi e abbatta

come terribile ira di Dio,

come odio che scotta.


Voglio una parola cruda

che sia impregnata di sangue,

che come le mura di un carcere

ogni fossa comune racchiuda.


Che descriva più precisa e chiara

chi erano loro e tutto ciò che è stato.

Perché ciò che sento dire,

ciò che se ne scrive -

non basta più,

non è mai bastato.


La nostra lingua è impotente,

i suoi suoni, d'un tratto, poveri.

Cerco, sforzo la mente,

cerco questa parola -

ma non la trovo.

Non la trovo.



                                   ***


IL BOTTINO DI GUERRA


Un tempo sapevamo il mono dalla A alla Z :

era così piccolo da stare tra due mani che

si stringono,

così facile da lasciarsi descrivere con un sorriso,

familiare come l'eco di antiche verità in una preghiera.


La Storia non ci ha accolto con fanfare trionfali :

- ci ha gettato negli occhi sabbia sporca.

Davanti a noi c'erano lunghe strade cieche,

c'erano pozzi avvelenati e pane amaro.


Il nostro bottino di guerra è la conoscenza del mondo :

- è così grandi da stare tra due mani che si stringono,

singolare come l'eco di antiche verità in una preghiera.




                  Wlslawa  Szymborska  da   Canzone nera ( a cura di A. Ceccherelli, Trad. di  L. Del Sarto )




Mentre trascrivevo questi versi, non ho potuto fare a meno di pensare che l'orrore della guerra (e proprio in un Paese vicino ) non ha mai fine. Ieri come oggi, a causa dell'ingordigia e della tracotanza di alcuni, una scure si abbatte con furia su molti innocenti, troncandone vita e speranze; e se il nemico non è lo stesso, identica è la disumanità e la ferocia.

E non vi sono parole - come scriveva la nostra poeta molti decenni fa - che siano adatte e sufficienti né a ricordare le tragedie del passato, né ad attenuare il dolore del presente.



                                                    f.  

                                                      

                                               


sabato 17 dicembre 2022

SILENZIO E TEMPESTA ( poesie d'amore di Rilke )



                                                  Frederic Reverte - Rainer Maria Rilke



Per Raffaela Fazio non ha importanza il tipo di amore espresso dal poeta - divino o terreno. con possesso o più libero, materiale  o spirituale - quel che conta è il sentimento che diventa il filo conduttore di un discorso poetico. Solitudine, silenzio, accettazione del dolore e della more, inquietudine, senso di provvisorietà del mondo e degli affetti, tutto confluisce nell'amore che - per Rilke - è opera suprema, tutto il resto non è che preparazione. L' amore come dono di sé, come abbandono ad un altro - sia esso donna o divinità - come compimento di un cammino sentimentale e spirituale mai scontato, ma sempre complesso e intenso.




        

La vita è buona, è leggera.

La vita ha vicoli d'oro.

Più forte la vogliamo afferrare,

di lei non abbiamo paura.


Solleviamo silenzio e tempesta

E questi ci formano entrambi.

Tu - come seta il silenzio ti veste

Io - fatto torre dalle tempeste...



                                       ***


Chiedimi : nei tuoi sogni cosa c'era

prima che il mio maggio ti portassi?

C'era un bosco. Tra i rami il temporale.

E la notte scendeva su ogni passo.


C'erano roccaforti tra le vampe,

uomini con spade sguainate nel furore,

donne vestite a lutto che, nel pianto,

portavano monili fuori dalle mura.


C'erano bambini seduti alle fonti.

Venne la sera e una dolce melodia

per loro cantò, cantò così tanto,

che essi scordarono la casa, la via.



                                          ***


Spegni i miei occhi, lo stesso ti vedo,

chiudi le mie orecchie, riesco ad ascoltarti,

ti vengo incontro anche senza piedi

e senza bocca posso supplicarti.

Spezzami le braccia e col cuore,

come fosse una mano, io ti prendo.

Arresta il cuore, sarà la mente a pulsare

e se nella mente fai scoppiare un incendio,

col sangue allora ti saprò portare.



                                         ***


La mia anima, come trattenerla,

che la tua non sfiori? Come elevarla,

sopra di te, ad altro? Ah quanto vorrei celarla

in qualcosa che si è perso nell'oscurità,

in un luogo estraneo, silenzioso

che non seguiti a vibrare, al vibrare

delle tue profondità.


Ma tutto quello che ci tocca, insieme

ci prende come un arco che produce

da due corde una sola voce.

E noi siamo tesi su quale strumento?

Quale violinista ci tiene nella mano?

Oh dolce canto!



                                             ***


Delicato come la memoria,

nella stanza il profumo di mimose.

Ma la nostra fede è nelle rose,

la grande gioia giovane ancora.


Il suo splendore già ci circonda?

No, a noi spetta questo chiamare,

sostare immobili sui bianchi scalini

con cui confina il tempio profondo.


Ai bordi dell' Oggi ci spetta l'attesa

fino a che il dio dei semi maturi

dal colonnato dell'alta dimora

ci sparga davanti, rosse, le rose.



                                    ***


Sulla via assolata, dentro il tronco cavo,

vecchio abbeveratoio che rinnova piano

in sé uno specchio d'acqua, io placo

la mie sete: dai polsi che attraversa

prendo in me dell'acqua

l'origine e, limpida, la quiete.

Bere sarebbe troppo, qualcosa di troppo

palese, ma questo gesto che indugia

mi porta acqua tersa alla coscienza.


Così, se tu venissi, per placarmi

mi basterebbe sfiorare appena

la giovane curva della tua spalla

o il punto dove il seno preme.




             R.M. Rilke    Introduzione, selezione e traduzione di R. Fazio



giovedì 15 dicembre 2022

L' AMORE DI SOPHIA

 


                                               Nessuna lontananza è più profonda della tua...




NEL PUNTO DOVE SILENZIO E SOLITUDINE


Nel punto dove silenzio e solitudine 

incontrano la notte e il freddo,

ho aspettato come chi aspetta invano,

così netto e preciso era il vuoto.



                                         ***


ASSENZA


In un deserto senz'acqua

In una notte senza luna

In un paese senza nome

O in una terra nuda


Per quanto grande sia la disperazione

nessuna lontananza è più profonda della tua.



                                         ***


ASCOLTO


Ascolto ma non so

se ciò che sento è silenzio

o dio.


Ascolto senza sapere se sto sentendo

il risuonare delle paure nel vuoto

o la coscienza attenta

che nei confini dell'universo

mi decifra e fissa.


So appena che cammino come chi

è guardato amato e conosciuto

e per questo in ogni gesto metto

solennità e rischio.



                                         ***


TERRORE DI AMARTI


Terrore di amarti in un posto così fragile come il mondo.


Pena di amarti in questo luogo di imperfezione

dove tutto ci spezza e ammutolisce

dove tutto ci mente e ci separa.



                                       ***


LE FONTI


Un giorno romperò tutti i ponti

che legano il mio essere vivo e totale,

all'agitazione del mondo irreale, 

e calma salirò sino alle fonti.


Andrò sino alle fonti dove risiede

la pienezza, il limpido splendore

che mi fu promesso ad ogni ora,

e nel volto incompleto dell'amore.


Andrò a bere la luce e l'aurora,

andrò a bere la voce di questa promessa

che a volte come un volo mi attraversa,

e in essa realizzerò tutto il mio essere.




                  Sophia De Mello Breyner Andresen  Trad. di M. Semprevivo



mercoledì 14 dicembre 2022

L'ORA PRESENTE DI BONNEFOY



                                                       Le occorreva non sapere...




Quelle mani che si avvinghiavano a lei, di notte,

le sentiva innumerevoli, non cercava 

di dar loro un volto. Le occorreva 

non sapere, desiderando non essere.


Anima e corpo, per stringere le vostre dita, unire le vostre labbra

davvero occorre l'approvazione degli occhi?

Pensano i nostri occhi, che il linguaggio obbliga 

a sventare senza posa troppi inganni!


Psiche aveva amato che il non vedere

fosse come il fuoco quando avvolge

l'albero di qui degli altri mondi della folgore..


Eros, lui desiderava tenere tutto quel volto

tra le mani, non l'abbandonava

che con vivo rammarico ai capricci del giorno.



                                           ***


LE NOSTRE MANI NELL'ACQUA


Noi agitiamo quest'acqua. In essa le nostre mani si cercano,

talvolta si sfiorano, forme spezzate.

Più in basso, è una corrente, qualcosa di invisibile,

altri alberi, altre luci, altri sogni.


E guarda, sono anche altri colori.

La rifrazione trasfigura il rosso.

Era un giorno d'estate? No, è il temporale

che " cambierà il cielo" e fino a sera.


Noi immergevamo le mani nel linguaggio,

vi afferrarono parole delle quali non sapemmo

che fare, non essendo i nostri desideri.


Noi invecchiammo.  Quest'acqua, nostra trasparenza.

Altri sapranno cercare più nel profondo

un nuovo cielo, una nuova terra.



                                                      ***


IO TI OFFRO QUESTI VERSI...


Io ti offro questi versi non perché il tuo nome

possa mai fiorire in questo suolo povero,

ma perché tentare di ricordarsi,

sono fiori recisi, il che ha senso.


Certi dicono, persi nel loro sogno" un fiore",

ma significa non sapere che le parole tagliano,

se credono di designarlo, in quel che nominano,

trasmutando ogni fiore in idea di fiore.


Tranciato il vero fiore diventa metafora,

questa linfa che cola, è il tempo

che finisce di liberarsi dal suo sogno.


Chi vuole avere, talvolta, la visita deve amare

in un mazzo che abbia solo un'ora,

la bellezza non è offerta che a tal prezzo.



                                             

                          Yves Bonnefoy da   L'ora presente ( da Poeti contemporanei francesi , Trad. di M. Borio )




martedì 13 dicembre 2022

DELLA BONTA' DI FLAMINIEN

 


                                    Rosso Fiorentino - Angiolino musicante ( Galleria Degli Uffizi )




" Nel caso di Flaminien, ( amico di Bonnefoy, Cioran, Michaux che ha frequentato negli anni '70, di Saint John Perse...) posso dire che si tratta di " frammenti" di un verso largo, un po' prosastico ; spesso ci sono addirittura pagine di citazioni di altri testi. E' una poesia fortemente filosofica, ragion per cui ci sono senz'altro momenti fonici e partiture ritmiche cui ho dovuto stare attento; in altri casi ho badato soprattutto all'aderenza semantica, a una sorta di sillogismo lirico che l'autore propone nel libro " . (  F. Scotto )




1

E' la speranza misteriosa

che affiora per effrazione

in tale gioia e in puro dono

in un universo d'ombra.

Anteriore ad ogni sapere,

qui nell'essere che appare,

giustificandolo tra gli esseri,

sentiero fuggevole.

Il risveglio è la sua ragione,

la fonte la sua memoria.


Luminoso pianeta che nessuno attende,

presenza spontanea che si  eclissa.



                                         ***


6

Unica è l'inattuabile bontà,

l'intempestiva che sconvolge,

senza confine vivente

nel luogo inconsistente,

con cariche affettive affluenti,

riceve, emette senza posa

qualcosa di immediato nell'effimero.

Vulcanica, mai astratta,

perché la singolare e consensuale

è la meno familiare,

la mano condivisa ?

E' un raro potere innato

sapere amare totalmente.



                                          ***


31

Identificata

coperta di nulla

e sempre allo stato nascente,

ossessione degli irritati,

bontà è il candore

che mina l'esteriorità.

Quando sfrega il fuori

dal didentro

- il tutto e le parti 

abitati da un mutuo sussulto, -


affatto l'approccio della tenerezza,

tenace nel minimo luogo.



                                             ***


33

" Se tu chiami buoni soltanto i buoni,

  chi mi chiamerà buono?

  ( Antonio Porchia )


Quello assiste da un altro

a una scintilla di bontà :

consenso per evidenza

e stupore,

fugace comunione con il vero.

Inspiegabile!

Subito seguita da un desiderio d'oblio,

per non doversene

sentire sprovvisto.



                                       ***


" Non possiamo dare quel che abbiamo già dato, non possiamo dare quel che già appartiene all'altro"

  ( L. Borges )


L' indicibile bontà dell'altro verso di noi,

osmosi continua

di vita in vita nella sua meraviglia,

cancellala nostra miseria,

coniuga il nostro sforzo,

fortifica il seme:

irruzione di una grazia,

questo azzurro radicamento

del destino umano.




              Jean Flaminien  da   " Della bontà "  ( Trad. di F. Scotto )


INTERCALARI PER UN APPELLO


BUONGIORNO.


Riporto qui la richiesta di un lettore che sta cercando "

 disperatamente"   il libro " Lettere a Clizia " di Montale per

fare un regalo ad un'amica.

Se c'è qualcuno disposto a vendergliene una copia può contattare

me direttamente qui o tramite la casella di posta.


Grazie!


                                       f.


                        

 

lunedì 12 dicembre 2022

RECALCATI ( PSICOANALISI E BIBBIA )



                                                                    Massimo Recalcati



Estratto da un'intervista concessa dallo psicoanalista ad  Antonio Sanfrancesco, dal titolo "   Ho messo Mosè sul lettino dell'analista "


                                                             ***


Una volta, ha detto che da bambino, aveva due eroi: Gesù e Telemaco ed entrami avevano problemi con il padre. Qual è il nesso tra i due ?

" Sono due figure di figlio che hanno vissuto in maniera diversa l'assenza del padre. Telemaco all'inizio della sua vita. Gesù in maniera radicale nel Getsemani e sulla croce. Per entrambi, però, l'esperienza di questa assenza è ciò che li rende pienamente e autenticamente umani."



Cos'è per lei il padre?


" E' il simbolo della Legge, o meglio, di come si possa unire e non opporre la Legge al desiderio. Ma, per certi versi, è anche sempre un'assenza, nel senso che non può essere uno scudo e un rifugio assoluti di fronte alle atrocità della vita. Nella domanda di padre c'è sempre una domanda di senso e di riparo. Gesù ne sperimenta la mancanza nel momento più drammatico nella notte del Getsemani, quando fa esperienza dell'abbandono assoluto non solo del padre, ma anche dei suoi discepoli che non lo sostengono nemmeno nella veglia. Telemaco invece fa esperienza dell'assenza del padre, quando comprende che il padre non può salvaguardare la sua vita di fronte all'arroganza dei Proci.Per questo egli si decide a iniziare il suo viaggio singolare assumendo pienamente la sua solitudine. L' Odissea si inaugura con il viaggio di Telemaco, non di Ulisse ".




La sua lettura sulla Bibbia si concluderà con un'ampia opera. Di cosa si tratta? Una lettura dei Vangeli alla luce della psicoanalisi, sulla scia di Françoise Dolto?

" Dolto ha letto psicanaliticamente la Bibbia. La mia operazione è più scabrosa è, probabilmente, più discutibile perché si tratta di dimostrare che vi sono radici bibliche della psicoanalisi, la quale si è nutrita di alcuni grandi concetti che possiamo reperire nella lettura delle Sacre Scritture, sebbene nella sua storia la psicoanalisi abbia sempre negato questo debito".




In che senso?

" Nessun psicoanalista autorevole riconosce che vi sia un'eredità biblica della psicoanalisi, neanche Jung. La psicoanalisi sarebbe un' emancipazione illuminista, diciamo così, dall'oscurantismo del discorso religioso. Freud è stato un ateo rigoroso, figlio del positivismo scientista del suo tempo. Lacan ha un rapporto più complesso con la tradizione giudaico - cristiana. Un concetto fondamentale come quello di Nome del padre è chiaramente attinto da quella tradizione. Ma nel mio lavoro sulla Bibbia cerco di dimostrare che alcuni grandi temi come quello della Legge, dell'amore, dell'odio e della discendenza provengono direttamente dal logos biblico. Sia la psicoanalisi che la Bibbia affrontano la condizione umana senza mai fare della retorica. Non fanno sconti. E questa condizione ha nell'esilio la sua cifra di fondo. Il problema è come abitare in modo generativo e non depressivo l'esilio. Tutto questo però cerco di mostrarlo non applicando la psicoanalisi alla Bibbia, ma leggendo la Bibbia per comprendere meglio la psicoanalisi stessa. "




Nella difesa dell'umano psicoanalisi e cristianesimo non si trovano oggi dalla stessa parte.

" Sì, condividono un punto fondamentale : la resistenza allo scientismo dilagante, al feticismo del numero che lo caratterizza, al materialismo volgare degli algoritmi, ma anche la resistenza nei confronti del mito del consumo per il consumo, del profitto, del cinismo e del nichilismo che caratterizzano il discorso del capitalista. Contro l'oggettivazione dello scientismo e contro la mercificazione neoliberale, la psicoanalisi e il cristianesimo rivendicano che la verità ha sempre un volto singolare e un nome proprio. Questo è il cuore più profondo della psicoanalisi e del cristianesimo : non dimenticare mai la cura per il nome. Il problema non è tanto quello di dire la verità, ma di fare la verità. Il sistema dei consumi e lo scientismo sono due grandi avversari che cancellano la verità del nome: il primo attraverso un godimento senza limiti e il secondo attraverso la riduzione impersonale del nome al numero. Non a caso il profeta Isaia dice : " Non temere, io ti ho chiamato per nome".



                                          f.



domenica 11 dicembre 2022

sabato 10 dicembre 2022

DOVE SONO GLI ANNI DI GIAN MARIO ( Villalta )

 



      E' Dicembre alla fine...




VEDI IL RESPIRO VIENE CHE INVADE LA COSTA DEL FOSSALE


dalle bassure dove l'acqua stagna e i tuoi salci

misurano i minuti di luce aggiunti al solstizio.

E' dicembre alla fine, un'aria che sale e dirada

la foschia impegolata sui rami, ritorna sul tardi

più tardi di ieri il confine delle ombre.

I  giorni ritornano, ma è un'altra la terra, a memoria

li vedi i volti che fluttuano assorti da pieghe profonde,

la bocca una ferita che neppure la morte rimargina.

A sera gorgoglia la roggia nell'acqua di casa

gela il nero dei monti l'ombra - e l'aria è rossa - è trasparente

il sangue del tempo coagula il prossimo

istante al prossimo istante fino all'ultima goccia.

Sei geloso di tutto quello che stai perdendo, re di tutto il perduto.

Un'altra notte senza sogni.

Attraversano i sonni in segreto senza mai raggiungere gli anni.



                                             ***

                                                

Sempre ti manca quello che hai : vivere.

Qualcosa di più necessario, seguiti a chiedere,

qualcosa che ti convinca, ti vincoli a.

" Perché continuo a scrivere?"

Forse perché puoi finire

lo fai, come una camminata di sera

prima di cena, o un altro vanga l'aiuola,

o mette a posto il garage, perché tu potresti

- come lui - non varcare più l'ombra

dei lampioni, l'altro smettere di sperare

che germini il seme o più non sapere se le sue cose

sono ancora lì - potresti tu non essere

più tu che lo chiedi, ti avventuri, tu

che diventi tu che lo scrivi.



                                                ***


RESTI LO STESSO,


non hai voluto guarire,

né sapere perché fa male, quando viene la gioia

non sai da dove. E lo smarrimento? Quanto vale

sentirsi chiamare per nome, nel sorriso che fa la sera

quando stare vicini voleva dire che esiste un posto

che non è prato né una stanza, dove essere è insieme.

Quando il silenzio riempiva l'aria, svuotava la cucina.

Non potevi aspettare. Era più  facile elucubrare,

mettere mani al congegno, capire come funziona,

imparare a capire. Prova e riprova, scava la mente,

finisce che impari, lo diventi quell'altro, che non volevi,

ma non del tutto, non completamente.


                                                           Più tardi


sei fatto gente tra tanta gente, il sosia

riuscito - finalmente - il tu assoluto, assolto, e all'altro

la voce, le mani, la voce soltanto.



                                                  ***


Anni fa, adesso, lo stesso pensiero di non tornare più

quel momento che la mente ristampa e pare uguale

mentre accampa la strada, è Novembre, e sono le foglie

la quiete che manca, i rami neri nel cielo che c'è.


Adesso, allora. Soltanto più tenue è il respiro

del tempo che sfiora e le ore dove provi i risvegli e gli insonni

globuli rossi, i globuli bianchi, le cellule si avvicendano,

qualcuno che diventa qualcuno, a tua insaputa, tu.



                                                      ***


Non riconosci la terra

distante dall'umido e dal grumoso, dal secco dell'intrico

il respiro s'inerpica


dire ancora di essere lì dentro il giallo

e il marrone, foglie incollate, fiume freddo che trapassa l'acrilico,

odore di ferro, infiltrazioni, infeltriti silenzi


il nero rimasto un istante di più sulla retina

era il merlo che si è nascosto tra i rami


tocca alle mani sentire fuori di te

l'orlo del monte, la corteccia del salice, la fame degli occhi

il cielo giù


giù - fino ai tendini - stringono ora cercano ora dolorano

l'azzurro

che il merlo ha lasciato vuoto.




                           Gian Mario  Villalta   da  Dove sono gli anni



INEDITI DI AGOSTINO CORNALI

 


                                                  Gli sposi stanno nel letto a bisbigliare...




Gli sposi stanno nel letto a bisbigliare

hanno imparato la lingua dei tarli e sotto la coperta di piquet stanno tutta la notte a

bisbigliare


il bambino nel suo sarcofago dovrebbe farsi sentire, o ansimare un po' più forte,

invece rimane in silenzio, finge di dormire


crescendo imparerà a riconoscere i personaggi

di queste penose commedie notturne


adesso il flusso delle immagini scorre veloce

i corpi vengono trascinati lungo il corridoio

i volti sono macchie biancastre

che scivolano verso la stanza

luminosa delle incubatrici.



                                           ***


Notte fonda. Squilla il telefono, andiamo a rispondere ma dall'altra parte nessuno

parla. Ripetiamo di nuovo la domanda.

Adesso forse - per un attimo - un respiro... un colpo di tosse...


o forse niente, ancora niente, era solo un disturbo sulla linea.


" potrebbe essere lui? Ma a quest'ora? Vorrà parlare con la moglie? Con la figlia? Ma

quale? Con la piccola, quella che ha più bisogno..."


e allora perché non dice nulla?


i morti, per natura, non parlano.



                                             ***


Davvero fu un gesto di grande coraggio, attraversare da solo tutto il bosco

per raggiungerci nell'anno giusto, scritto a penna dietro la fotografia


quando ancora eravamo tutti, con le mani sulla tovaglia


e il filo d'oro dei discorsi, i nostri semplici discorsi, che brillava

per l'ultima volta

sull'orlo dei bicchieri.



                                               ***


In fondo a un armadio abbiamo trovato la tua camicetta nera, quella

semitrasparente, smanicata e con gli strass che indossavi quando ti esibivi nei

ristoranti di Amsterdam o di Praga, ricordi?


Passavi tra i tavoli conciato in quel modo,truccato perfino : l'eye - liner e la matita

sotto gli occhi, il rossetto scuro rubato a qualche amica di tua madre

quando si abbassavano le luci cominciavi a dimenarti, come uno scalmanato,

facendo tutte quelle mossette un po' oscene.


Provavi a farci divertire.

E ci riuscivi.



                     

                                  Agostino  Cornali      Inediti