martedì 25 aprile 2017

LA TREGUA 2



(...) Così per noi, anche l'ora della libertà suonò grave e chiusa e ci
      riempì gli animi, di gioia e di un doloroso senso di pudore , per
      cui avremmo dovuto lavare le nostre coscienze e le nostre
      memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché
      sentivamo che questo non poteva avvenire, che mai più nulla
      sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il
      nostro passato, e che i segni dell'offesa sarebbero rimasti in noi
      per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi dove
      avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché - ed è
      questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio
      popolo - nessuno ha mai potuto meglio di noi cogliere la natura
      insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio.
      E' stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è
      inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l'anima dei
      sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli
      oppressori, si perpetua come odio nei superstiti e pullula in
      mille modi contro la stessa volontà di tutti come sete di
      vendetta, come cedimento morale, come negazione, come
      stanchezza, come rinuncia.
      Quante cose, allora mal distinte, e avvertite dai più solo come
      una improvvisa ondata di fatica mortale, accompagnarono per
      noi la gioia della liberazione. Perciò pochi fra noi corsero
      incontro ai salvatori, pochi caddero in preghiera.
      Charles ed io sostammo in piedi presso la buca ricolma di
      membra livide, mentre altri abbattevano il reticolato; poi
      rientrammo con la barella vuota, a portare la notizia ai
      compagni.  (...)


                Primo  Levi  da    La Tregua

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