martedì 25 aprile 2017

LA TREGUA 1



(...) La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il
      mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi
      a scorgerla : stavamo portando alla fossa comune il corpo di
      Sòmogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera.
      Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era
      ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il
      berretto, a salutare i vivi e i morti.
      Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano
      guardinghi- coi mitragliatori imbracciati - lungo la strada che
      limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a
      guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo
      sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti,
      sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi.
      A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi ( la
      strada era più alta del campo ) sui loro enormi cavalli, fra il
      grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate
      di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva - e così era -
      che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo
      come astri spenti, avesse trovato un suo centro solido, un
      nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati
      contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e
      puerili sotto i pesanti caschi di pelo.
      Non salutavano, non sorridevano: apparivano oppressi - oltre
      che da pietà - da un confuso ritegno che sigillava le loro
      bocche e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo.
      Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci
      sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava
      assistere o sottostare ad un oltraggio: la vergogna che i
      tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla
      colpa commessa da altri, e gli rimorde che esista, che sia stata
      introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono,
      e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e che non
      abbia valso a difesa.  (...)


               Primo  Levi   da     La tregua

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