lunedì 28 agosto 2017

REATO DI VITA ( Alda Merini ) 1



MANGANELLI

(...) A quindici anni venni mandata a Torino per una grave
      anoressia iniziata durante la guerra a causa della vera fame
      che si era provata e aggravatasi per il dolore causatomi dall'
      interruzione degli studi ordinata da mia madre. Era nato mio
      fratello e non c'era da mangiare per tutti. I miei zii mi fecero
      curare dai migliori neurologi di Torino, ma non volevo guarire.
      Afflitta da una tremenda cecità isterica, un giorno il dottor G .
      alle Molinette ebbe una pensata: mi mise in mano un libro e mi
      ordinò bruscamente di leggerlo. Lo guardai negli occhi e
      nacque dentro di me La presenza di Orfeo .
      Una volta guarita, ripresi la via di casa ed esplosi in tutta la
      mia salute e bellezza.
      Fu in quel periodo che incontrai Manganelli e me ne innamorai
      perdutamente. Manganelli - secondo me - era un grosso
      chierico, un grosso ambulante del pensiero, amorevolissimo e
      casto come tutti i veri intellettuali. Malgrado fosse già sposato,
      sembrava un ragazzo alle prime armi: aveva paura di toccarmi
      e non sapeva come dirmi che mi voleva bene.
      Mi affidò alle cure di Fornari ( Franco Fornari, psicoanalista
      allievo di Musatti, n.d.r. ), il quale volle che andassi a lavorare
      per pagarmi l'analisi che durò esattamente cinque anni.
      Tra me e Fornari nacque un feeling meraviglioso che gli
      ispirò Carmen adorata . Difatti io ero una zingara,
      nerissima di capelli, vivace e un po' strafottente. Sarà Fornari
      a dirmi quelle parole magiche che io riporto nel Diario :
    " Il manicomio è come la rena del mare: se entra nelle valve di
      un'ostrica genera perle". La passione per Fornari mi sconvolse.
      Finii col litigare con Manganelli e tra i due corsero male
      parole. Io stessa offesi Fornari.
      Il mio terzo uomo divenne il Manicomio. La Bacunina - come
      mi chiamava Manganelli  per il mio carattere ribelle - sarà
      rinchiusa. Manganelli, non riuscendo ad ottenere un divorzio
      consensuale dalla moglie e vedendosi portar via la figlia,
      fuggì da Milano su una lambretta che tenne poi con sé per
      tutta la vita. Quando egli morì, mi successe un fenomeno strano
      ogni giorno mi si slegavano le scarpe. Ero io che a Manganelli,
      quasi obeso già da giovane, legavo sempre le scarpe.
      Per consolarmi della fuga di Manganelli finii tra le braccia di
      Quasimodo che, riuscendo ad amare tre o quattro donne alla
      volta, era più permissivo.
      Con Quasimodo ebbi una relazione molto dolce ma non di
      grande importanza ed è caduta in semi - oblio anche perché
      gli psichiatri non l'hanno presa in considerazione e non
      esistono relazioni scritte da medici in proposito. (...)


           Alda Merini  da   Reato di vita (  Autobiografia e poesia )
     
     

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